mercoledì 9 giugno 2021

CHIOGGIA NON PUO' ESSERE CONDANNATA PER QUALCHE CIALTRONE

                                                                                    



                                                                                   

                                                                           


                                                                                                                                       Max

lunedì 7 giugno 2021

RELIGIONI MONOTEISTE E I DIRITTI UMANI..............



 Saman ha pagato con la vita non solo le aberrazioni del patriarcato di matrice islamica, ma ha pagato l’incapacità delle istituzioni italiane di avviare a percorsi di civilizzazione la sua comunità, che non può limitarsi al multiculturalismo.

Le speranze di trovare Saman ancora viva sono praticamente svanite.
Le rivelazioni del fratello, anche lui presunto responsabile della aggressione familiare subita dalla ragazza lo scorso anno, non lasciano margine ad ipotesi diverse dall’omicidio.
L’uccisione di Saman è un femminicidio e come tale, ha le sue radici nella cultura patriarcale che si alimenta delle religioni abramitiche, nel caso di specie, dell’islam.

L’Ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche Italiane, ha emesso una fatwa, ovvero una condanna religiosa contro i matrimoni forzati e contro le mutilazioni genitali femminili.
Se per un verso le dichiarazioni dell’Ucoii rassicurano sulla presa di distanza verso le aberrazioni che maturano all’interno delle tradizioni islamiche, dall’altra suscitano una riflessione ulteriore che desta ulteriori preoccupazioni.

La fatwa contro i matrimoni forzati è rivolta a comunità islamiche che, nelle intenzioni degli imam, dovranno conformarsi a quella interpretazione del diritto religioso.
Le comunità islamiche, dunque, non dovranno più imporre con violenza i matrimoni alle ragazze, non perché è un crimine secondo le leggi civili, ma perché la legge del Corano non va interpretata in quella direzione.
Con buona pace del primato della legge civile sulla legge religiosa.

Gli imam, con quella fatwa, non hanno richiamato gli islamici al rispetto dei diritti umani, non hanno sollecitato quelle comunità al rispetto delle leggi nazionali, dell’autodeterminazione, della libertà di scelta nel riconoscimento dei diritti universali.
Nulla di tutto questo.

I referenti spirituali delle comunità islamiche hanno condannato il femminicidio patriarcale islamico con una interpretazione islamica della legge religiosa.

Il Principio di Laicità e l’islam non sono compatibili.
Quella fatwa conferma che la teocrazia, intesa come primato della legge religiosa sulla legge civile, è prepotentemente emersa.

La fatwa nell’islam ha la stessa valenza della direttiva nel diritto canonico: in entrambi i casi si pongono in sovrapposizione delle leggi civili, con la complicità delle istituzioni che confondono la libertà di religione con il disprezzo dei diritti umani.

Il patriarcato abramitico si aggrava nella incapacità delle istituzioni di avviare una seria politica di integrazione con le comunità islamiche, spingendole ancora di più ad una dinamica di isolamento che radicalizza le loro tradizioni, all’interno delle quali la violenza del patriarcato trova terreno fertile.

E in assenza di integrazione le comunità islamiche non riconosceranno mai la legge civile della società che li esclude, trovando naturale riconoscere la priorità della legge religiosa quale elemento regolatore delle proprie condizioni.

La legge religiosa e la legge civile non possono essere alternative l’una all’altra, e la legge civile deve affermare il suo primato ma avrà autorità etica solo nell’inclusione e non nell’emarginazione.

Saman ha pagato con la vita non solo le aberrazioni del patriarcato di matrice islamica, ma ha pagato l’incapacità delle istituzioni italiane di avviare a percorsi di civilizzazione la sua comunità, che non può limitarsi al multiculturalismo.

Il multiculturalismo nelle applicazioni pratiche, si è concretizzato in un miope multiconfessionalismo attraverso il quale le peculiarità religiose che stabiliscono comportamenti e rituali per gli appartenenti ad una precisa comunità religiosa, trovano una tutela giuridica che segna una separazione netta con gli altri individui appartenenti alla stessa società ma non praticanti la stessa religione.

E’ legittimo e doveroso tutelare le differenze religiose, ma senza limitare l’applicazione della legge generale, e soprattutto indicando le modalità attraverso le quali le diverse culture possano interagire tra di loro in una interculturalità che porti alla integrazione e non alla esclusione.

Altri femminicidi come quello di Saman non avranno come responsabili solamente gli autori materiali, perché la responsabilità, a questo punto, sarà dell’intera società.

*L’autrice: Carla Corsetti è segretario nazionale di Democrazia atea

                                                                                                                                Max

sabato 17 aprile 2021

IO STO CON IL POPOLO KURDO

 

                                                                         


Chi sono i curdi, storia di un popolo e di uno Stato mai nato


Sono circa 35 milioni e vivono nel Kurdistan, a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia. Dopo la prima guerra mondiale venne disattesa la promessa degli alleati occidentali di creare una nazione. Da allora i vari gruppi sono diventati minoranze in diversi Paesi


Rappresentano il quarto gruppo etnico più grande del Medio Oriente, la loro popolazione è stimata in circa 35 milioni di persone, ma non hanno mai ottenuto uno Stato nazionale permanente. I curdi sono distribuiti tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia nel vasto altopiano del Kurdistan che racchiude i confini dei cinque Paesi. Anche se comunità curde vivono anche in Europa, soprattutto in Germania. Il sogno del Kurdistan non si è mai materializzato e la questione curda è tornata alla ribalta con l’offensiva dei turchi contro le milizie nel Nord-Est della Siria.


Il Kurdistan: lo Stato mai nato

Dopo la prima guerra mondiale e la sconfitta dell'Impero ottomano, i vincitori alleati occidentali avevano previsto la creazione di uno Stato curdo nel Trattato di Sevres del 1920. Una promessa che venne disattesa 3 anni dopo, quando il Trattato di Losanna ha fissato i confini della moderna Turchia senza definire confini geopolitici per il Kurdistan. Così i curdi sono rimasti una minoranza nei diversi Paesi in cui si sono ritrovati a vivere. Finora qualsiasi azione dei curdi per creare uno Stato indipendente è stata sempre repressa.


Le differenze fra i vari curdi

I curdi sono a maggioranza musulmana sunnita e formano una comunità distintiva, unita attraverso cultura e lingua, anche se non hanno un dialetto standard. Ogni gruppo nazionale, però, si differenzia l’uno con l’altro per priorità e alleati. I curdi turchi, i curdi siriani e i curdi iracheni, che insieme hanno combattuto contro l’Isis, sono i gruppi finiti nel mirino di Erdogan. I curdi iracheni hanno da tempo una loro regione autonoma all'interno dell’Iraq (il Kurdistan iracheno), mente i curdi siriani soltanto di recente hanno ottenuto il controllo della regione che abitano, il Rojava.



I legami tra curdi siriani e Pkk

Il Partito dell’Unione Democratica (la sigla in curdo è Pyd), assicura il governo dei territori sotto il controllo curdo attraverso l'ala militare dell'Ypg, unità di protezione popolare. Il Pyd ha espresso un’idea di società socialista-libertaria, un modello raro e innovativo rispetto alle tradizioni islamiche, un modo di pensare vicino a quello espresso dal Pkk, partito dei lavoratori del Kurdistan, di Abdullah Öcalan. Ed è anche per questa sintonia fra Pyd e Pkk che la Turchia ha fatto partire l’offensiva nel Nord-Est della Siria. Ankara considera infatti il Pkk un’organizzazione terroristica e il leader del partito Öcalan è in carcere in Turchia dal 1990.


La lotta contro l’Isis e il supporto degli Usa

Dei curdi siriani negli ultimi anni si è spesso parlato in Occidente anche per la loro battaglia contro l’Isis. L'Ypg ha anche ricevuto il supporto degli Stati Uniti, che individuarono come propri alleati sul terreno nella guerra contro l’Isis i curdi siriani. Nel corso del 2015 i guerriglieri curdi, con il sostegno Usa, riuscirono a riconquistare i propri territori (noti anche come Rojava, o Kurdistan siriano) che erano stati occupati dall’Isis e riuscirono anche ad espandersi in aree abitate da popolazioni arabe. Negli anni successivi, 2016 e 2017, i curdi-siriani rafforzarono il proprio controllo sul Rojava e contribuirono in modo determinante alla sconfitta finale dell’Isis.


Le simpatie occidentali per la causa curda

La causa curda dell’Ypg ha suscitato così grandi simpatie presso l’opinione pubblica occidentale. Non solo per il contrasto all’Isis, ma anche per l'ideologia espressa dal movimento. In un'ottica post-marxista, alle donne vengono riconosciuti gli stessi diritti che agli uomini. Esistono inoltre anche milizie curdo-siriane composte da donne, come ad esempio l’Ypj, Unità di protezione delle donne, che combattono spesso a capo scoperto contro gli estremisti islamici dell’Isis. Il Rojava, poi, è stato anche un esperimento politico-sociale, con l’adozione di una Costituzione di stampo democratico, pluralista e liberale, che enfatizza l’ambientalismo e il ruolo delle comunità locali nella gestione del potere.


Oggi i curdi siriani si sentono traditi

Attaccati dalla Turchia e abbandonati dagli Stati Uniti, i curdi siriani si sentono traditi proprio da quel mondo occidentale che aveva espresso sostegno e stima negli ultimi anni. Ilham Ahmed, presidente del Comitato esecutivo del Consiglio democratico siriano, da Bruxelles chiesto alle istituzioni europee di "non abbandonare i siriani" e di non chiudere gli occhi su Erdogan."Gli Stati dell’Ue devono ritirare al più presto i loro ambasciatori dalla Turchia perché sta violando troppe leggi internazionali e continua a danneggiare la Siria. Questo crimine va fermato e la Turchia deve essere sanzionata per quello che ha fatto".


IO SARO' SEMPRE DALLA PARTE DEL POPOLO KURDO !!!


                                                                                                                       Max

lunedì 15 marzo 2021

10 ANNI DI GUERRA ALLA SIRIA....E LA RAI MENTE ANCORA!!

 



10 anni di guerra in Siria.

Ho appena visto un servizio di ricostruzione della vicenda fatto da Rainews24: pieno di falsità e omissioni, la più importante delle quali é che a far implodere il paese é stata una "rivoluzione colorata" organizzata dagli USA, d'accordo con le altre potenze europee. Per fare ciò é stato rafforzato ad arte l'Isis, ossia il terrorismo islamico erede di Al Qaida. Niente di nuovo rispetto a quanto fatto 40 anni fa in Afghanistan, solo che Putin non é Gorbacev e Assad non é caduto.

Mezzo milione di morti e molti più sfollati. Questo il bilancio fino ad ora, imputabile integralmente al blocco euro-atlantico che si vanta di essere il faro della democrazia, delle libertà e della pace, mentre invece é falso, ipocrita, guerrafondaio e imperialista.


                                                                                   Max