giovedì 31 luglio 2014

LAICO??????SI O NO??????

                                                                          
 
 
 
LAIQUE E LAICO

Alcuni linguisti dicono che la lingua è l'uso che se ne fa, ovvero l'uso che ne fa nel quotidiano la maggioranza della gente che parla quella lingua.

In Francia con il termine laïque la maggioranza dei francesi intende comunemente "colui che esige la separazione tra lo Stato e le religioni".

Tuttavia, in Italia, con il termine laico la maggioranza degli italiani, nell'uso quotidiano che fa di tale termine, intende "cattolico non chierico".

Laico, in Italia, per esempio, è l'inserviente del convento.

Può quindi accadere che un candido laicista, sentito che un italiano si dichiara laico, gli chieda: "Allora anche tu vuoi la netta separazione tra lo Stato e le religioni?"

E che poi, con la bocca aperta e gli occhi strabuzzati, si senta rispondere: "Ma manco per niente, io voglio che noi cattolici continuiamo ad avere tutti i privilegi che abbiamo, anzi, se possibile dovremmo rimarcare anche di più il fatto che l'Italia è cattolica, gli altri possono al massimo essere tollerati, specie ora che arrivano tutti questi pericolosi alieni."

Ah ..

È vero che la Corte costituzionale ha statuito il supremo principio costituzionale di laicità dello Stato, ma nel farlo ha usato la formula "Supremo Principio di laicità o non-confessionalità".

Ed è quel "o non-confessionalità" che marca la differenza tra la competenza linguistica dei giudici della Corte costituzionale e il candido laicista.

Se in italiano volete dire laïque senza ingenerare equivoci sorrisi di assenso nell'interlocutore cattolico, dovete usare non-confessionale.

Allora vedrete che il "laico" ci terrà subito a rimarcare che lui è cattolico e giammai non-confessionale.

Laïque (colui che esige la separazione tra lo Stato e le religioni) è falso amico di "laico" (cattolico non chierico), è invece sinonimo inequivocabile di non-confessionale (colui che esige la separazione tra lo Stato e le religioni).

In questo caso, evitare i falsi amici è semplice e redditizio. Perché insistete con la traduzione letterale?

comunque laico sempre


                                                                                                              Max

venerdì 11 luglio 2014

NESSUNO MI ASCOLTAVA........."QUESTO E' IL RISULTATO"

                                                                              

Fausto Bertinotti fa autocritica: partecipare alle feste dei salotti romani è stato un autogol: "Non mi sono reso conto che alcuni miei comportamenti potessero essere scambiati per commistione con un ceto somigliante a una casta", ammette in una intervista al Fatto quotidiano.
L'ex presidente della Camera, un tempo leader di Rifondazione comunista, è sempre stato molto criticato per la sua partecipazione alle serate mondane romane in compagnia della sgargiante moglie Lella e spesso a braccetto di Valeria Marini. Happening spesso finiti nella sezione 'Cafonal" di Dagospia che impietosamente racconta le cene dei ricchi e dei variopinti riccastri con i quali Bertinotti ha scelto di mescolarsi provocando lo sconcerto nel cosiddetto popolo della sinistra.
"Pensavo che la mia vita, la mia giovinezza, la mia storia famigliare, il mio lavoro di operaio, le lotte a cui ho partecipato potessero immunizzarmi", afferma. Rivendica però l'uso del cachemire: "Sul punto dissento".
Bertinotti parla della sconfitta epocale che ha travolto un pezzo di storia politica: "È morta la sinistra. Ora è l'alto contro il basso. È il tempo della post democrazia". Il consiglio: "Chiudere le sezioni di partito, abbassare il vessillo". I nuovi barbari, gli esclusi non votano più a sinistra ma Beppe Grillo: "E meno male, in Francia votano Le Pen". L'unica salvezza può arrivare dalle piazze: "È lì che si costruisce un sentimento che forma una comunità".
Sono felice di tutto questo perchè nessuno e dico nessuno mi ha preso inconsiderazione quando dentro e fuori delle sezioni mi sono sempre battuto contro la nomenclatura del potere dei dirigenti di partito........questo è il riepilogo dic iò che ho sempre previsto.......quando si perde il contatto con la gente con il popolo con le persone che non arrivano a fine mese questo è il risultato......ora abbiamo solo un compito: "o ci crediamo o veramente è finito tutto"................IO CI CREDO ANCORA !!!!

                                                                                                                      Max

venerdì 4 luglio 2014

DELAZIONE COME MODELLO DI VITA !!!!!


                                                                                



Le dittature vengono ricordate storicamente solo per gli aspetti ideologici ma viene sempre trascurata la tragedia che ha stravolto le quotidianità di milioni di individui ai quali fu imposta la delazione come stile di vita: o si denunciava o si veniva denunciati.
La delazione è sempre stata un’arma potentissima in tutti i regimi totalitaristici e polizieschi.
Né la censura, nè la soppressione della libertà di pensiero hanno avuto gli stessi risultati nefasti come la delazione.
Ogni persona sentiva il peso delle parole pronunciate e di come il delatore di turno le avrebbe interpretate e riferite.
Le menti si imprigionarono in una paura che privò molti delle più elementari forme di socialità.
I popoli che hanno subito l’oppressione della delazione col tempo sono diventati generalmente ostili se non violenti, plasmati nella diffidenza che nega ogni forma di convivenza serena.
Il meccanismo della delazione non è estraneo tuttavia ai sistemi democratici, anche se si è evoluto e oggi si ammanta di modalità apparentemente partecipative e tecnologizzate.
La modalità poliziesca di chi “democraticamente” le innesta non è dissimile dalla modalità poliziesca di chi le innesta in un contesto totalitaristico.
La finalità è sempre quella del controllo delle masse facendo in modo che i controllori siano gli stessi controllati, i quali, privi di specifiche competenze, aumentano gradualmente il livello di conflittualità e di ostilità reciproca.
Recentemente è invalsa la moda, da parte di alcune amministrazioni, di adottare il sistema della delazione per il decoro urbano qualificandola come partecipazione attiva. 
Il concetto stesso di decoro non ha una chiave di lettura universale ed è oggettivamente differente se la comparazione la si fa, ad esempio, tra Scampia e Bergamo alta.
Portare il concetto di decoro sul piano soggettivo diventa ancora più arduo se si ipotizza, ad esempio, come, attraverso la delazione sul decoro urbano, in molti si prodigherebbero nel danneggiare i propri antagonisti utilizzando canali apparentemente legali, al cui utilizzo sono addirittura sollecitati, deponendo, ad esempio, materiale di risulta sul prato del vicino per poi godere della sanzione che gli verrebbe comminata dopo averlo denunciato.
Denunciare le situazioni di degrado, comunque la si interpreti, è una sconfitta.
E’ la sconfitta dell’individuo che denuncia, nella impotenza di contribuire a migliorare il livello di civiltà nel quale vive, posto che le sanzioni che inevitabilmente sollecita se gli autori del degrado sono individuati, di per sé, non costituiscono spinta al miglioramento.
E’ la sconfitta delle istituzioni che ricevono la denuncia, nella incapacità di organizzare sistemi istituzionalizzati di controllo e di prevenzione.
E’ la sconfitta di una società nella quale in molti si sentono protagonisti in una attività di per sé avvilente, gli stessi che hanno subito indossato il ruolo di denuncianti e non si sono soffermati nemmeno per un istante a pensarsi nel ruolo di denunciati.
Amo troppo la libertà ma le regole sono da rispettare.................ovviamente per tutti


                                                                                                                    Max