
“Renzi
politico o della demagogia”. Potrebbe titolarsi così un libro sul
Premier. Demagogia è parola forte, porta con sé – tra l’altro –
i concetti di opportunismo e tradimento: il demagogo è, per
definizione, anche colui
che inganna. Renzi demagogo, opportunista, ingannatore: un attento
lettore del Principe.
Ma il leader del Pd – è questo il punto – può avere come
modello il Segretario fiorentino? Posta la questione preliminare,
andiamo al dunque.
1.
Renzi ingannatore. Traditore.
Il suo “Enrico stai sereno”, poco prima di pugnalare Letta, non è
da meno per efferatezza (psicologica, certo, non è più tempo di
omicidi politici), dell’azione di Oliverotto da Fermo che uccise lo
zio Fogliani, e tutti i notabili che “li andorono drieto”.
Inoltre: cos’è se non un inganno, un tradimento quel rifiutarsi
ostinato (sorridente, ma brutale) di guardare nel dolore, nell’abisso
di sofferenza della gente comune, mentre duetta amorevolmente con
Confindustria? Insomma: da che parte deve stare, sui temi del lavoro,
dell’economia, della politica, nelle questioni sociali, culturali,
civili, un leader di sinistra?
2.
Renzi opportunista. Trasformista.
Prende i voti da Berlusconi e Verdini, ma anche da Grillo. Nella
tradizione dei due forni. Vero. Ma con un’avvertenza – altrimenti
siamo alle note “asettiche” e inutili di Stefano Folli – : i
patti col Caimano (quelli veri) sono oscuri, segreti, indicibili;
stipulati con un pregiudicato che sconta una pena e non ha una
visione affidabile, democratica della cosa pubblica.
Renzi vuole trattare
col Condannato(ricattandolo,
tra l’altro: “stai ai patti altrimenti mi alleo con Grillo”) la
legge elettorale, la riforma della Costituzione e l’elezione del
Presidente della Repubblica. Vogliamo continuare a chiamarla
“politica dei due forni” o prendiamo atto che il cinismo
assolutone
cambia i connotati rendendola perversa, ai limiti, davvero, della
sopportabilità? L’eccesso di opportunismo e segretezza e
decisionismo autoritario e spavalderia, eccetera, non muta
la qualità di
una democrazia?
3.
Renzi demagogo. E’
l’aspetto paradossalmente più inquietante, nonostante il già
detto, perché ai cittadini meno avvertiti sfugge la demagogia di
Renzi: gli riesce, per carattere, di camuffarla bene – nei salotti
televisivi – la merce contraffatta. Eppure è visibile. Basta uno
sforzo. Piccolissimo. Insomma: è possibile davvero guidare un
partito di sinistra e governare in nome della sinistra deridendo la
forza-lavoro e
il sindacato che la rappresenta, cancellando dal proprio orizzonte
concettuale la giustizia sociale? Dove sta la coerenza tra il nome e
la cosa? Tra i principi e la realtà? Tra i valori e l’azione
politica? Norberto Bobbio: ciò che distingue la destra dalla
sinistra è “il diverso atteggiamento di fronte all’idea di
eguaglianza.” (Destra
e sinistra,
Donzelli, p. 71). Che c’entra Renzi col principio-cardine
individuato da Bobbio?
E’
sotto gli occhi di tutti: il segretario del Pd compie la più
rigorosa operazione di destra che si ricordi negli ultimi 70 anni:
abolisce il concetto di eguaglianza dal programma – e dalla visione
– della più importante forza riformista del Paese. Uno scandalo.
Insopportabile. Per chi non l’avesse capito: l’abile demagogo
taglia i diritti e ne sbandiera l’estensione; promuove la
precarietà e ne proclama la fine; parla di lavoro e pensa al
Capitale; usa il manganello e “sta” (dice) con gli operai. Questo
è l’uomo. Contesta l’accusa di thatcherismo e di fatto
l’incarna, distruggendo le conquiste politiche e sociali dei
decenni più maturi della nostra democrazia.
Come
non vederlo: colloca il partito nell’area del socialismo europeo,
ma difende in ogni circostanza – “ce lo impone la crisi” – le
posizioni delle destre europee. Questo è l’uomo. Da posizioni
ultraliberiste distrugge lo Stato Sociale. Siamo in presenza del
capolavoro politico della borghesia imprenditrice orientata a destra:
si fa rappresentare dal leader della sinistra. E’ l’odierna
anomalia italiana. Più acuta e lancinante – se è possibile – di
quella del Condannato che lavora alla riforma della
Costituzione.
D’altronde,
mentre gli operai (in carne e ossa) erano a piazza San Giovanni, il
demagogo, da Firenze, consentiva al finanziere Davide Serra di
cimentarsi sulla necessità di limitare il diritto di sciopero. Non
significa niente che, alla fine, abbia preso le distanze. Doveva
smarcarsi. Si può volere la marcia su Roma e fingere d’ostacolarla.
Conta che da quella fucina di idee – si fa per dire – sia emersa
la proposta oscena; che sia proprio Renzi a disperdere e cancellare,
nel Partito della Nazione, valori e principi che col nazionalismo non
hanno nulla a che fare.
Renzi
rappresenta il nuovo? Forse:
a) se
nuovo significa scavalcare il Novecento, tornare a rapporti sociali
denunciati da Marx, a un lavoro da schiavi senza diritti e dignità
(Grundrisse);
b) se
nuovo significa svilire il
dialogo (discutiamo pure, ma la mia posizione non muta e decido io).
Che dialogo è se manca “il mettersi in discussione”?
(Socrate);
c) se
nuovo significa rifiuto della mediazione: “il governo non tratta
col sindacato”;
d) se
nuovo significa licenziare senza giusta causa: negare Rawls: la
giustizia “è il primo requisito delle istituzioni sociali, come la
verità lo è dei sistemi di pensiero”.
E’
inutile farsi illusioni: Renzi sta col Caimano ed è più pericoloso
del suo socio. Questo concentrato di cinismo, opportunismo,
demagogia, populismo; questa capacità, sorprendente,
di tradire uomini
e tradire idee
non è un bene per il Paese. Col Condannato sceglierà il nuovo
Presidente. Urge per la sinistra, quella vera, smettere di litigare e
unirsi intorno a un leader credibile (per storia, carattere,
tradizione, impegno politico). Piazza San Giovanni ha dimostrato che
esiste lo spazio per una nuova azione politica. Mondo del lavoro e
precari. Occupati, disoccupati, nuove povertà. Tutti insieme. E’
un’impresa degna d’essere tentata.
Post
scriptum. Suscita
meraviglia che Papa Francesco sia più a sinistra del segretario del
Pd (“l’attenzione ai deboli e ai poveri è nel Vangelo”). In
realtà – se escludiamo la trascendenza – Il
Manifesto e il
Vangelo hanno
molto in comune: “sono forze ispiratrici ancora operanti secondo il
‘pragmatismo solidale’ di Richard Rorty” (MicroMega,
4/98). Il punto è che Renzi non si ispira né a Marx né a Cristo.
Ha come modello Giuda: “Gesù stai sereno”.
Tornatene a casa ............"SBRUFFONE"
Max