Il Partito
Popolare – ÖVP - di
destra, di Sebastian Kurz (è stato già notato: Kurz ha lo stesso
cognome del personaggio del male imperialista che appare sia nel
romanzo “Cuore di tenebre, di Joseph Conrad, che nel film
“Apocalypse Now”, di Francis Ford Coppola: analogie, segni di un
destino?) ha vinto le elezioni in Austria di domenica 15 ottobre con
il 31,7% dei voti. Il secondo Partito è quello della FPÖ,
nella traduzione italiana Partito Liberale, quando invece è il
Partito, reso di massa, del nazifascista Jörg
Haider e ora diretto dall’altrettanto nazifascista Heinz-Christian
Strache, che cresce ancora e raggiunge il 26% dei voti. Insieme, il
Partito Popolare e la FPÖ,
contano quasi su di un impressionante 58 % dei voti. Scriviamo
“insieme” poiché la
Große Koalition
di estrema destra tra ÖVP e
FPÖ
– sotto l’insegna del razzismo hitleriano e della critica
all’Unione europea – è una possibilità molto forte e concreta
e, peraltro, in questi giorni è stato lo stesso Robert Menasse (il
maggior romanziere austriaco vivente e recentissimo vincitore del
prestigioso premio letterario per scrittori in lingua tedesca, il
“Deutscher Buchpresis”) a dichiarare che “ormai il leader della
ÖVP si è spostato così
tanto a destra da divenire il pagliaccio di Strache e che i due sono
ormai indistinguibili e cercare le differenze tra i due è come
spiegare le diversità tra uno gnocco di patate ed un canederlo”.
Una forte
inquietudine, in tutta Europa, corre dopo questa vittoria della
destra estrema in Austria. Ma è una paura certo non nuova, certo non
inedita negli ultimi anni. La recente vittoria di Macron in Francia,
infatti, non può far certo dimenticare l’ascesa poderosa del
Fronte Nazionale di Maria Le Pen che, seppur sconfitta da Macron, è
giunta al ballottaggio con lo storico dato del 21,53%.
In Germania,
nelle ultime elezioni nazionali dello scorso settembre, che hanno
visto la “piccola vittoria” della Merkel, l’Alternative fuer
Deutschland (ADF), su posizioni chiaramente nazifasciste, ha raccolto
oltre il 13% dei voti, entrando per la prima volta al Bundestag e
conquistando ben 94 deputati, su di un totale di 630.
Nella
Repubblica Ceca – dove si andrà alle elezioni i prossimi 20 e 21
ottobre – impetuosa è la crescita del movimento populista, di
destra e razzista, Ano 2011 (Alleanza del cittadino scontento),
capeggiato dal miliardario e proprietario di intere catene mediatiche
Andrej Babis, dato addirittura tra i possibili vincitori delle
elezioni.
In Olanda il
Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders, su posizioni neo
fasciste, nelle ultime elezioni olandesi del marzo 2017 ha ottenuto
oltre il 13% dei voti, crescendo del 3% e conquistando 20
parlamentari.
Nella
Slovacchia il Partito Nazionale Slovacco (SNS, neonazista) ha
ottenuto nelle ultime elezioni nazionali oltre l’8% dei voti, è
entrato a far parte della coalizione di governo e ha ben tre propri
ministri.
In Polonia,
nell’ottobre del 2105, il Partito nazionalista e ultraconservatore
Giustizia e Libertà (PIS) fondato dai fratelli Kaczynski, è giunto
al potere e, col governo guidato da Beata Szydlo, pratica le
politiche più reazionarie, compresa la più conseguente politica
anticomunista, che giunge a gettare i comunisti polacchi
nell’illegalità e nella persecuzione costante e accettata, anche
dall’Unione europea.
In
Finlandia, il Partito di destra estrema, post fascista, dei Veri
Finlandesi (Perussuomalaiset)
è parte, dal 2015, della coalizione di governo, una coalizione
guidata dal premier di “centro” Juha Sipila e nella quale i Veri
Finlandesi possono contare su di un loro ministro: degli Esteri e
degli Affari europei. Nelle ultime elezioni, 2015, i Veri Finlandesi
hanno ottenuto quasi il 18% e 38 eletti al Parlamento.
In Danimarca
il Partito del Popolo danese (Df) ha ottenuto nelle elezioni del
2015, il 21,1%, confermandosi secondo partito nazionale.
In Grecia,
nel 2015, il Partito Alba Dorata, di chiara matrice neonazista
ottiene il 7% dei voti, divenendo la terza forza politica greca.
In Belgio,
nell’ottobre del 2014, l’NVA – partito fiammingo nazionalista e
di destra capeggiato dal sindaco di Anversa Bart De Wewer - ha
ottenuto il 33% dei voti, entrando nella coalizione di governo e
puntando all’indipendenza delle Fiandre.
In Ungheria
non solo assistiamo alla vittoria e al governo del Partito di destra
reazionaria e razzista Fidesz, capeggiato da Vicktor Orban, che è
anche capo del governo, ma anche alla crescita costante del Partito
Jobbik (“Meglio a destra”) di stampo fascista, che ha ottenuto il
20% alle elezioni dell’aprile 2014 e conta di superare lo stesso
Fidesz, puntando al governo.
Persino in
Svezia, il Partito Nazionalista dei Democratici Svedesi, di estrema
destra, punta razionalmente a diventare il primo partito svedese
nelle prossime elezioni nazionali del settembre 2018. La Svezia,
peraltro, sembra essere diventato il Paese di orientamento più “al
– right” (quel movimento politico e ideologico di stampo
profondamente reazionario che ha portato al potere Donald Trump e del
quale il famigerato Stephen
Bannon è uno dei capi
riconosciuti) di tutta Europa e ciò rende dunque verosimile una
prossima affermazione elettorale del Partito Nazionalista dei
Democratici Svedesi, di impianto reazionario e razzista.
In Italia,
peraltro, non siamo messi meglio: la Lega di Salvini usa un
linguaggio tra i più truci e reazionari dell’intero quadro
politico italiano e punta, verosimilmente, a divenire il
partito-guida del centro-destra italiano; Fratelli d’Italia è
partito reazionario e chiaramente post fascista; Forza Nuova è in
crescita evidente tra i settori sottoproletari, proletari e delle
periferie metropolitane; Forza Italia, se non farà l’accordo di
governo post elettorale con Renzi, sarà inevitabilmente attratta
dall’arco di forze dell’estrema destra italiana, che sotto la
spinta dell’attuale vittoria delle forze di destra estrema e
fasciste in Austria puntano ancor più decisamente ad una loro
leadership sul fronte dell’intera destra, compreso Berlusconi.
Ora, è del
tutto evidente che per non limitarsi a gridare “ al lupo al lupo”,
di fronte ad una crescita così vasta, profonda e sovranazionale
delle forze di estrema destra e neo fasciste in tutta Europa,
occorrono almeno due azioni – politiche e culturali – centrali:
da una parte rilanciare con forza e determinazione un antifascismo di
massa, attivo e militante e, d’altra parte, iniziare a scavare nel
profondo nel tentativo di capire i motivi dell’espansione di questo
neo fascismo con caratteri di massa su scala europea.
Per capire
occorrerà un’analisi davvero profonda degli attuali e profondi
moti sociali, politici e culturali che corrono nel “sottosuolo”
europeo, un’analisi da portare avanti in modo collettivo. Tuttavia
vi sono già degli elementi che vanno sin da ora rimarcati: primo,
siamo di fronte ad un segno che informa di sé ogni crescita
dell’estrema destra e neo fascista europea e il segno che rende
omogeneo questo fronte reazionario è la critica serrata all’Unione
Europea e alle sue politiche ultra liberiste. Cioè, ancor più
esplicitamente: la crescita neo fascista avviene all’interno della
costruzione liberista e antipopolare dell’Unione Europea, su questo
terreno antioperaio e antidemocratico pascolano e crescono le nuove
formazioni e i nuovi movimenti di stampo neo fascista. Ma vi è un
altro elemento da tenere in fortissima considerazione, al fine di
mettere a fuoco il quadro generale all’interno del quale ricresce
l’erba cattiva del neo fascismo e delle sue diverse “epifanie”:
l’involuzione profonda, in senso liberista, della socialdemocrazia
europea, trasformatasi, nel tempo, nello stesso Cavallo di Troia
delle politiche liberiste dell’Unione europea su scala
sovranazionale, una trasformazione, peraltro, che ha trascinato quasi
sempre, dietro di sé, le organizzazioni sindacali di massa che alle
socialdemocrazie erano e sono legate.
Impressionante
è stato – lungo i decenni dell’Unione Europea e dei suoi
Trattati - il livello di metamorfosi / involuzione, in senso
ultraliberista dello storico Labour Party , in Gran Bretagna,
trasformatosi da forza socialdemocratica in forza totalmente
“blairista-reaganiana”, liberista e strutturalmente
“post-tatcheriana”, filo imperialista e filo NATO, battistrada di
altre involuzioni socialdemocratiche europee ( e non è un caso che
una certa ripresa dello stesso Labour avvenga solo ora, in
coincidenza della sterzata “a sinistra” impressa dalla leadership
di Jeremy Corbiyn); come impressionate è stato il crollo del Partito
Socialista Francese, anch’esso tra i più trainanti “cavalli di
Troia” dell’Unione europea e delle politiche imperialiste USA e
NATO: esso, nelle ultime elezioni francesi, quelle vinte da Macron,
ottiene il 7,4% al primo turno e il 5,7% al secondo, perdendo 250
seggi e conquistandone solo 31, rendendo in questo modo verosimile
l’ipotesi “di fine storica del Partito Socialista Francese”,
fine fortemente evocata anche da dirigenti socialisti come Manuel
Valls ( magari opportunista nella sua scelta di schierarsi con
Macron, ma certamente in grado di cogliere la crisi storica del
Partito Socialista Francese). Una crisi, quella delle forze
socialiste e socialdemocratiche europee, che non risparmia di certo
il Partito Socialista Spagnolo, che nelle ultime elezioni (pur
mantenendo un 22,8%) si vede battuto dal Partito Popolare di Raioy e
di nuovo dissanguato, a sinistra, da Podemos. Gravissima, poi, è la
crisi dei socialisti greci (Pasok) precipitati in pochi anni dal 44%
dei consensi elettorali all’attuale 5%, una crisi forse
irreversibile che affonda tutte le proprie radici nella svendita
feroce che lo stesso Pasok ha fatto degli interessi del popolo greco
sull’altare di Maastricht, di Berlino, della BCE e del FMI. In
Germania, la Socialdemocrazia tedesca (la SPD) non vince le elezioni
da ormai più di 22 anni e nelle ultime elezioni in Germania
(settembre scorso) ha raccolto il 20% dei voti, uno dei suoi minimi
storici. E ciò, dopo aver governato assieme, e per anni, alla
coalizione di centro destra della Merkel, facendosi anch’essa
architrave – la SPD - delle politiche dell’Unione europea. Il
Partito Socialdemocratico Svedese, seppur con forti perdite rispetto
ai tradizionali consensi (ha vinto le elezioni del settembre 2014 col
31,3% dei voti e governa con i Verdi) resiste nel proprio Paese e il
Partito Socialista Portoghese vince di nuovo le elezioni (
nell’ottobre 2015 e dopo la lunga e non terminata sbandata
liberista indotta dall’Unione europea) solo in virtù della, seppur
lieve, sterzata a sinistra che lo porta a governare con l’appoggio
esterno del Partito Comunista Portoghese e del “Bloco de esquerda”.
In Italia, poi, la trasformazione del PD di Renzi nel partito stesso
dell’Unione europea (e degli USA e della NATO), se non porta ancora
questo partito ad una crisi elettorale evidente, lo porta già a
delle crisi interne significative e sicuramente ad una trasformazione
di sé in senso liberista che appare il prezzo più alto, sinora, da
pagare per la subordinazione allo spirito e alla lettera di
Maastricht e dei Trattati.
Anche se
dobbiamo approfondire l’analisi, poiché con ogni probabilità, in
Europa, ci troviamo di fronte ad un crocevia storico ancora
misconosciuto, tuttavia alcuni elementi, anche probanti, al fine di
tirare le prime somme, ci sono: le forze dell’estrema destra, le
forze neo fasciste e neo naziste, le forze populiste di matrice
reazionaria e razzista crescono in modo ormai preoccupante in tutta
l’area dell’Unione europea, soprattutto in virtù di due
fenomeni, che tra loro si tengono e sono tra loro dialettici: le
durissime politiche antisociali e ultra liberiste emanate dall’Unione
europea e la trasformazione delle socialdemocrazie in forze
trainanti, in ogni loro Paese, di tali politiche. Da questo punto di
vista è intellettualmente e politicamente corretto e lecito parlare
di una relazione profonda tra la costruzione di questa Unione europea
liberista e il ritorno storico della nefasta opzione reazionaria e
fascista. In sintesi: l’Unione europea dissemina ovunque un
profondo disagio sociale e un altrettanto profondo senso di
disorientamento di massa per un oscuro futuro; le socialdemocrazie,
le forze socialiste e le organizzazioni sindacali ad esse legate non
solo non rispondono all’attacco strategico dell’Unione europea,
ma addirittura se ne fanno complici, cosicché l’oscuro ed inquieto
sentimento di massa, l’esigenza della controffensiva sociale
vengono – sciaguratamente – raccolti ed organizzati dalle destre,
anche estreme e neofasciste.
Di ciò è
lecito trarre una lezione anche per le forze comuniste e della
sinistra anticapitalista dell’Unione europea: non vi è nessuna
possibilità, per questi partiti e per queste forze, di tornare a
svolgere un ruolo sociale e politico significativo se non da una
posizione radicalmente alternativa all’Unione europea e alle forze
politiche della” sinistra liberista” che la sostengono. E ciò
vale – è del tutto evidente – anche in Italia, dove, per i
comunisti e le forze anticapitaliste e antimperialiste, ogni alleanza
con il PD va esclusa in ragione di questa, essenziale, premessa, ma
ogni altra alleanza, anche “a sinistra”, va commisurata al
livello reale di lotta contro le politiche di guerra e di riarmo
dell’imperialismo USA e della NATO e dallo scontro di classe che
le forze “ di sinistra” intendono praticare contro la base
materiale dell’attacco sociale che da anni si scatena contro il
movimento operaio complessivo europeo e contro la base materiale del
rigurgito neo fascista di massa che va estendendosi su scala
continentale: l’Unione europea.
Sempre peggio.............comunque grazie sinistra
Max