martedì 28 luglio 2015

GRAZIE A TUTTI........CHIUDO FACEBOOK

Quei 30 euro ad immigrato

Come la disinformazione manipola l’opinione pubblica

stuporeScrivo queste righe con la consapevolezza che susciteranno “scalpore” tra i lettori del nostro blog, ma con la serenità di chi ha cercato di documentarsi e di riflettere prima di aprir bocca.
Dì la verità: anche tu sei disgustato ed incazzato come una vipera perché ognuno di quei “tizi appena sbarcati” si porta a casa 30euro al giorno senza fatica, mentre tu arranchi per arrivare a fine mese con pensione o stipendio? Ebbene, forse è il caso che tu sappia che – per l’ennesima volta – ti stanno fregando! Ma non i profughi… i media!

Smentiamo alcuni luoghi comuni sulla gestione dei profughi

30-euroPer chi non lo sapesse, quei 30 euro al giorno non sono altro che la massima diaria giornaliera prevista – dopo pubblica asta al ribasso – per i centri di prima accoglienza (C.A.R.A. – centro di accoglienza per richiedenti asilo), le cooperative socialiche si occupano dell’assistenza di base per i profughi (vitto, alloggio ed assistenza sanitaria).
Si si, hai capito bene: non danno 900 euro al mese ad ogni migrante perché ne faccia ciò che gli pare, li danno alle cooperative! A ciascun richiedente asilo rimangono 2,50€ giornalieri, compresi nei 30€ di partenza (in pratica 75€ al mese…contro i mille di cui ti hanno convinto giornali e social media) per le spese personali, ed una scheda telefonica internazionale con 15€ di traffico che deve farsi bastare fino alla fine del soggiorno all’interno del CARA.
Ma quanto dura la permanenza in questi centri? La normativa stabilisce che i profughi rimangano all’interno del centro di accoglienza per 20-25 giorni se non identificati, e fino ad un massimo di 6 mesi per i migranti a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiati (spesso però il termine dei 6 mesi viene prorogato, a causa di difficoltà burocratiche ed organizzative, non di certo per volontà dei rifugiati). Al termine dell’iter può essere riconosciuto lo status di rifugiato oppure una forma di protezione diversa: sussidiaria o per motivi umanitari. Oppure si può ricevere il diniego: se la protezione non viene riconosciuta, al termine dell’iter il richiedente asilo diniegato lascia il Cara con l’ordine di lasciare il territorio nazionale in pochi giorni, diventando così un migrante irregolare
migranti asiloVa detto anche che la metà dei profughi, una volta identificati, lascia in tempi rapidi la penisola per altri Stati. In merito a quanto sta accadendo in queste ore al confine con la Francia (giungono notizie che non vogliano far passare il confine a qualche centinaio di rifugiati) dipende solo dalla disorganizzazione italiana: quelle persone sono state accompagnate al confine prive di documenti, era ovvio che la Francia li avrebbe rifiutati!
Certo, quei 30€ al giorno però van pagati comunque – alle cooperative o ai migranti poco importa – e sono sempre soldi dei contribuenti! (immagino già una delle obiezioni) È vero. Ma teniamo presente che non sono solo soldi dei contribuenti Veneti, o italiani…Ricordiamo che anche gli immigrati Regolari che lavorano e producono qui versano delle imposte. Inoltre parte di quel denaro, se guardiamo alla questione in un’ottica globale, deriva da fondi europei, quindi dai contributi dei cittadini di tutta europa. L’impatto sul singolo cittadino diventa quindi minore.
Ma quei soldi non potremmo destinarli ai nostri cittadini bisognosi? Non mi voglio addentrare in discussioni sul “chi ha più bisogno di cosa”, vorrei solo farti presente che la normativa (a livello di Stato italiano, ma vale lo stesso per gli enti locali) prevede dei vincoli: i fondi che arrivano per l’immigrazione sono vincolati all’immigrazione, e non possono essere spostati in un altro capitolo di spesa.quanti-rifugiati-ci-sono-in-italia

Sei proprio sicuro che i migranti siano il vero problema?

0000903-rotte migranti.EPSDovremmo imparare a “filtrare” quanto ci viene detto dagli organi di informazione, chiedersi se sia la verità, o a chi giovi farci arrivare certe notizie e silenziarne delle altre! Come in questo caso: il rifugiato diventa “il problema”…mentre lo stato italiano, disorganizzato ed incapace, è “la vittima”. Ovvio, fare della becera demagogia, anche se a discapito dell’informazione, è più facile che fare un’onesta autocritica e darsi da fare per risolvere i problemi.
Quello italiano è uno stato che manca di organizzazione e di una visione progettuale sulla questione dei migranti nonostante sia da decenni la seconda porta d’ingresso per l’Europa; uno stato che tira avanti scaricando tutta la responsabilità sugli amministratori locali ma senza fornir loro adeguati strumenti per gestire certe “patate bollenti”. Uno stato che lavora sempre “in emergenza” perché – si sa – in emergenza si ammettono deroghe alla legge ed i “favori agli amici” passano facilmente inosservati.
migranti centri accoglienzaUna mancanza di organizzazione che ha portato a dover attivare dei centri di accoglienza temporanei, visto che il numero dei centri regolari è inadeguato – sono oltre 1500 queste strutture provvisorie – che però raramente rispettano i criteri europei per l’accoglienza…il che si traduce con un: niente fondi europei per queste strutture! E l’inettitudine dei governanti – attuali e passati – ricade sui cittadini! (Pensaci, in questo tempo non si sarebbero potute realizzare delle strutture di accoglienza stabili, adeguate, con personale dipendente, invece di dover gestire il tutto con appalti e subappalti con aumento dei costi, e della probabilità di tangenti?)
L’Italia è uno stato che trova facile spostare l’attenzione sullo “straniero”, additarlo come responsabile della mancanza di lavoro e dei disordini sociali… così mentre volgiamo lo sguardo in quella direzione, chi ci governa ha il tempo per dissipare risorse ed accumulare ricchezze a nostro sfavore. Uno stato che trae vantaggio dalla paura del diverso, per sembrare più forte, per accentrare sempre più potere… quando invece è sull’orlo del baratro.
È questo lo stato in cui vuoi vivere? Mi piacerebbe che il Veneto di domani fosse diverso, anche in questo.
 
 
                                                                                                                                          Max

martedì 21 luglio 2015

MAI DALLA PARTE DI CHI TORTURA.........MAI !!!!

'Io, poliziotto, dico che il reato di tortura serve'

Serve un nuovo patto fra forze dell'ordine e cittadini. Nel segno della democrazia e non del tifo. Perché i controllori devono essere controllati. Parla Luigi Notari, 40 anni di esperienza in divisa



Introdurre il reato di tortura «ènecessario». Per «rassicurare le persone. E sancire unnuovo patto democratico fra forze dell'ordine e popolazione». A sostenerlo non è un attivista. Nè un parlamentare. Ma un uomo in divisa. Uno "sbirro". Luigi Notari è stato poliziotto per oltre 40 anni. Arrivato alla segreteria nazionale del Siulp, il "sindacato unitario lavoratori polizia", è in pensione da pochi mesi. E ha deciso di intervenire nel dibattito aperto dalle modifiche in commissione Giustizia del Senato alla legge contro la tortura, modifiche che impongono concetti quali "reiterazione", “crudeltà" e “verificabile trauma psichico",commentati per l'Espresso da Livio Pepino. 

“L'apparato", se così si può considerare la
 voce forte degli agenti del Sap (sindacato autonomo di polizia) - sostenuti da figure istituzionali quali Roberto Maroni, governatore della Lombardia, e il senatore Maurizio Gasparri - sembra disposto a tutto pur di bloccare l'introduzione del reato di tortura, previsto da una convenzione internazionale che lo Stato ha firmato ormai trent'anni fa. Senza ancora darne adempimento. Dopo veti e attese, sembrava arrivato il momento del sì, del riconoscimento di ferite mai rimarginate come quelle delleviolenze alla caserma di Bolzaneto durante Genova 2001. Invece: dietrofront. Il testo, così stravolto, dovrà ricominciare l'iter da capo. Col rischio che un'altra legislatura si spenga prima di averlo approvato.
La caserma di Bolzaneto, teatro di torture dopo gli arresti durante le manifestazioni di Genova 2001
«C'è qualcosa di anomalo nel protagonismo di alcune sigle sindacali in questa battaglia contro la legge», sostiene Notari: «Questa
 sovraesposizione mediatica e politica fa male a tutte le forze di polizia. Anche perché non rappresenta la realtà». Secondo Notari infatti, le posizioni oltranziste del Sap contro l'introduzione del reato di tortura, accusato di mettere a rischio la “brava gente" , non raccontano la posizione diffusa degli agenti. Anche se ad oggi troppo silenziosa. Boicottando il testo della Convenzione di Ginevra, sostiene Notari: «La polizia dimostra uno spirito revanchista che fa male alla democrazia. È una reazione da appartenenti a un corpo e non da tutori della legge».


La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per le violenze alla Diaz e per non aver introdotto il reato nel codice penale. Come prevede una Convenzione Onu del 1984. Ma finora il Parlamento ha fatto di tutto pur di non tener fede agli impegni. E il provvedimento ora all'esame della Camera è assai lontano dal testo delle Nazioni Unite


Per sostenerlo parte dalla sua esperienza. «A me hanno educato in un altro modo.
 I miei superiori mi hanno insegnato che una persona in stato di fermo, indifesa, consegnata alla nostra tutela, non si tocca. Mai - racconta il poliziotto in pensione - A volte anch'io ho rischiato di sbagliare, ma sono stato richiamato in tempo. Fermato dai miei colleghi più lucidi in quel momento, perché meno stanchi o coinvolti emotivamente». È un meccanismo di autotutela consolidato e necessario, spiega. «Anche i controllori», dice e ribadisce più volte nel corso dell'intervista, «Devono essere controllati. È per questo che la legge sulla tortura è giusta. Perché chi ha paura del controllo, chi si oppone al reato di tortura, dimostra di non poter controllare il suo ufficio, i suoi agenti».

Sostenitore della riforma “civile" del corpo di polizia del 1981, Notari ha una posizione chiara su quello che dovrebbe essere
 il rapporto fra agenti, cittadini e Stato. «Il nostro mestiere è vincolato in modo indissolubile alla Costituzione. Che all'articolo 54 scrive - “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge". Noi dobbiamo dimostrare disciplina e fedeltà alla Repubblica. E la legge contro la tortura, nella sua prima formulazione, è solo un'estensione pratica di questo concetto fondamentale».

Luigi NotariNel suo primo
 libro-intervista con Mauro Rovarino , uscito poche settimane fa per le Edizioni Abele - con il titolo indicativo di "Al di sotto della legge" - Notari racconta quella che per lui è stata la strada di "auto-ghettizzazione" presa della polizia dopo il sequestro del generale americano James Lee Dozier e le torture a cui furono sottoposti i militanti delle Brigate Rosse in quell'occasione. La denuncia fu pubblicata dal'Espresso e l'autore dell'articolo, Pier Vittorio Buffa, arrestato perché non volle rivelare le sue fonti .

«Fu il primo caso di malapolizia dopo la riforma con il ricorso a strumenti illegittimi per estorcere la verità. I fatti accaddero alla vigilia del primo congresso nazionale del Siulp che contava già 40.000 iscritti e che si svolse nel 1982 - racconta Notari nel libro - Il caso Dozier frenò e minò il cambiamento, perché come ormai rituale in tali situazioni
 la polizia si ripiegò in se stessa, si affidò ai tifosi, chiedendo consenso e provando a ricostruire l’infausta separatezza dalla società».

«Si trattò di un
 meccanismo infernale che si è poi ripetuto nel corso della storia», continua il poliziotto in pensione: «Di fronte agli errori operativi e agli abusi, l’apparato tende a rinforzarsi e le strutture democratiche a indebolirsi. La polizia si auto-rappresenta come un totem, mettendo a rischio
la necessaria trasparenza di un’istituzione. È successo, vent’anni dopo, anche a Genova, nel 2001, l’anno del G8.

lunedì 6 luglio 2015

I PARTITI LICENZIANO I LAVORATORI DIPENDENTI.......MA VA!!!!

PRANZI, CENE, FESTE, PARTY, ASSOCIAZIONI........INUTILE SIAMO  
NOI I RESPONSABILI. ALLA FINE SEMPRE I LAVORATORI PAGANO. IL PARTITO
RADICALE LASCIA A CASA GLI ULTIMI DIPENDENTI........"NON HO PAROLE".........SIETE SOLO DEI SACCHI DI MERDA
                                                                   
                                                             
Forza Italia dismesso le sedi, licenziato i dipendenti, e dichiarato guerra agli eletti morosi, che non pagano le quote al partito. Il Pd, per evitare di dover ricorrere alla cassa integrazione, ha organizzato le famose cene da mille euro a invitato (di cui ancora non conosciamo i nomi, nonostante fosse stata promessa massima trasparenza, ma solo il saldo finale: «Abbiamo raccolto un milione e 600mila euro», ha detto il tesoriere dem Bonifazi). Non è così strano quindi che anche il Partito radicale navighi in cattive acque. Anzi, loro ci sono quasi abituati.
Ma è una lettera del tesoriere Maurizio Turco a testimoniare che la situazione è ormai gravissima. Turco ha spiegato di aver dovuto licenziare gli ultimi otto dipendenti. «Cari amici», ha scritto ai sostenitori radicali, «ho appena firmato le lettere di licenziamento per le ultime otto persone che da non meno di almeno dieci anni collaborano con il Partito; appena un anno fa avevo dovuto licenziare gli otto dipendenti che lavoravano al call center. Anche se sono scelte inevitabili di fronte alla situazione oggettiva in cui ci troviamo, umanamente e politicamente sono davvero difficili».
Dice di aver fatto il possibile, Turco:  «Come Partito», aggiunge, «abbiamo resistito fin che abbiamo potuto, ed anche oltre. Ma oggi non si può fare altro, davvero con una estrema difficoltà, ripeto: anche personale, che firmare la fine dei rapporti di lavoro». Precisa che «a scanso di equivoci, che questa difficile fase non è né una sospensione delle attività politiche né tantomeno una chiusura del Partito Radicale». E invita gli iscritti - che già pagano con 200 euro la tessera più costosa della politica italiana - a mettere mano al portafoglio.
E proprio su questo punto, però, si è aperta la polemica, anche a conferma del fatto che la crisi del Partito radicale non è solo finanziaria ma politica e si gioca molto sulla trasparenza, sul complicato intreccio della galassia radicale, composta da molte associazioni e società.
È Alessandro Capriccioli, blogger e segretario dei Radicali Roma, a rivolgere pubblicamente alcune domande a Turco, dicendogli che senza risposta - lui come altri -  avrà difficoltà ad aderire alla richiesta di aiuto. Le domande sottointendono un'istanza di maggiore trasparenza: «Chi è attualmente il proprietario in senso giuridico», è la prima - per capire il tono - «del simbolo della Rosa nel Pugno?». «E dell'archivio del Partito radicale?».
Capriccioli si chiede soprattutto cosa sarà del patrimonio radicale alla morte («che tutti ci auguriamo nell'anno del mai», scrive) di Marco Pannella, l'anziano leader finora garante di delicati intrecci tra proprietà immobiliari e finanziamenti.
Gli storici uffici di Torre Argentina, a Roma, ad esempio, sono sede di molte associazioni e liste elettorali, alcune delle quali hanno in forza altri lavoratori, non solo volontari. Ma non sono come si potrebbe immaginare proprietà del Partito radicale, che della galassia dovrebbe essere il sole. La proprietà dell'immobile è di una societa, la Torre Argentina Spa e le quote di maggioranza di questa società sono di un'associazione di persone, la lista Marco Pannella, i cui membri sono lo stesso Pannella, Turco, e altri pochi fedelissimi. All'associazione, che pure è tra i costituenti del Partito radicale, è possibile tesserarsi ma solo «previa ammissione da parte dell’assemblea dei soci», e non rientra, la tessera, nella costosa tessera omnicomprensiva, che a 590 euro ti fa iscrivere al partito e a tutte le associazioni, alla Luca Coscioni, a Nessuno tocchi Caino, alla Lega Antiproibizionista, e pure agli esperantisti.
Anche Radio Radicale è proprietà di una società, il Centro di produzione, il cui capitale è detenuto dall'associazione lista Marco Pannella e da un socio privato. I beni sono la radio, la sua convenzione per le dirette parlamentari, gli immobili (sempre in centro, questi vicini a piazza della Repubblica). Poi ci sono le frequenze. Ancora Capriccioli su questo chiede a Turco di sapere «a chi sono andati negli anni del tuo mandato i dividendi maturati dagli azionisti, grazie al finanziamento pubblico e alla convenzione?».
La questione è però anche politica, dicevamo. Il partito radicale, il cui segretario - Demba Traoré, maliano, eletto nel 2011, non si vede da tempo -, è in ritardo di due anni sul congresso che per statuto dovrebbe tenersi ogni due anni. E tutto questo accade peraltro in un momento in cui i Radicali, proprio a partire da Roma, (e da altre città, come Milano, dove sono partiti dei referendum cittadini) stanno trovando nuovi spazi.
A Roma sono ad esempio frequenti le riunioni con il sindaco Ignazio Marino che, in difficili rapporti col Partito democratico, ha trovato nel consigliere radicale Riccardo Magi una sponda (anche se spesso critica, come ad esempio sulla vicenda della Metro C) soprattutto sul bilancio, sulla partita dei campi rom, dei residence, e della accoglienza ai rifugiati. E anche con il nuovo movimento di Civati, Possibile, con l'Arci e A buon diritto, si sono strette delle collaborazioni sulle due delibere di iniziativa popolare, Accogliamoci.
E così la situazione finanziaria e quella politica si intrecciano in un solo interrogativo: cosa succederà nel dopo Pannella? Personalmente non mi interessa veramente nulla......proprio nulla.....ormai la vecchia e nuova classe politica qui in questo paese non serve a nulla.....a parte qualche sporadico "onesto e con le palle"......di loro nemmeno gli squali li mangerebbero pertanto posso fottersi tutti


                                                                                              Max