Lancio
della campagna nazionale per l’abolizione della legge Fornero sulle
pensioni. La realtà è molto differente: imponendo agli anziani di
rimanere al lavoro, quando ce l’hanno, fino allo sfinimento, e
anche oltre, si chiude l’accesso al lavoro ai giovani,
costringendoli a all’inattività, alla dipendenza economica, alla
miseria e alla depressione; il tutto a beneficio di chi incassa i
proventi dei risparmi realizzati con il taglio alle pensioni: che è
l’alta finanza, quella che detiene gran parte il debito pubblico.
Il
presidente di Confindustria ha detto che la situazione italiana è
paragonabile a quella di un paese uscito dalla guerra (arriva in
ritardo, c’è chi queste cose le prevede edice da anni: ma dov’era
allora Squinzi? A sostenere, insieme a Confindustria, i governi che
ci hanno portato a questo disastro). Ma la situazione è anche
peggiore di ciò che sostiene Squinzi, che misura tutto in termini di
produzione, fatturati, profitti, Pil. Perché l’Italia è ormai,
più di ogni altro paese (in Germania si è appena decisa una
riduzione dell’età pensionabile) la terra dove lavorano – quando
lavorano – solo più i vecchi; con una produttività (quella tanto
cara ai soloni di Confindustria) che nella maggior parte delle
mansioni diminuisce verticalmente con l’età; mentre i giovani –
sia quelli che hanno studiato che quelli che non hanno potuto farlo —
stanno a casa a spese dei genitori o dei nonni pensionati (fin che
restano in vita); oppure vanno all’estero per cercare di
sopravvivere.
I dati forniscono un quadro drammatico di questo disastro: come si fa a fare la maestra d’asilo o l’insegnante fino a 67 anni? E con classi sempre più numerose, senza sostegno per i portatori di handicap e i figli dei migranti, mentre — per esempio — nelle scuole materne non c’è più una sola educatrice al di sotto dei 45 anni? una maestra di scuola materna mi ha detto che dovrà restare al lavoro ancora per molti anni, mentre sua figlia, che ha lo stesso diploma, resta a casa perché non ci sono più assunzioni. E gli ospedali – stesso problema — si riempiranno di infermieri e infermiere ultrasessantenni, magari con le stampelle o il pannolone – il loro – da cambiare? E che senso ha imporre a un impiegato ultrasessantenne di arrabattarsi su programmi informatici che cambiano continuamente e che un giovane di 20 anni imparerebbe a usare in un batter d’occhio, senza nemmeno frequentare un corso? Questo e altro nei lavori che sono a contatto con il pubblico, e che tutti possiamo vedere. Poi ci sono i lavori che si svolgono dietro i cancelli di una fabbrica o di un cantiere (dove è vietato entrare ai non addetti ai lavori), che sono per lo più molto più pesanti, non solo in termini di stress, ma di vera e propria fatica fisica, oltre che di pericoli. Un anziano oun’anziana (e la legge Fornero colpisce a morte soprattutto le donne) non ce la possono fare: vedevano a stento e con molta apprensione, il traguardo dei 60 e dei 63 anni (e chi ha cominciato a lavorare da ragazzo o da ragazza, quello dei 35 e dei 40 anni di anzianità); e adesso se lo vedono spostato in avanti come in nessun altro paese in Europa o nel mondo…E li assale la disperazione. Perché dietro i risparmi realizzati sulla pelle di chi deve andare in pensione di sono vite ed esistenze distrutte.
Eche non ce la si possa proprio fare è confermato anche dagli over 50 disoccupati. «Non ci prende più nessuno, anche se sappiamo fare bene il nostro mestiere: sei troppo vecchio ci dicono, e questo lavoro non lo puoi più fare». Ma non prendono nemmeno i giovani, perché devono tenersi gli anziani che hanno in organico fino all’età di Matusalemme; o, più probabilmente, inventarsi una crisi o una ristrutturazione aziendale, o una delocalizzazione per sbarazzarsene. Per i giovani, poi – che sono stati al centro di tutti i discorsi – il futuro proprio non c’è. Disoccupati o precari, alla pensione non ci arriveranno mai; o, quando ci arriveranno, sarà al livello di quella sociale, al di sotto della sopravvivenza, nonostante tutti i contributi che avranno dovuto sborsare nei periodi in cui avranno lavorato. E una pensione complementare, un’assicurazione sulla vita (il secondo pilastro del sistema pensionistico ammodernato), chi se la può permettere?
Per di più, il tasso di conversione rischia di ridurre le pensioni al 50 per cento del salario, non è la stessa per uno che ha cominciato a lavorare a 14 o a 16 anni in un cantiere e ha continuato per tutta la vita a lavorare con fatica e per uno che ha vissuto in una casa borghese, ha sempre fatto lavori di ufficio enon si è mai negato una vacanza, un’alimentazione sana o una cura medica!
Molti mettono sotto accusa non solo la legge Fornero, ma tutte le riforme pensionstiche successive alla legge Dini (1995). Vogliono ritornare alla legge del 1969 e al sistema retributivo. Perché i fondi dell’Inps non sono dello Stato, che li tratta come se fossero cosa sua, usando i contributi dei precari (la gestione speciale) e dei degli operai (la gestione ordinaria) per tappare i buchi delle casse in passivo (compresa quella dei dirigenti d’azienda, che hanno sfruttato gli operai quando erano al comando delle imprese, e li sfruttano anche adesso che sono in pensione); o per coprire i contributi dei dipendenti pubblici che lo Stato non ha mai versato e che ora, con l’unificazione con l’Inpdap rischiano di trascinarlo nel baratro conti dell’Inps, nonostante che di fatto siano in forte attivo. «I fondi dell’Inps sono dei lavoratori che hanno versato i contributi», dicono in tanti, e vogliamo tornare a gestirli noi, come si faceva con le casse di mutuo soccorso».
Oggi parte una campagna per l’abrogazione della legge Fornero che si articolerà in ogni città e in ogni azienda o ente e che sarà coordinata da un gruppo volontario dei Rsu presenti. L’obiettivo immediato èportare i sindacati confederali e di base e i partiti a fare proprio questo obiettivo (è una battaglia che abbiamo perso perché non l’abbiamo mai combattuta; non ce l’hanno mai fatta combattere. Ma adesso le cose devono cambiare!»). Questa iniziativa si va ad aggiungere ad altre battaglie di lavoratori, che si sono già sviluppate al di fuori della gestione sindacale o contro di essa: organizziamo uno sciopero dei lavoratori di tutte le categorie Il paese è alle corde, ma i lavoratori stanno riprendendo la parola. E non solo a parole. Prima o poi governo e partiti, Confindustria e sindacati, dovranno farci i conti. La ciliegina sulla torta è la cancellazione dell'art.18, ovviamente. Non ho dubbi però che presto o tardi, speriamo non troppo tardi, la generazione degli odierni 50enni si risveglierà, di soprassalto.... Del resto spetta a noi la rivoluzione delle dentiere !!!
I dati forniscono un quadro drammatico di questo disastro: come si fa a fare la maestra d’asilo o l’insegnante fino a 67 anni? E con classi sempre più numerose, senza sostegno per i portatori di handicap e i figli dei migranti, mentre — per esempio — nelle scuole materne non c’è più una sola educatrice al di sotto dei 45 anni? una maestra di scuola materna mi ha detto che dovrà restare al lavoro ancora per molti anni, mentre sua figlia, che ha lo stesso diploma, resta a casa perché non ci sono più assunzioni. E gli ospedali – stesso problema — si riempiranno di infermieri e infermiere ultrasessantenni, magari con le stampelle o il pannolone – il loro – da cambiare? E che senso ha imporre a un impiegato ultrasessantenne di arrabattarsi su programmi informatici che cambiano continuamente e che un giovane di 20 anni imparerebbe a usare in un batter d’occhio, senza nemmeno frequentare un corso? Questo e altro nei lavori che sono a contatto con il pubblico, e che tutti possiamo vedere. Poi ci sono i lavori che si svolgono dietro i cancelli di una fabbrica o di un cantiere (dove è vietato entrare ai non addetti ai lavori), che sono per lo più molto più pesanti, non solo in termini di stress, ma di vera e propria fatica fisica, oltre che di pericoli. Un anziano oun’anziana (e la legge Fornero colpisce a morte soprattutto le donne) non ce la possono fare: vedevano a stento e con molta apprensione, il traguardo dei 60 e dei 63 anni (e chi ha cominciato a lavorare da ragazzo o da ragazza, quello dei 35 e dei 40 anni di anzianità); e adesso se lo vedono spostato in avanti come in nessun altro paese in Europa o nel mondo…E li assale la disperazione. Perché dietro i risparmi realizzati sulla pelle di chi deve andare in pensione di sono vite ed esistenze distrutte.
Eche non ce la si possa proprio fare è confermato anche dagli over 50 disoccupati. «Non ci prende più nessuno, anche se sappiamo fare bene il nostro mestiere: sei troppo vecchio ci dicono, e questo lavoro non lo puoi più fare». Ma non prendono nemmeno i giovani, perché devono tenersi gli anziani che hanno in organico fino all’età di Matusalemme; o, più probabilmente, inventarsi una crisi o una ristrutturazione aziendale, o una delocalizzazione per sbarazzarsene. Per i giovani, poi – che sono stati al centro di tutti i discorsi – il futuro proprio non c’è. Disoccupati o precari, alla pensione non ci arriveranno mai; o, quando ci arriveranno, sarà al livello di quella sociale, al di sotto della sopravvivenza, nonostante tutti i contributi che avranno dovuto sborsare nei periodi in cui avranno lavorato. E una pensione complementare, un’assicurazione sulla vita (il secondo pilastro del sistema pensionistico ammodernato), chi se la può permettere?
Per di più, il tasso di conversione rischia di ridurre le pensioni al 50 per cento del salario, non è la stessa per uno che ha cominciato a lavorare a 14 o a 16 anni in un cantiere e ha continuato per tutta la vita a lavorare con fatica e per uno che ha vissuto in una casa borghese, ha sempre fatto lavori di ufficio enon si è mai negato una vacanza, un’alimentazione sana o una cura medica!
Molti mettono sotto accusa non solo la legge Fornero, ma tutte le riforme pensionstiche successive alla legge Dini (1995). Vogliono ritornare alla legge del 1969 e al sistema retributivo. Perché i fondi dell’Inps non sono dello Stato, che li tratta come se fossero cosa sua, usando i contributi dei precari (la gestione speciale) e dei degli operai (la gestione ordinaria) per tappare i buchi delle casse in passivo (compresa quella dei dirigenti d’azienda, che hanno sfruttato gli operai quando erano al comando delle imprese, e li sfruttano anche adesso che sono in pensione); o per coprire i contributi dei dipendenti pubblici che lo Stato non ha mai versato e che ora, con l’unificazione con l’Inpdap rischiano di trascinarlo nel baratro conti dell’Inps, nonostante che di fatto siano in forte attivo. «I fondi dell’Inps sono dei lavoratori che hanno versato i contributi», dicono in tanti, e vogliamo tornare a gestirli noi, come si faceva con le casse di mutuo soccorso».
Oggi parte una campagna per l’abrogazione della legge Fornero che si articolerà in ogni città e in ogni azienda o ente e che sarà coordinata da un gruppo volontario dei Rsu presenti. L’obiettivo immediato èportare i sindacati confederali e di base e i partiti a fare proprio questo obiettivo (è una battaglia che abbiamo perso perché non l’abbiamo mai combattuta; non ce l’hanno mai fatta combattere. Ma adesso le cose devono cambiare!»). Questa iniziativa si va ad aggiungere ad altre battaglie di lavoratori, che si sono già sviluppate al di fuori della gestione sindacale o contro di essa: organizziamo uno sciopero dei lavoratori di tutte le categorie Il paese è alle corde, ma i lavoratori stanno riprendendo la parola. E non solo a parole. Prima o poi governo e partiti, Confindustria e sindacati, dovranno farci i conti. La ciliegina sulla torta è la cancellazione dell'art.18, ovviamente. Non ho dubbi però che presto o tardi, speriamo non troppo tardi, la generazione degli odierni 50enni si risveglierà, di soprassalto.... Del resto spetta a noi la rivoluzione delle dentiere !!!
Max
Nessun commento:
Posta un commento