Il
Tribunale di Roma ha respinto la richiesta danni avanzata dall’ex
ministro Clini sulla vicenda Jolly Rosso – uranio bruciato a
Marghera.
In
prima persona sono felice soprattutto perchè ho sempre creduto nell'
assessore Bettin, sono felice perchè ho lottato per sconfiggere
avversari politici dementi che pur di infangare il lavoro di persone
oneste sono disposte a qualsiasi cosa.
Battersi
per una giusta causa dovrebbe essere l'obiettivo di tutti ma questo
secondo il mio modesto parere è semplicemente pura utopia......i
vigliacchi i servi della politica sono sempre in agguato ma resto del
parere che quando si è onesti e seri difficile chinare la testa, io
e l'assessore Bettin lo siamo......lui a livello istituzionale ha
fatto la sua parte, io politicamente in mezzo alla gente ho fatto la
mia, il risultato è questa vittoria contro l'arroganza politica e la
stupidità.....
agli
avversari politici auguro ancora una volta molta rassegnazione.
Ecco
la lettera scritta dall'assessore Gianfranco Bettin.........:
Con
un certo sollievo, sia pure un sollievo macerato dal lungo iter
giudiziario, comunico che la prima Sezione civile del
Tribunale di Roma, con sentenza resa nota il 23 settembre 2013,
ha rigettato la richiesta di risarcimento danni per
diffamazione a mezzo stampa intentata nei miei confronti dall’ex
ministro e direttore generale del ministero dell’Ambiente dr.
Corrado Clini.
Come
qualcuno ricorderà, la querelle rinvia alla vicenda
dello smaltimento dei rifiuti tossici trasportati a bordo della nave
“Jolly Rosso” alla fine degli anni Ottanta. Dopo un
lungo vagare nel Mediterraneo, fu disposto dal governo
l’incenerimento dei rifiuti in vari siti italiani tra i quali Porto
Marghera, nel forno inceneritore SG31 del Petrolchimico, cosa che
avvenne, tra proteste e polemiche, tra il 1989 e il 1990.
La
storia riemerse nel febbraio 2005, quando il settimanale
l’Espresso pubblicò un’inchiesta secondo la quale emergeva,
da due referti dell’Ulss 36 veneziana, che nel forno SG31 sarebbe
stata smaltita anche una certa quantità di uranio. La stessa
questione era stata sollevata, senza ottenere ascolto, in quello
stesso 1990, da operai e ambientalisti, tra i quali il sottoscritto.
Dopo
la pubblicazione dei nuovi documenti, nella mia veste di consigliere
regionale, in un’interrogazione poi divulgata con un comunicato
diffuso alla stampa e pubblicato sul sito del gruppo consiliare
regionale dei Verdi, oltre che nella veste di Prosindaco della città,
riproposi la questione, chiedendo a chi di competenza di fornire ogni
spiegazione e ogni informazione possibile sulla vicenda, per
conoscere finalmente la verità.
Il
dr. Clini, fino agli inizi del 1990 direttore di Medicina del Lavoro
dell’Ulss 36 e successivamente direttore generale del Ministero
dell’Ambiente (oltre che, tra il 2011 e il 2013, ministro dello
stesso dicastero) reagì molto polemicamente, accusando me (e
l’Espresso) di diffamazione e intentando una causa civile con
richiesta di risarcimento per un milione di euro. Non avendo la
Regione del Veneto, per la prima volta nella sua storia, ritenuto di
tutelare le prerogative di un consigliere (il sottoscritto) che aveva
fatto ricorso all’istituto dell’interrogazione, la causa civile
si è dunque aperta e, dopo un lungo iter, è giunta alla conclusione
in primo grado.
Uscito
dal processo, per un vizio di forma, il cronista dell’Espresso
Riccardo Bocca (e, ancor prima, Luana Zanella, che aveva presentato
la stessa interrogazione in Parlamento, il quale però aveva negato
l’autorizzazione a procedere) ero rimasto da solo in causa.
Ebbene,
la prima Sezione civile del Tribunale di Roma, rigettando la
richiesta del dr.Clini e dunque assolvendomi, ritiene che io abbia
esercitato lecitamente il “diritto di critica” rilevando
inoltre “la sussistenza della rilevanza sociale dell’argomento
trattato”. Infatti, si legge nella sentenza, “la notizia
relativa alla presenza dell’uranio impoverito, all’interno dei
rifiuti tossici trasportati dalla motonave Jolly Rosso e smaltiti
nell’inceneritore di Marghera, era stata oggetto dell’interesse
dei mass-media già all’epoca dei fatti (nell’anno 1990).
Successivamente, nel febbraio 2005, i giornali tornano a occuparsi
dell’argomento scrivendo che, dall’esame di una relazione della
Ulss 36 del 1990, sarebbe risultata provata la presenza –
all’interno dei rifiuti smaltiti a Porto Marghera provenienti dalla
Jolly Rosso – di uranio radioattivo”.
Quindi,
“l’argomento, involgente il diritto alla salute pubblica,
rivestiva rilievo, anche se riferito a vicende accadute circa
quindici anni prima”. Il giudice osserva ancora che io ho
fornito “un’interpretazione in chiave critica di elementi
emersi a distanza di anni”. Si inoltra poi in una disamina sul
tema del diritto di critica molto interessante proprio per giudicare
l’operato di chi interviene in simili vicende, rilevando come sia
stato ormai “ripetutamente sostenuto in giurisprudenza”
che “in materia di diritto di critica non si ponga un problema
di veridicità delle asserzioni poiché per definizione i giudizi e
le valutazioni non possono essere ricondotti a verità oggettive in
quanto soggettivi e opinabili: il diritto di critica può essere
esercitato utilizzando espressioni aspre” purché “non si
risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore
del soggetto interessato” con “attacchi
personali, diretti a colpire sul piano individuale la figura morale
del soggetto criticato, attraverso espressioni gratuite, non
pertinenti ovvero l’uso di un’informazione non riportata in modo
completo o di argomenti o termini intesi a screditare il soggetto
preso a bersaglio”. Su tale punto cruciale, dunque, il
Tribunale riconosce che il sottoscritto non ha posto domande gratuite
bensì pertinenti “alla vicenda commentata, considerata
la carica rivestita dal Clini all’epoca dei fatti commentati. Per
tale ragione si ritiene rispettato anche il limite della continenza
espositiva”.
Per
queste ragioni, non sussistendo il danno né economico né
professionale lamentato dal dr. Clini, la sua domanda di risarcimento
viene respinta, con conseguente condanna a pagamento delle spese
processali.
E’
possibile che la vicenda non finisca qui, eventualmente ricorrendo in
Appello il dr. Clini. Per intanto, però, è stato posto un punto
fermo. Il diritto non solo alla critica ma a chiedere la
verità su fatti che hanno segnato a fondo la nostra città e il
nostro paese in anni lontani ma le cui implicazioni sono ancora lungi
dall’essere state chiarite completamente, tale diritto, è stato
solennemente ribadito con questa sentenza.
Il
peso di lunghi anni di complicato iter processuale (dal 2005),
l’attesa durata diversi mesi (da maggio 2013), dalla chiusura delle
udienze fino al pronunciamento della sentenza, il costo della causa
che ho dovuto comunque sostenere – al di là delle spese legali che
per disposizione del giudice mi verranno risarcite, una piccola
parte di quelle effettivamente sostenute in tutti questi anni –
oltre che, naturalmente, l’enormità della richiesta di danni che
incombeva (un milione di euro), non possono dirsi cancellati da
questo felice esito, ma certamente conforta il riconoscimento
di aver agito correttamente, di aver cercato con mezzi leciti la
verità su vicende inquietanti.
E’
una storia che non riguarda solo me, sia quella della Jolly Rosso e
dei rifiuti bruciati a Marghera sia, in particolare, quella della
causa. Troppe volte, infatti, chi pone domande scomode –
giornalisti e attivisti soprattutto – viene fatto oggetto di
querele che per anni e anni gli gravano addosso, con costi economici
e morali sempre difficili da sopportare, con un oggettivo effetto di
intimidazione. Per questo, da più parti, in particolare dal mondo
dell’informazione (basti citare l’impegno dell’Associazione
art. 21) si invoca la riforma urgente delle cosiddette “liti
temerarie”, cioè dei procedimenti a carico di soggetti che
tali domande scomode pongono, avviati da chi ha a disposizione i
mezzi per tenerli in causa e perciò sotto scacco a lungo, per anni e
anni, pagando salate parcelle e temendo esiti potenzialmente
pesantissimi.
Credo
che questa sentenza rassicuri, comunque, chi pensa che il diritto di
critica, il diritto di porre ogni domanda necessaria a cercare la
verità, restino irrinunciabili in un paese libero, in uno stato –
appunto - davvero di diritto.
Ringrazio
di cuore le moltissime persone che, in questi mesi, conosciuta questa
vicenda, mi hanno testimoniato, in tanti modi, vicinanza e
solidarietà
Gianfranco
Bettin
Venezia,
30 settembre 2013
LA
STUPIDITA' NON HA FRONTIERE..................
MAX
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