mercoledì 24 agosto 2016

LA STORIA NON PERDONA LA FALSITA'............ECCO L'EROE

                                                                     






Dedicata a quei nostalgici che ammirano un tale traditore seriale. Una chicca per tutti voi......qualsiasi regime ha la sua storia. Ecco la foto segnaletica della polizia svizzera del giovane Mussolini allora pacifista e bolscevico, ESPATRIATO per evitare il SERVIZIO di LEVA!!! Sì proprio così, un "Voltagabbana Totale" , da Ateo, Socialista , Bolscevico, Pacifista Antiinterventista , Internazionalista, Antimonarchico, a Nazionalista, Guerrafondaio, Fascista, uomo risaputo del Vaticano, Realista.. Cazzo, non ne ha saltata una..........ma come si fa ad ammirare un uomo cosi' che per di piu', come stratega, è stato il migliore aiuto agli alleati con le sue cazzate, a cui tedeschi dovevano sempre rimediare e che "dulcis in fundo"non è caduto con le armi in pugno o si è suicidato come il suo omologo tedesco, è stato fucilato mentre cercava di scappare, per di piu' travestito da soldato tedesco, proprio quelli nelle cui mani aveva lasciato il suo paese. Questa è storia non è fantascienza.....


QUANDO C'ERA LUI I TRENI ARRIVAVANO IN ORARIO...
Alcune precisazioni per i fascisti ignoranti che si esaltano sui social network a diffondere notizie sull'esaltazione fascista:
1- Mussolini non ha creato le pensioni, la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della "Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai", all'epoca Mussolini aveva 15 anni. Nel 1933 venne rinominata INPS. La pensione sociale viene introdotta solo nel 1969, Mussolini in quella data è morto da 24 anni.

2. Mussolini non ha istituito la cassa integrazione, La Cassa Integrazione Guadagni, nella sua struttura è stata costituita solo il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività.

3. Mussolini non ha istituito l'indennità di malattia, l’indennità di malattia è stata istituita con decreto legislativo del Capo provvisorio dello stato nr. 435 del 13 maggio 1947. Nel 1968 viene estesa a tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private. E nel 1978, con Legge 23 dicembre 1978, nr. 883, veniva estesa, oltre che l’indennità retributiva in caso di malattia, anche il diritto all’assistenza medica con la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale.

4. Mussolini non istituì la tredicesima mensilità per tutti. Venne istituita soltanto per i lavoratori dell'industri pesante e soltanto dopo la caduta del fascismo che le mensilità aggiuntive come noi le conosciamo divennero appannaggio di tutti i lavoratori e non solo di pochi fortunati, rispettivamente con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946 e per tutti i lavoratori dipendenti a decorrere dal D.P.R. 28 luglio 1960 n. 1070: testi, evidentemente, di molto successivi alla morte di Mussolini.

5. Mussolini non diede il voto alle donne, le donne erano ammesse alle votazioni solo per piccoli referendum locali mentre erano escluse al voto per le elezioni politiche. La prima volta che le donne furono ammesse al voto fu al referendum del 1946.

6. Con Mussolini i treni non erano puntuali, il giornalista George Seldes nel 1936 commentò: "E' vero la maggioranza degli espressi su cui salgono i turisti stranieri sono in genere in orario, ma sulle linee minori i ritardi sono frequenti". L'inglese Elisabeth Wiskemann. sempre nel 1936: "Ho preso molte volte il treno e spesso sono arrivata in ritardo". Lo storico Denis Mack Smith sostenne che la puntualita' dei treni durante il periodo fascista e' uno dei "miti accettati del fascismo", ma in effetti tra le due guerre l' Italia possedeva una rete ferroviaria inadeguata e arretrata.

La storia non si scrive con l'esaltazione ma con i fatti..............


                                                                                                                              Max


domenica 21 agosto 2016

SINISTRA???????????? QUALE??????

Sinistra Italiana e “non siamo mica metalmeccanici”: un caso isolato o un dato genetico?


                                                                                         


Sta suscitando molto scalpore in questi giorni l’affermazione del deputato di Sinistra Italiana, Arcangelo Sannicandro, che opponendosi alla riduzione dell’indennità dei parlamentari ha ritenuto opportuno sottolineare di non appartenere certo «all’ultima categoria dei metalmeccanici o dei lavoratori subordinati». Una affermazione strana, sottolineano tutti i giornali, quando proviene da una sinistra che dovrebbe difendere il lavoro e da un deputato addirittura definito “ex comunista”.
In realtà chiunque segua le vicende che riguardano questo gruppo parlamentare e i recenti tentativi di costruire a partire da SI-SEL una nuova “cosa” di sinistra, sa benissimo che c’è ben poco di strano. Il fatto è proprio che questa sinistra non ha nulla a che vedere con il lavoro, sa poco o nulla del movimento operaio con cui da tempo non condivide esperienze di lotta (fosse anche di sconfitta).
A poco servono le scuse, le smentite, le spiegazioni, perché le parole hanno un significato e in casi come questo pesano come macigni sul consenso dei lavoratori nelle forze che vengono percepite di “sinistra” (fra le quali, al netto di ogni considerazione, rientrano anche i comunisti nella percezione comune). Sannicandro non è un caso isolato o una “mela marcia” della sinistra. È al contrario il prodotto coerente di quel processo che ha trasformato la sinistra, un tempo rappresentata dal PCI, nel principale amministratore degli affari di questo sistema.
La sinistra “radicale”, in Italia identificabile con SI-SEL e in generale con i partiti che fanno riferimento alla Sinistra Europea, non è esclusa da questo processo, ma al contrario oggi cerca di affermarsi a livello europeo (talvolta con scarsi risultati, come nel caso italiano) come una “nuova” socialdemocrazia, puntando semplicemente a sostituire la socialdemocrazia storica che oggi vive una crisi di consenso essendosi eccessivamente compromessa. La fantomatica “radicalità” di questa sinistra sta solo in una maggiore attenzione ai diritti civili, in una prospettiva riformista che bene è stata sintetizzata da Fassina qualche tempo fa («sinistra come forza di civilizzazione del capitalismo»), in una difesa appassionata dell’Unione Europea (cioè dell’indifendibile) di cui si esaltano le “nobili” origini. Una sinistra da salotto, piena di spocchia intellettuale, che da tempo si tiene a distanza dal mondo del lavoro che è stato ormai sostituito dalla “società civile” come nuovo riferimento sociale.
La questione fondamentale sta proprio nel protagonismo del mondo del lavoro, che in assenza di un Partito che sappia organizzarlo rischia di scomparire (usando un’espressione gramsciana) nel popolo indistinto. Processo che è sicuramente accelerato da affermazioni come quella di Sannicandro, che alimentano la banale polemica contro la “casta” oggi  tanto funzionale a questo sistema nella misura in cui occulta la reale contraddizione che è quella fra capitale e lavoro, finendo per assolvere i mandanti mentre si punta il dito contro gli esecutori. È proprio sulla centralità del lavoro che si misura la distanza fra i comunisti e la sinistra, che oggi è infinitamente maggiore della differenza che esiste fra la sinistra e tutte le altre forze politiche. Per questa sinistra i lavoratori sono una classe alla quale è meglio non assomigliare, utile al più per prendere qualche voto. Per i comunisti i lavoratori sono la classe di riferimento, senza la quale non si può pensare ad un reale cambiamento in questo paese e nel mondo.

BURKINI????? NE HO LE PALLE PIENE

Il burkini e il dress code neocoloniale


BurkiniDa ormai oltre un quindicennio, la questione dei diversi veli indossati da alcune donne islamiche si impone ciclicamente  nel dibattito pubblico e politico. Dopo il patetico tentativo di pinkwashing con cui si giustificò l’attacco all’Afghanistan governata dai talebani («Dobbiamo liberare le donne dal burqa»), abbiamo avuto la discussione in Francia sul divieto di indossare il burqa e il niqab. Dopo l’orribile Daniela Santanché – quella che si fa chiamare col cognome dell’ex marito dopo oltre vent’anni dal divorzio e blatera sulla libertà delle altre donne – che se ne andava in giro a strappare i veli alle donne islamiche, abbiamo visto le Femen invitare in modo neocoloniale le musulmane a spogliarsi girando in topless per i quartieri islamici di Parigi . Ecco che adesso – in periodo di vacanze – la questione è diventata quella del cosiddetto burkini, termine nato da una contrazione impropria tra la parola burqa (abito che copre integralmente tutto il corpo – viso incluso – usato da una minoranza di donne islamiche) e la parola bikini, indumento che evidentemente – soprattutto se succinto – è ritenuto dover caratterizzare le donne occidentali. Il dibattito è stato scatenato dalla decisione di alcune città francesi di vietare l’uso del burkini in spiaggia, convalidata giuridicamente dal tribunale amministrativo e politicamente dal ministro dell’Interno francese Manuel Valls , secondo il quale addirittura il burkini non sarebbe compatibile coi valori della repubblica francese in quanto espressione di un’ideologia basata sull’asservimento della donna.