Terzi, addio al Pd dopo una vita a
sinistra:
"Partito alla deriva per l'accordo con il Pdl"
Settantadue anni, già dirigente del Pci-Pds-Ds milanese, lo storico dirigente della Cgil lombarda affida all'Unità il proprio sfogo: il governo varato da Letta con il sostegno di Berlusconi segna un punto di non ritorno

Il compagno Terzi lo conosco da
parecchi anni per via del sindacato.....bellissima persona...ho letto
la sua motivazione riguardo la sua fuori uscita dal PD....”Non sono
io che lascio il Pd, ma è il Pd che lascia andare alla deriva il suo
progetto». È un addio doloroso quello di Riccardo Terzi, 72 anni,
segretario nazionale dello Spi Cgil e una vita da dirigente del
Pci-Pds-Ds milanese, per anni segretario della Cgil lombarda. Il
governo guidato da Enrico Letta con il Pdl di Silvio Berlusconi è il
punto di non ritorno secondo lo storico sindacalista: «Si può
spiegare così quello che è stato deciso dal gruppo dirigente del
Pd? Assolutamente no. Non è una manovra tattica, ma è la scelta di
una alleanza politica, di un patto organico di governo».
Terzi se ne va e per farlo ha scelto le colonne dell’Unità. «Il partito politico è lo strumento che si giustifica in vista di un fine. Come tutte le cose umane — ha scritto — è uno strumento inevitabilmente imperfetto, attraversato e condizionato dalle tante miserie della competizione per il potere. Non serve a nulla la denuncia moralistica di questo stato di cose, perché tutto ciò sta nella nostra natura e nella nostra debolezza. Ma è essenziale che resti visibile il progetto, che non venga spezzato il rapporto tra i mezzi e il fine».
Doveva nascere il “governo del cambiamento” e invece, questo è il ragionamento di Terzi. «nel momento in cui un esito elettorale molto problematico, in bilico tra spinta eversiva e spinta democratica, avrebbe richiesto il coraggio di soluzioni innovative, la vecchia politica si chiude
Terzi se ne va e per farlo ha scelto le colonne dell’Unità. «Il partito politico è lo strumento che si giustifica in vista di un fine. Come tutte le cose umane — ha scritto — è uno strumento inevitabilmente imperfetto, attraversato e condizionato dalle tante miserie della competizione per il potere. Non serve a nulla la denuncia moralistica di questo stato di cose, perché tutto ciò sta nella nostra natura e nella nostra debolezza. Ma è essenziale che resti visibile il progetto, che non venga spezzato il rapporto tra i mezzi e il fine».
Doveva nascere il “governo del cambiamento” e invece, questo è il ragionamento di Terzi. «nel momento in cui un esito elettorale molto problematico, in bilico tra spinta eversiva e spinta democratica, avrebbe richiesto il coraggio di soluzioni innovative, la vecchia politica si chiude
nel suo recinto, si autoprotegge e si
autoassolve, mentre fuori dal recinto si infiammano tutte le ventate
dell’antipolitica». Una vita nel Partito, spesso
subendone le scelte e le svolte a malincuore, e adesso? «Resto nel
campo della sinistra, anche se non so, oggi, chi sia in grado di
organizzarlo e di rappresentarlo. D’altra parte, la parola
“sinistra” è un’espressione del sociale prima che del
politico. E dal sociale occorre ripartire, dalle contraddizioni che
ancora attendono di essere esplorate, rappresentate, organizzate. La
sinistra è questo lavoro di scavo nel sociale. Il resto è solo
chiacchiera», ha concluso Terzi.
Fuori uscire credo sia la cosa più
giusta perchè questo grande progetto rinnovativo e riformativo non è
mai nato.......la Democrazia Cristiana è rinata da parecchi anni ora
credo sia giusto il momento di fare sul serio...........anche noi
abbiamo bisogno di identificarsi ma certamente non nel PD
Max
Nessun commento:
Posta un commento