lunedì 29 dicembre 2014

CHE CAZZO DI PAESE !!!!

                                                                   
  


Solo in un paese come l'Italia possono succedere queste cose.......un paese in rovina dove la crisi si sente sulla pelle....dove uno sbarbatello non eletto dal popolo vuole fare il riformatore e non vede il “merdaio politico” attorno a lui.....un consiglio di amministrazione della Rai che liquida la seratina di Benigni con 4 milioni di euro per raccontarci la storia dei 10 comandamenti.....in ogni parte del paese la corruzione è diventata d'obbligo.....mentre fuori la gente è alla stretta finale...mentre i sciacalli vanno alla prima della Scala o al calduccio del Senato ascoltano il concerto di Natale.....poi ci arrivano le notizie riguardo le spese per fini non istituzionali pari a 2,6 milioni di euro, con decine di ricevute per pranzi e cene non riconducibili ad alcuna attività politica, ma anche rimborsi per multe , biglietti ferroviari, scontrini per un panino e una bottiglietta d'acqua, cesti natalizi, libri, gadgets, ingenti quantitativi di olio extra vergine di oliva (mi preoccupo perchè il fascismo usava l'olio di ricino) e rimborsi per la realizzazione di siti web e corsi di formazione. E, tra le spese, anche la realizzazione di murales nel quartiere del Quadraro. E' quanto è emerso dalle indagini condotte dalla guardia di finanza di Rieti, nell'ambito dell'inchiesta avviata nel 2012 sul filone delle "spese pazze" sostenute con fondi provenienti dalle casse del gruppo consiliare del Pd alla Regione Lazio in carica dal 2010 al 2013 (quando la governatrice era Renata Polverini del Pdl), che secondo indiscrezioni vede indagate 41 persone.
Capitolo a parte quello delle campagne elettorali con migliaia di euro spesi per la produzione di manifesti e servizi televisivi per candidati sindaci e consiglieri di numerosi comuni del Lazio. Sotto la lente della procura anche gli emolumenti corrisposti per collaborazioni occasionali, mai avvenute o destinate a finanziare l'acquisto di altri beni e servizi che, secondo l'accusa, avevano poco a che fare con l'attività politica dei consiglieri del gruppo Pd alla Pisana. Con i fondi della Regione Lazio, sempre secondo quanto trapela dalla procura reatina, sarebbero state finanziate anche associazioni o enti inesistenti, riconducibili a prestanome o che da tempo avevano cessato la propria attività.
Che cazzo di paese......

giovedì 11 dicembre 2014

LE ZOCCOLE.......BASTA FALSITA' MASCHILISTA

                                                 

L'uomo e la donna moderni ce l'hanno con le zoccole.
Anche l'uomo e la donna antichi ce l'avevano con le zoccole; anche se quello delle zoccole,
grazie alla religione, era un fenomeno molto meno diffuso. 
Ovviamente con questo termine non intendo designare le poverette costrette a prostituirsi 
ai cigli delle strade, né le fortunate che lo fanno in un appartamento per tanti soldi, e 
neanche i topi di fogna; mi interessa piuttosto analizzare il fenomeno "donna che fa del 
proprio corpo tutto ciò che vuole anche se la cosa tira un cazzotto nello stomaco a tutti gli
altri appartenenti alla comunità sociale".
Io lo trovo un argomento molto interessante perché tale figura causa una grave frizione 
ideologica tra il mio essere una persona che pensa e il mio essere profondamente uomo. 
Mi spiego meglio: nel patrimonio genetico dell'uomo ci sono la gelosia, l'ossessività, il forte 
desiderio di scopare con ogni singola donna che incontro ma di sposarne una che si chieda 
cos'è quel coso che hai in mezzo alle gambe alla prima notte di nozze, e tanti altri brutti 
sentimenti. E immagino che nella maggior parte degli uomini antichi e moderni fossero 
presenti le medesime pulsioni, non c'è nulla di più normale: l'uomo deve spargere il suo 
seme il più possibile, la donna deve stare a casa a badare ai bambini e a grattarsi in gergo 
popolare le cosidette "corna"; si chiama biologia. Le stesse donne, ebbre di maschilismo 
che per millenni è stato loro inculcato, si scagliano contro queste figure mitologiche, 
chiamate anche troie, puttane, donne di facili costumi, e in tanti altri modi che mi serve 
scrivere per far trovare il post su google, accusandole di fare quello che tutti vorremmo fare, ma che non facciamo perché sappiamo che questo mondo si regge (a stento) sull'illusione di 
essere unici e insostituibili. 
In realtà non dicono esattamente così, ma facciamo finta che siano oneste intellettualmente.
Qualche volta però l'uomo che è in me si fa da parte e lascia posto all'essere etereo che 
divento quando penso a qualcosa che non mi riguardi personalmente. E a questo essere 
celestiale e pacifico vengono delle domande cui l'uomo non sa rispondere: perché gli 
uomini possono seguire i loro istinti primordiali e le donne no? Perché pur di impedire alle 
donne di tenere un comportamento, anche gli uomini ci rinunciano, quando sarebbe meglio
per tutti la libera determinazione e basta? Mentre fa queste domande, l'Essere etereo 
bacchetta leggermente la sua controparte, la quale ci mette un millisecondo ad alzarsi,
strappargli la bacchetta di mano e... riposa in pace, piccolo. 
La fedeltà non ha nulla di istintivo, secondo me, è però ancorata a un livello talmente 
profondo del nostro inconscio che siamo portati a credere sia connaturata all'uomo, e che 
ciò faccia di noi un animale sostanzialmente monogamo. Tale credenza è sbagliata: in realtà potremmo vivere benissimo anche se nel mondo non ci fosse alcuna relazione stabile e i 
bambini fossero cresciuti dalla comunità come figli di tutti. Tutti sappiamo però, che è indubbiamente più bello l'amore per una sola persona, è mille volte più piacevole rinunciare a un'occasione che tradire la fiducia di qualcuno verso cui senti un legame, che se pure non 
istintivo, è dentro di te da millenni.
Questo ovviamente, quelle che chiamiamo troie, lo sanno: non ho mai conosciuto una 
ragazza che non cerchi l'amore con tutta se stessa, anche se, mentre lo cerca, si concede a 
questo o a quell'altro. 
Le zoccole come serial killer dell'amore non esistono, sono una leggenda metropolitana: 
le zoccole sono solo ragazze che rimangono più fedeli a se stesse che a finte relazioni o 
alla visione che la società impone. Quando l'amore bussa alla porta, nessuno ci rinuncia. 
Tutto il resto è così, infinitamente, più piccolo.   

                                                                                                                 Max

martedì 2 dicembre 2014

CONTRO OGNI PREGIUDIZIO SESSUALE !!!!!

All’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto
Direzione Generale
Riva de Biasio S. Croce 1299
30135 Venezia

All’Autorità Garante
Per l’Infanzia e per l’Adolescenza
Via di Villa Ruffo, 6
00196  Roma                                                                        


Il 28 novembre 2014 presso palazzo Balbi a Venezia, è stata presentata una delibera di giunta volta all'istituzione di una celebrazione periodica intitolata “La festa della famiglia naturale”, una sorta di guerra aperta nei confronti delle famiglie gay e di tutto ciò che per un appartenente al mondo LGBT può significare famiglia.
Una iniziativa.........e qui scopriamo l’aspetto orribile della vicenda.....da svolgersi ogni anno prima delle vacanze di Natale e che coinvolgerà tutte le scuole di ogni ordine e grado.
L’assessore Regionale Donazzan precisa “siamo di fronte di una decisione a favore di valori in cui crediamo ma assolutamente non contro chicchessia”.
Imporre il personale pensiero con un’iniziativa istituzionale evidenzia nuovamente il tentativo da parte di chi rappresenta lo Stato, di imporre un’etica unica per tutti, in questo caso un’etica cattolica, basata su convinzioni secondo cui la famiglia ha come principale obiettivo la procreazione. 
Non voglio nemmeno perdere il mio tempo ad esporre idee differenti in proposito, ma voglio solo ricordare che il bagaglio di valori di ognuno di noi è personale e non può essere imposto alla collettività.
Ancora più grave è la modalità con la quale si vuole imporre questo bagaglio di valori esclusivamente religiosi, a dei minori che, per età, sono incapaci di valutare autonomamente, e lo si fa attraverso eventi obbligatori, da svolgersi presso le istituzioni scolastiche.
Tutto questo è agghiacciante. 
Il sottoscritto è contro una idea di Stato che si ponga a modello etico e morale. 
Lo Stato etico è il crimine dei crimini, è un modello di regole morali alle quali è obbligatorio uniformarsi.
E' la matrice dittatoriale per eccellenza.
Lo Stato etico incarna il desiderio di tutti gli uomini ( e di tutti i governi) di sottomettere gli altri al proprio ideale.
Io non starò a guardare, e, come sempre sarò in prima linea nella difesa dei diritti umani, in particolar modo, se il destinatario di tali abusi, è un minore.

Chiedo alle Autorità in indirizzo un immediato intervento che consenta ai minori sottoposti a questa imposizione medievale, di non dover subire costrizioni che limitino la capacità di definire serenamente la propria sessualità e il loro personale ideale di famiglia.

                                                                                                               Max

martedì 25 novembre 2014

GRATTA E VINCI: UNA TRUFFA LEGALIZZATA

La truffa dei gratta e vinci… Quello che non vi dicono!




Oggi notiziespericolate per il sociale: questo articolo parte da alcune considerazioni scaturite dal fatto che capita spesso di trovarmi a parlare con gente che critica e stigmatizza il gioco d’azzardo, soprattutto online, e poi la trovo tranquillamente in tabaccheria a spendere decine se non centinaia di euro per i famigerati gratta e vinci (non parliamo poi del lotto e tutte le sue varianti istantanee e non). Quindi in Italia giocare ai gratta e vinci e alle varie lotterie istantanee è socialmente accettato anche se ha portato alla rovina molte famiglie insospettabili.



megamiliardario

Grazie a questo articolo de “La voce“, numeri alla mano, possiamo dimostrare perché i gratta e vinci facciano comodo solo al banco, cioè allo stato: innanzi tutto chiariamo che tutte le cifre sono fornite da AAMS (Amministrazione autonoma dei monopoli di stato), che quando autorizza un nuovo tipo di lotteria istantanea emette un decreto con il numero di biglietti stampati e le vincite programmate, quindi sono dati forniti dagli stessi organizzatori del gioco.
Bene nell’articolo della Voce si prende in esame il “Mega Miliardario” dal costo di 10€ per biglietto e vincita massima di 1.000.000€stampato in 50 milioni e 160 mila biglietti e primo premio (il milione di euro) contenuto in 30 tagliandi… quindi con la possibilità di vincita massima dello 0,00006%… non male vero! Se invece esaminiamo il premio minimo, quello da 10 euro è portato in dote da 17.844.002 bigliettiovvero il 35,5% del totale. Ma 10 euro è proprio il prezzo di un singolo biglietto del “Mega Miliardario”. Insomma, si avrà anche il 35,5% delle possibilità di vincere, ma solo un premio che consente di recuperare la giocata fatta e che molto spesso ispira l’acquisto di un ulteriore biglietto.
Ma la vera e propria truffa è insita nelle regole del gioco stesso che prevede che continui la vendita dei biglietti fino a quando l’ultimo premio (di qualsiasi importo sia) non viene assegnato, ciò significa che se per uno strano scherzo del destino  i trenta biglietti da 1.000.000 di euro fossero i primi a saltare fuori, il gioco andrebbe avanti lo stesso.Ovviamente le informazioni sui premi già assegnati non vengono diffuse (ma sono registrate) e quindi ci si ritroverebbe a giocare con l’illusione di vincere un premio che in realtà ormai non c’è più.
Quindi in conclusione, l’unico modo per essere sicuri di vincere è non giocare!

                                                                                                                           Max

lunedì 17 novembre 2014

TORNATENE A CASA SBRUFFONE (RENZI)

                                                                                   




Renzi politico o della demagogia”. Potrebbe titolarsi così un libro sul Premier. Demagogia è parola forte, porta con sé – tra l’altro – i concetti di opportunismo e tradimento: il demagogo è, per definizione, anche colui che inganna. Renzi demagogo, opportunista, ingannatore: un attento lettore del Principe. Ma il leader del Pd – è questo il punto – può avere come modello il Segretario fiorentino? Posta la questione preliminare, andiamo al dunque. 

1. Renzi ingannatore. Traditore. Il suo “Enrico stai sereno”, poco prima di pugnalare Letta, non è da meno per efferatezza (psicologica, certo, non è più tempo di omicidi politici), dell’azione di Oliverotto da Fermo che uccise lo zio Fogliani, e tutti i notabili che “li andorono drieto”. Inoltre: cos’è se non un inganno, un tradimento quel rifiutarsi ostinato (sorridente, ma brutale) di guardare nel dolore, nell’abisso di sofferenza della gente comune, mentre duetta amorevolmente con Confindustria? Insomma: da che parte deve stare, sui temi del lavoro, dell’economia, della politica, nelle questioni sociali, culturali, civili, un leader di sinistra? 

2. Renzi opportunista. Trasformista. Prende i voti da Berlusconi e Verdini, ma anche da Grillo. Nella tradizione dei due forni. Vero. Ma con un’avvertenza – altrimenti siamo alle note “asettiche” e inutili di Stefano Folli – : i patti col Caimano (quelli veri) sono oscuri, segreti, indicibili; stipulati con un pregiudicato che sconta una pena e non ha una visione affidabile, democratica della cosa pubblica. Renzi vuole trattare col Condannato(ricattandolo, tra l’altro: “stai ai patti altrimenti mi alleo con Grillo”) la legge elettorale, la riforma della Costituzione e l’elezione del Presidente della Repubblica. Vogliamo continuare a chiamarla “politica dei due forni” o prendiamo atto che il cinismo assolutone cambia i connotati rendendola perversa, ai limiti, davvero, della sopportabilità? L’eccesso di opportunismo e segretezza e decisionismo autoritario e spavalderia, eccetera, non muta la qualità di una democrazia? 

3. Renzi demagogo. E’ l’aspetto paradossalmente più inquietante, nonostante il già detto, perché ai cittadini meno avvertiti sfugge la demagogia di Renzi: gli riesce, per carattere, di camuffarla bene – nei salotti televisivi – la merce contraffatta. Eppure è visibile. Basta uno sforzo. Piccolissimo. Insomma: è possibile davvero guidare un partito di sinistra e governare in nome della sinistra deridendo la forza-lavoro e il sindacato che la rappresenta, cancellando dal proprio orizzonte concettuale la giustizia sociale? Dove sta la coerenza tra il nome e la cosa? Tra i principi e la realtà? Tra i valori e l’azione politica? Norberto Bobbio: ciò che distingue la destra dalla sinistra è “il diverso atteggiamento di fronte all’idea di eguaglianza.” (Destra e sinistra, Donzelli, p. 71). Che c’entra Renzi col principio-cardine individuato da Bobbio? 

E’ sotto gli occhi di tutti: il segretario del Pd compie la più rigorosa operazione di destra che si ricordi negli ultimi 70 anni: abolisce il concetto di eguaglianza dal programma – e dalla visione – della più importante forza riformista del Paese. Uno scandalo. Insopportabile. Per chi non l’avesse capito: l’abile demagogo taglia i diritti e ne sbandiera l’estensione; promuove la precarietà e ne proclama la fine; parla di lavoro e pensa al Capitale; usa il manganello e “sta” (dice) con gli operai. Questo è l’uomo. Contesta l’accusa di thatcherismo e di fatto l’incarna, distruggendo le conquiste politiche e sociali dei decenni più maturi della nostra democrazia. 

Come non vederlo: colloca il partito nell’area del socialismo europeo, ma difende in ogni circostanza – “ce lo impone la crisi” – le posizioni delle destre europee. Questo è l’uomo. Da posizioni ultraliberiste distrugge lo Stato Sociale. Siamo in presenza del capolavoro politico della borghesia imprenditrice orientata a destra: si fa rappresentare dal leader della sinistra. E’ l’odierna anomalia italiana. Più acuta e lancinante – se è possibile – di quella del Condannato che lavora alla riforma della Costituzione. 

D’altronde, mentre gli operai (in carne e ossa) erano a piazza San Giovanni, il demagogo, da Firenze, consentiva al finanziere Davide Serra di cimentarsi sulla necessità di limitare il diritto di sciopero. Non significa niente che, alla fine, abbia preso le distanze. Doveva smarcarsi. Si può volere la marcia su Roma e fingere d’ostacolarla. Conta che da quella fucina di idee – si fa per dire – sia emersa la proposta oscena; che sia proprio Renzi a disperdere e cancellare, nel Partito della Nazione, valori e principi che col nazionalismo non hanno nulla a che fare. 

Renzi rappresenta il nuovo? Forse: 

a) se nuovo significa scavalcare il Novecento, tornare a rapporti sociali denunciati da Marx, a un lavoro da schiavi senza diritti e dignità (Grundrisse); 

b) se nuovo significa svilire il dialogo (discutiamo pure, ma la mia posizione non muta e decido io). Che dialogo è se manca “il mettersi in discussione”? (Socrate); 

c) se nuovo significa rifiuto della mediazione: “il governo non tratta col sindacato”; 

d) se nuovo significa licenziare senza giusta causa: negare Rawls: la giustizia “è il primo requisito delle istituzioni sociali, come la verità lo è dei sistemi di pensiero”. 

E’ inutile farsi illusioni: Renzi sta col Caimano ed è più pericoloso del suo socio. Questo concentrato di cinismo, opportunismo, demagogia, populismo; questa capacità, sorprendente, di tradire uomini e tradire idee non è un bene per il Paese. Col Condannato sceglierà il nuovo Presidente. Urge per la sinistra, quella vera, smettere di litigare e unirsi intorno a un leader credibile (per storia, carattere, tradizione, impegno politico). Piazza San Giovanni ha dimostrato che esiste lo spazio per una nuova azione politica. Mondo del lavoro e precari. Occupati, disoccupati, nuove povertà. Tutti insieme. E’ un’impresa degna d’essere tentata. 

Post scriptum. Suscita meraviglia che Papa Francesco sia più a sinistra del segretario del Pd (“l’attenzione ai deboli e ai poveri è nel Vangelo”). In realtà – se escludiamo la trascendenza – Il Manifesto il Vangelo hanno molto in comune: “sono forze ispiratrici ancora operanti secondo il ‘pragmatismo solidale’ di Richard Rorty” (MicroMega, 4/98). Il punto è che Renzi non si ispira né a Marx né a Cristo. Ha come modello Giuda: “Gesù stai sereno”. 
Tornatene a casa ............"SBRUFFONE"


                                                                                                                                                     Max

giovedì 30 ottobre 2014

FINALMENTE SI VEDE IL FASCISMO !!!

                                                                               


Finalmente si vede il fascismo
Sono sorpresa davvero! Non mi aspettavo tanto clamore per le manganellate che ieri hanno ferito quattro operai a Roma. Sorpresa e stupita, come se l'Italia fosse finalmente nell'era del disgelo. Come se fuori stagione arrivasse la primavera.
C'è chi oggi parla di fascismo come se fosse stato finalmente svelato l'ultimo dei segreti di Fatima. Sono così sorpresa che mi domando se non sia finito l'incantesimo malvagio che aveva addormentato bellamente gran parte del paese. Finalmente il fascismo lo vedono tutti e io non sono più visionaria.
Ovviamente son pure contenta che se ne parli, che s'intuisca finalmente che è ora di accettare una verità per troppo tempo ignorata: l'Italia è stretto nella morsa di un fascismo subdolo e codardo che non ha nemmeno il coraggio di ammettere se stesso.
A memoria ricordo il marzo del 2009, quando Roma i lavoratori del'Alcoa di Portovesme subirono lo stesso trattamento. Teste spaccate e lacrime. Era gente che perdeva il lavoro in una terra – la mia – che piano diventa deserto. Ma nel 2009 c'era ancora il debosciato figadipendente, ed era bello insultarlo dandogli del piduista, quasi fosse uno scherzo tra amici. Parlare di fascismo era impossibile, perché già il fascismo non esisteva più, cancellato dalla storia che era diventata un fatto vecchio, una "roba antica". "Dobbiamo superare le ideologie" era il diktat che spianava la strada al futuro.
Ma anche nel 2012, sebbene fosse cambiato il governo le teste dei lavoratori di Portovesme, vennero spaccate dai manganelli dello stato sempre più fascista. Un fascismo diverso, è vero, quello di Mario Monti, che aveva finalmente sdoganato il criminale potere economico, più serioso del precedente. Un potere diverso, disintossicato dalla figa che aveva a cuore solo l'interesse del padrone. Quelli che spaccarono le teste degli operai, furono chiamati "manganelli sobri", guidati dalla triade Passera, Fornero, Profumo. Banchieri, servi dei banchieri.
Oggi pur essendo tutto uguale a ieri, tutto è cambiato. Il fascismo è riuscito laddove nemmeno il primo burattino debosciato aveva fallito: la cancellazione della sinistra, e l'intento ormai raggiunto del partito unico. Il fascismo ha rubato i panni alla sinistra, ma son panni che vanno larghi mostrando il ridicolo che c'è in questo povero paese distrutto. Lo sciopero è vietato, manifestare sarà proibito.
Si esigono le scuse del governo che non tratterà mai con i sindacati, che le leggi le approva ancor prima di scriverle, che non ha più bisogno nemmeno di nascondersi dietro un angolo nel buio. E magari, tanto per continuar la pantomima e lasciare gli animi tranquilli, con costernazione sarà pronto anche a farle le sentire e calde scuse. "Ops… pensavamo voleste bloccare i treni, scusateci tanto, ma il posto di lavoro lo perderete ugualmente, perché così è deciso."
Sì, perché nonostante le teste spaccate e gli anni passati, pure l'Alcoa ha chiuso, e insieme alla fabbrica hanno chiuso intere città, svuotate della vita e della loro gioventù.
Rita Pani (ANTIFASCISTA)..................mi associo
Massimo Lorenzato (ANTIFASCISTA)

                                                                                                                       MAX

lunedì 20 ottobre 2014

SINODO: COLPA DELLA CATTIVA FILOSOFIA

SINODO: I VESCOVI SONO DIVISI?
COLPA DELLA CATTIVA FILOSOFIA
                                                                           
 
Molti si saranno chiesti come sia possibile che su questioni di tanta importanza per la dottrina e la fede cattolica i vescovi e i cardinali la pensino in modo tanto diverso. Questi giorni di Sinodo, infatti, lo hanno messo in evidenza in modo perfino fin troppo plateale. I sacramenti, il peccato, la grazia, il matrimonio… i fedeli rimangono colpiti nel constatare nei maestri e nelle guide opinioni tanto diverse su queste cose di non marginale importanza.
Vorrei qui cercare una spiegazione in un elemento che non è finora emerso granché nel dibattito attorno al Sinodo. Mi riferisco alle filosofie di riferimento, che cardinali e vescovi adoperano per affrontare le questioni teologiche. La Fides et ratio di san Giovanni Paolo II dice che non si fa teologia senza una filosofia e che se non si assume una filosofia vera e conforme alla fede si finisce per assumerne un’altra non vera e difforme dalla fede. In ogni caso una filosofia la si assume.
Quale filosofia hanno assunto cardinali e vescovi che ora intervengono su questi problemi nell’aula del Sinodo ed anche fuori? Quale filosofia hanno studiato e fatta propria lungo i loro studi e nelle loro letture? La filosofia è lo strumento di cui si avvale la teologia. Uno strumento però non neutro, dato che condiziona la stessa teologia, perché ne determina oggetto, metodo e linguaggio.
Non è lo stesso se Dio viene inteso come l’ “Esse Ipsum” di san Tommaso d’Aquino o un “Trascendentale esistenziale” come fa Karl Rahner (profeta dell'inversione antropologica). Non è lo stesso ammettere la dimensione ontologica della fede (la dimensione che fa della fede una questione relativa all’essere) oppure riconoscere in essa solo una dimensione fenomenologica od esistenziale. Avendo alle spalle schemi filosofici diversi, i vescovi e i cardinali affronteranno i problemi teologici, compresi quelli del Sinodo, in modo diverso. Karl Rahner diceva che il pluralismo filosofico e teologico, oltre ad essere irreversibile era anche corretto e auspicabile. La Fides et ratio diceva invece di no. Sono convinto che la maggior parte dei teologi ha preferito Rahner alla Fides et ratio. La confusione delle lingue in questi giorni del Sinodo sembra però dare ragione a quest’ultima.
La dimensione cattolica della fede richiede, a mio avviso, ma mi sembra anche ad avviso della Fides et Ratio, la dimensione ontologica. Se la “nuova creatura” che nasce dal Battesimo non appartiene ad un nuovo piano dell’essere, allora è una verniciatura esistenziale o sentimentale. Se, sposandosi, i due coniugi non danno vita ad una nuova realtà, sul piano dell’essere, realtà che non è la somma di 1 + 1 (ed infatti “saranno due in una carne sola”), allora il matrimonio potrà essere esistenzialmente rivisto, rifatto, ricelebrato, ricontrattato. Se c’è una realtà nuova – ripeto: sul piano dell’essere – non si potrà più sciogliere. L’unica cosa che si potrà fare sarà accertare se esiste o no, ma se esiste nessuno ci può più fare nulla. Per accertare se esiste si dovrà fare una indagine veritativa e non semplicemente pastorale o amministrativa. Se invece il matrimonio ha solo carattere fenomenologico o esistenziale, allora non c’è nessuna realtà da appurare e tutto può essere rivisto e rimanipolato.
A ben vedere, tutta la vita di fede, e non solo il sacramento del matrimonio, ha un aspetto ontologico. La situazione di peccato non è solo una questione esistenziale, ma è la morte spirituale dell’essere della nostra anima. Chi vive volutamente in peccato mortale è spiritualmente – ossia ontologicamente – morto. Se vediamo le cose in questo modo come si potrà, in questo stato, accedere alla comunione? Il sacramento della comunione ci immette realmente, ontologicamente, nella vita divina. Esso non è una cerimonia di socializzazione, un rito sentimental-esistenziale.
Il sacramento della confessione ha pure natura ontologica, perché risana l’anima gravata dal peccato, la fa rivivere. Non è una seduta psicoterapeutica. Le grazie che riceviamo nei sacramenti sono vita reale, vita divina.
L’ingresso nella Chiesa, col Battesimo, non è la partecipazione ad una associazione, ma l’accesso ad una nuova dimensione dell’essere, in cui superiamo noi stessi e partecipiamo della vita della Trinità. Quando San Paolo dice “non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” esprime questa novità ontologica della “nuova creatura”.
Quello che alcuni vescovi hanno detto dentro l’aula sinodale e ai microfoni dei giornalisti fuori dell’aula è conseguenza di quello che viene insegnato da molto tempo in molti seminari e studi teologici. Del resto, anche i vescovi non cadono dal cielo, ma hanno avuto dei maestri e sono stati educati in un certo contesto di cultura filosofica. Ora, se queste filosofie che si insegnano non sono conformi a quanto indica la Fides et ratio, è logico e conseguente che anche l’esame dei temi del matrimonio, del divorzio e della comunione venga deviato dalle attese della Fides et ratio.
Per esempio: se Dio è un “trascendentale esistenziale”, come afferma Karl Rahner, tutti ci siamo dentro, la coppia sposata, quella di fatto ed anche quella omosessuale. Non esistono gli atei, come non esistono i peccatori. Ci sarà solo un cammino per passare dall’essere cristiani anonimi all’essere cristiani nonimi; un cammino da fare insieme, senza escludere o condannare nessuna situazione particolare di vita, perché tutte possono essere un buon punto di partenza. Molti vescovi esprimono questa visione teologica che però riflette una particolare filosofia di tipo esistenzialista. Karl Rahner era allievo di Heidegger, non di san Tommaso. Quanti vescovi sanno di Rahner e non di san Tommaso?
 
 
                                                                                                                       Max

mercoledì 8 ottobre 2014

NEL NOME DEL CAMBIAMENTO: "UNA FARSA"

"C’è la prevenzione. Ma le sanzioni sono poco chiare o del tutto assenti. La separazione tra interessi privati e pubblici non è efficace, e si considera il conflitto solo per le cariche di governo. Dimenticando i parlamentari e soprattutto il presidente della Repubblica. L’incompatibilità a posteriori? Totalmente assente. Silvio Berlusconi? Ancora una volta potrebbe salvarsi. Matteo Colaninno o Alberto Bombassei? Nemmeno presi in considerazione". Questo governo riesce ad essere impositivo sui diritti ai gay (vedi Alfano), ma non riesce a combinare nulla su corruzione ed evasione. E rimaniamo in attesa della svolta buona. Ancora ieri sera ad Otto e mezzo, la parlamentare Moretti spiegava come il TFR fosse un'operazione di restituizone di soldi agli italiani. Al chè, il direttore de Il fatto Padellaro, scuotendo la testa, cercava di spiegare che sono soldi già dei dipendenti. Ma non importa, nella democrazia governata dalla televisione vince chi fa lo spot più efficace. Che intorta più gli italiani. Ma ora, la mission più difficile è intortare l'Europa, l'Ocse, con lo "scalpo" dell'articolo 18, che verrà discusso oggi in Senato. Con decretazione d'urgenza. Perché è urgente riformare per l'ennesima volta il lavoro e usare questa come vessillo da sbandierare in Europa. Un po' come la bandiera dell'Isis che sventola sulla cima al monte Kobane. Che forse dovrebbe preoccuparci un poì di più dei rigori della juve, del TFR e dei gufi nostrani. Che si sono sciolti come neve al sole alle prime minacce. Sia dentro FI (è bastata una minaccia a Fitto) che dentro la ditta del PD. Ottobre sarà il mese più lungo per l'Italia e per Renzi. La manovra, il lavoro, l'Europa, i conti, i vescovi. La difficoltà nel trovare nuovi spot e nuovi nemici su cui distogliere l'attenzione. MAX

mercoledì 17 settembre 2014

VIOLANTE E IL COLLE....................."INGUARDABILI" !!!!!!

                                             



Non tutti ricorderanno che nel 2003 Luciano Violante alla Camera dei Deputati fece un discorso e rivelò:
-che nel 1994 avevano dato a Berlusconi la garanzia “piena” che le sue televisioni non sarebbero state toccate;
- che (intenzionalmente) non avevano fatto la legge sul conflitto d’interessi;
- che (intenzionalmente) avevano dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante fosse titolare di concessioni pubbliche;
- che avevano consentito a Mediaset, durante il governo di centrosinistra, di aumentare il proprio fatturato di venticinque volte.
Durante le fasi che hanno accompagnato la votazione parlamentare della decadenza di Berlusconi si era persino spinto ad accusare il PD di non aver difeso abbastanza il pregiudicato di Arcore, aggiungendo che chi non lo difendeva, aveva “una visione distorta” della politica.
La sua invece era coerente e lineare tanto che nella nuova veste di difensore d’ufficio di Berlusconi, attingendo alla sua preparazione giuridica, con audace volo pindarico, aveva elevato a superiore questione etica e giuridica una banale frode fiscale, per quanto consistente nel numero di milioni frodati.
Dopo aver tradito i suoi ideali (semmai avuti), dopo aver tradito il suo elettorato, dopo essere stato protagonista di accordi sottobanco che nel suo partito conoscevano sicuramente in pochi (anche se intuiti da molti), dopo aver fatto quella bella figura di guano lasciandosi scappare in Parlamento ciò che non avrebbe dovuto rivelare, Berlusconi è comunque decaduto ma lui s’è guadagnato la pole position per la Corte Costituzionale.
Luciano Violante non è un ingenuo e ha sempre avuto piena consapevolezza delle sue azioni.
E’ per questo che la Corte Costituzionale merita un uomo migliore di lui, ad onta dei “moniti” di Napolitano.
Da cambiare tutto e soprattutto cambiare tutti.........ormai il PD e' qualcosa di indecente

                                                 
                                                                               Max

venerdì 5 settembre 2014

L'ITALIA NON SI SMENTISCE..LA STORIA DEI MARO': ANCORA BUGIE

I «due marò»: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto


Un paese incapace di rappresentarsi se non come vittima
Un paese incapace di rappresentarsi se non come vittima.
[Una delle più farsesche "narrazioni tossiche" degli ultimi tempi è senz'altro quella dei "due Marò" accusati di duplice omicidio in India. Fin dall'inizio della trista vicenda, le destre politiche e mediatiche di questo Paese si sono adoperate a seminare frottole e irrigare il campo con la solita miscela di vittimismo nazionale, provincialismo arrogante e luoghi comuni razzisti.
Il giornalista Matteo Miavaldi è uno dei pochissimi che nei mesi scorsi hanno fatto informazione vera sulla storiaccia. Miavaldi vive in Bengala ed è caporedattore per l'India del sito China Files, specializzato in notizie dal continente asiatico. A ben vedere, non ha fatto nulla di sovrumano: ha seguito gli sviluppi del caso leggendo in parallelo i resoconti giornalistici italiani e indiani, verificando e approfondendo ogni volta che notava forti discrepanze, cioè sempre. C'è da chiedersi perché quasi nessun altro l'abbia fatto: in fondo, con Internet, non c'è nemmeno bisogno di vivere in India!
Verso Natale, la narrazione tossica ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe', di colore...), ma erano e sono celebrate come... eroi nazionali. "Eroi" per aver fatto cosa, esattamente?
Insomma, abbiamo chiesto a Miavaldi di scrivere per Giap una sintesi ragionata e aggiornata dei suoi interventi. L'articolo che segue - corredato da numerosi link che permettono di risalire alle fonti utilizzate - è il più completo scritto sinora sull'argomento.
Ricordiamo che in calce a ogni post di Giap ci sono due link molto utili: uno apre l'impaginazione ottimizzata per la stampa, l'altro converte il post in formato ePub. Buona lettura, su carta o su qualunque dispositivo.
N.B. Cercate di commentare senza fornire appigli per querele. Se dovete parlar male di un politico, un giornalista, un militare, un presidente di qualcosa, fatelo con intelligenza, grazie.
P.S. Grazie a Christian Raimo per la sporcatura romanaccia, cfr. didascalia su casa pau.]
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di Matteo Miavaldi
Il 22 dicembre scorso Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò arrestati in Kerala quasi 11 mesi fa per l’omicidio di due pescatori indiani, erano in volo verso Ciampino grazie ad un permesso speciale accordato dalle autorità indiane. L’aereo non era ancora atterrato su suolo italiano che già i motori della propaganda sciovinista nostrana giravano a pieno regime, in fibrillazione per il ritorno a casa dei «nostri ragazzi”, promossi in meno di un anno al grado di eroi della patria.
La vicenda dell’Enrica Lexie, la petroliera italiana sulla quale i due militari del battaglione San Marco erano in servizio anti-pirateria, ha calcato insistentemente le pagine dei giornali italiani e occupato saltuariamente i telegiornali nazionali.
E a seguirla da qui, in un villaggio a tre ore da Calcutta, la narrazione dell’incidente diplomatico tra Italia e India iniziato a metà febbraio è stata – andiamo di eufemismi – parziale e unilaterale, piegata a una ricostruzione dei fatti distante non solo dalla realtà ma, a tratti, anche dalla verosimiglianza.
In un articolo pubblicato l’11 novembre scorso su China Files ho ricostruito il caso Enrica Lexie sfatando una serie di fandonie che una parte consistente dell’opinione pubblica italiana reputa verità assolute, prove della malafede indiana e tasselli del complotto indiano. Riprendo da lì il sunto dei fatti.
E’ il 15 febbraio 2012 e la petroliera italiana Enrica Lexie viaggia al largo della costa del Kerala, India sud occidentale, in rotta verso l’Egitto. A bordo ci sono 34 persone, tra cui sei marò del Reggimento San Marco col compito di proteggere l’imbarcazione dagli assalti dei pirati, un rischio concreto lungo la rotta che passa per le acque della Somalia. Poco lontano, il peschereccio indiano St. Antony trasporta 11 persone.
Intorno alle 16:30 locali si verifica l’incidente: l’Enrica Lexie è convinta di essere sotto un attacco pirata, i marò sparano contro la St. Antony ed uccidono Ajesh Pinky (25 anni) e Selestian Valentine(45 anni), due membri dell’equipaggio.
La St. Antony riporta l’incidente alla guardia costiera del distretto di Kollam che subito contatta via radio l’Enrica Lexie, chiedendo se fosse stata coinvolta in un attacco pirata. Dall’Enrica Lexie confermano e viene chiesto loro di attraccare al porto di Kochi.
La Marina Italiana ordina ad Umberto Vitelli, capitano della Enrica Lexie, di non dirigersi verso il porto e di non far scendere a terra i militari italiani. Il capitano – che è un civile e risponde agli ordini dell’armatore, non dell’Esercito – asseconda invece le richieste delle autorità indiane.
La notte del 15 febbraio, sui corpi delle due vittime viene effettuata l’autopsia. Il 17 mattina vengono entrambi sepolti.
Il 19 febbraio Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono arrestati con l’accusa di omicidio. La Corte di Kollam dispone che i due militari siano tenuti in custodia presso una guesthouse della CISF (Central Industrial Security Force, il corpo di polizia indiano dedito alla protezione di infrastrutture industriali e potenziali obiettivi terroristici) invece che in un normale centro di detenzione.
Questi i fatti nudi e crudi. Da quel momento è partita una vergognosa campagna agiografica fascistoide, portata avanti in particolare da Il Giornale, quotidiano che, citando un’amica, «mi vergognerei di leggere anche se fossi di destra».
Che Il Giornale si sia lanciato in questa missione non stupisce, per almeno due motivi:
Ignazio La Russa
Ignazio La Russa
1) La fidelizzazione dei suoi (e)lettori passa obbligatoriamente per l’esaltazione acritica delle nostre – stavolta sì, nostre – forze armate, impegnate a «difendere la patria e rappresentare l’Italia nel mondo» anche quando, sotto contratto con armatori privati, prestano i loro servizi a difesa di interessi privati.
Anomalia, quest’ultima, per la quale dobbiamo ringraziare l’ex governo Berlusconi e in particolare l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, che nell’agosto 2011 ha legalizzato la presenza di militari a difesa di imbarcazioni private. In teoria la legge prevede l’uso dell’esercito o di milizie private, senonché le regole di ingaggio di queste ultime sono ancora da ultimare, lasciando il monopolio all’Esercito italiano. Ma questa è – parzialmente – un’altra storia.
2) Il secondo motivo ha a che fare col governo Monti, per il quale il caso dei due marò ha rappresentato il primo grosso banco di prova davanti alla comunità internazionale, escludendo la missione impossibile di cancellare il ricordo dell’abbronzatura di Obama, della culona inchiavabile, letto di Putin, della nipote di Mubarak, dell’harem libico nel centro di Roma e tutto il resto del repertorio degli ultimi 20 anni.
Troppo presto per togliere l’appoggio a Monti per questioni interne, da marzo in poi Latorre e Girone sono stati l’occasione provvidenziale per attaccare l’esecutivo dei tecnici, mantenendo vivo il rapporto con un elettorato che tra poco sarà di nuovo chiamato alle urne. E’ iltritacarne elettorale preannunciato da Emanuele Giordana al quale i due marò, dopo la visita ufficiale al Quirinale del 22 dicembre, sono riusciti a sottrarsi chiudendosi letteralmente nelle loro case fino al 10 gennaio quando, secondo i patti, torneranno in Kerala in attesa del giudizio della Corte Suprema di Delhi.
Margherita Boniver
Margherita Boniver
Qualche esempio di strumentalizzazione?
Margherita Boniver, senatrice Pdl, il 19 dicembre riesce finalmente a fare notizia offrendosi come ostaggio per permettere a Latorre e Girone di tornare in Italia per Natale.
Ignazio La Russa, Pdl, il 21 dicembre annuncia di voler candidare i due marò nelle liste del suo nuovo partito Fratelli d’Italia (sic!).
L’escamotage, che serve a blindare i due militari entro i confini italiani, è rimandato al mittente dagli stessi Latorre e Girone, irremovibili nel mantenere la parola data alle autorità indiane.
LA QUERELLE SULLA POSIZIONE DELLA NAVE E UNA CURIOSA “CONTROPERIZIA”
La prima tesi portata avanti maldestramente dalla diplomazia italiana, puntellata dagli organi d’informazione, sosteneva che l’Enrica Lexie si trovasse in acque internazionali e, di conseguenza, la giurisdizione dovesse essere italiana. Ma le cose pare siano andate diversamente.
Il governo italiano ha sostenuto che l’Enrica Lexie si trovasse a 33 miglia nautiche dalla costa del Kerala, ovvero in acque internazionali, il che avrebbe dato diritto ai due marò ad un processo in Italia. La tesi è stata sviluppata basandosi sulle dichiarazioni dei marò e su non meglio specificate «rilevazioni satellitari”.
Secondo l’accusa indiana l’incidente si era invece verificato entro il limite delle acque nazionali: Girone e Latorre dovevano essere processati in India.
Nonostante la confusione causata dal campanilismo della stampa indiana ed italiana, la posizione della Enrica Lexie non è più un mistero ed è ufficialmente da considerare valida la perizia indiana.
La squadra d’investigazione speciale che si è occupata del caso lo scorso 18 maggio ha depositato presso il tribunale di Kollam l’elenco dei dati a sostegno dell’accusa di omicidio, citando i risultati dell’esame balistico e la posizione della petroliera italiana durante la sparatoria.
Secondo i dati recuperati dal GPS della petroliera italiana e le immagini satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai, l’Enrica Lexie si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, nella cosiddetta «zona contigua».
Il diritto marittimo internazionale considera «zona contigua» il tratto di mare che si estende fino alle 24 miglia nautiche dalla costa, entro le quali è diritto di uno Stato far valere la propria giurisdizione.
[ UPDATE 19 GENNAIO: il capoverso qui sopra è stato molto criticato, ma nella sostanza riassume la posizione dell'India sulla «zona contigua», posizione ribadita ieri dalla Corte suprema di New Delhi: «The incident of firing from the Italian vessel on the Indian shipping vessel having occurred within the Contiguous Zone, the Union of India is entitled to prosecute the two Italian marines under the criminal justice system prevalent in the country.» Quest'aspetto verrà approfondito nel prossimo post di Miavaldi. Anche in quest'occasione, i media italiani hanno disinformato pesantemente, ripetendo a tamburo che secondo l'India l'incidente "non è avvenuto in acque territoriali", senza però dire come proseguiva il discorso, e quindi cosa significhi. Secondo la Corte suprema l'incidente non è avvenuto nelle acque territoriali e perciò non è competenza dello stato del Kerala, ma è avvenuto nella "zona contigua", sulla quale l'India - intesa come nazione tutta - rivendica la giurisdizione. Per questo il processo è stato spostato dal livello statale a quello federale. ]
I fasci giocherellano con l'idea di essere in guerra con l'India. Poi toccherà alla Kamchatka.
Sti fasci de casa pau giocano a ffà 'a guera coll'india. Più tardi aggredischeno la Kamciacca. - Seh, poi finisce che se fanno 'e tre de notte e domattina so' cazzi, svejasse pe' andà a scola! Tipo che a forza de ffà sega, qui ce tocca ripete' a prima media... - Pure quest'anno?!
A contrastare la versione ufficiale delle autorità indiane – che, ricordiamo, è stata accettata anche dai legali dei due marò e sarà la base sulla quale la Corte suprema indiana si pronuncerà – è apparsa in rete la ricca controperizia dell’ingegner Luigi di Stefano, già perito di parte civile per l’incidente di Ustica.
Di Stefano presenta una serie di dati ed analisi tecniche a supporto dell’innocenza dei due marò. Chi scrive non è esperto di balistica né perito legale – non è il mio mestiere – e davanti alla mole di dati sciorinati da Di Stefano rimane abbastanza impassibile. Tuttavia, è importante precisare che Di Stefano basa gran parte della sua controperizia su una porzione minima dei dati, quelli cioè divulgati alla stampa a poche settimane dall’incidente. Dati che, sappiamo ora, sono stati totalmente sbugiardati dalle rilevazioni satellitari del Maritime Rescue Center di Mumbai e dall’esame balistico effettuato dai periti indiani.
Nella perizia troviamo stralci di interviste tratti dal settimanale Oggi, fotogrammi ripresi da Youtube, fermi immagine di documenti mandati in onda da Tg1 e Tg2 (sui quali Di Stefano costruisce la sua teoria della falsificazione dei dati da parte della Marina indiana), altre foto estrapolate da un video della Bbc e una serie di complicatissimi calcoli vettoriali e simulazioni 3d.
Non si menziona mai, in tutta la perizia, nessuna fonte ufficiale dei tecnici indiani che, come abbiamo visto, hanno depositato in tribunale l’esito delle loro indagini il 18 maggio. Di Stefano aveva addirittura presentato il suo lavoro durante un convegno alla Camera dei deputati il 16 aprile, un mese prima che fossero disponibili i risultati delle perizie indiane!
In quell’occasione i Radicali hanno avanzato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri Terzi, chiedendo sostanzialmente: «Ma se abbiamo mandato i nostri tecnici in India e loro non hanno detto nulla, perché dobbiamo stare a sentire Di Stefano?»
Il lavoro di Di Stefano, in definitiva, è viziato sin dal principio dall’analisi di dati clamorosamente incompleti, costruito su dichiarazioni inattendibili e animato dal buon vecchio sentimento di superiorità occidentale nei confronti del cosiddetto Terzo mondo.
Se qualcuno ancora oggi ritiene che una simile perizia artigianale sia più attendibile di quella ufficiale indiana, cercare di spiegare perché non lo è potrebbe essere un inutile dispendio di energie.
Luigi Di Stefano, ingegnere ma non proprioUPDATE 8 gennaio 2013: Di Stefano in persona è intervenuto nei commenti qui sotto... e mal gliene incolse. Oltre a ulteriori, serissimi dubbi sulla sua "analisi tecnica" (ricapitolati qui), ne sono emersi anche sul suo buffo curriculum, sulla sua laurea (si fa chiamare "ingegnere" ma non risulta lo sia), sui suoi trascorsi e su precedenti, non meno raccogliticce "perizie". Dulcis in fundo: presentato come tecnico super partes, in realtà Di Stefano è un dirigente del partitino neofascista Casapound. Suo figlio Simone è il candidato di Casapound alla presidenza della regione Lazio. Con Casapound, Di Stefano anima un "comitato pro-Marò".
Dopo che la discussione/inchiesta ha portato alla luce queste cose, Di Stefano è stato raggiunto dal Fatto quotidiano e ha ammesso di non essere andato molto più in là di una ricerca sul web, di non aver mai avuto contatti diretti con fonti indiane e di aver ricevuto alcuni dati da analizzare da giornalisti italiani suoi amici, omettendo di verificarli alla fonte primaria.
Costui si aggirava da anni al centro o alla periferia di inchieste cruciali (Ustica, Ilva etc.), presentato dai media mainstream e dalle destre (fascisti e berluscones) come "esperto", senza che nessuno avesse mai pensato di verificarne i titoli, la reale competenza, i metodi impiegati e chi gli dava copertura politica. Eppure non sarebbe stata un'inchiesta difficile, tant'è che per scoprire certi altarini sono bastati due giorni di discussione seria su un blog.
Naturalmente, sia Di Stefano sia i suoi amici di estrema destra, dopo aver accusato il colpo, han cercato di rispondere facendo il free climbing sugli specchi e gridando al complotto internazionale ai loro danni. -- WM ]
UNGHIE SUI VETRI: «NON SONO STATI LORO A SPARARE!» 
Altra tesi particolarmente in voga: non sono stati i marò a sparare, c’era un’altra nave di pirati nelle vicinanze, sono stati loro.
Nel rapporto consegnato in un primo momento dai membri dell’equipaggio dell’Enrica Lexie alle autorità indiane e italiane (entrambi i Paesi hanno aperto un’inchiesta) si specifica che Latorre e Girone hanno sparato tre raffiche in acqua, come da protocollo, man mano che l’imbarcazione sospetta si avvicinava all’Enrica Lexie. Gli indiani sostengono invece che i colpi erano stati esplosi con l’intenzione di uccidere, come si vede dai 16 fori di proiettile sulla St. Antony.
Il 28 febbraio il governo italiano chiede che al momento dell’analisi delle armi da fuoco siano presenti anche degli esperti italiani. La Corte di Kollam respinge la richiesta, accordando però che un team di italiani possa presenziare agli esami balistici condotti da tecnici indiani.
Gli esami confermano che a sparare contro la St. Antony furono due fucili Beretta in dotazione ai marò, fatto supportato anche dalle dichiarazioni degli altri militari italiani e dei membri dell’equipaggio a bordo sia dell’Enrica Lexie che della St. Antony.
Staffan De Mistura, sottosegretario agli Esteri italiano, il 18 maggioha dichiarato alla stampa indiana: «La morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo».
I più cocciuti, pur davanti all’ammissione di colpa di De Mistura, citano ora il mistero della Olympic Flair, una nave mercantile greca attaccata dai pirati il 15 febbraio, sempre al largo delle coste del Kerala. La notizia, curiosamente, è stata pubblicata esclusivamente dalla stampa italiana, citando un comunicato della Camera di commercio internazionale inviato alla Marina militare italiana. Il 21 febbraio la Marina mercantile greca ha categoricamente escluso qualsiasi attacco subito dalla Olympic Flair.
A questo punto possiamo tranquillamente sostenere che: 1) l’Enrica Lexie non si trovava in acque internazionali; 2) i due marò hanno sparato. Sono due fatti supportati da prove consistenti e accettati anche dalla difesa italiana, che ora attende la sentenza della Corte suprema circa la giurisdizione.
Secondo la legge italiana ed i suoi protocolli extraterritoriali, in accordo con le risoluzioni dell’Onu che regolano la lotta alla pirateria internazionale, i marò a bordo della Enrica Lexie devono essere considerati personale militare in servizio su territorio italiano (la petroliera batteva bandiera italiana) e dovrebbero godere quindi dell’immunità giurisdizionale nei confronti di altri Stati.
La legge indiana dice invece che qualsiasi crimine commesso contro un cittadino indiano su una nave indiana – come la St. Antony – deve essere giudicato in territorio indiano, anche qualora gli accusati si fossero trovati in acque internazionali.
A livello internazionale vige la Convention for the Suppression of Unlawful Acts Against the Safety of Maritime Navigation (SUA Convention), adottata dall’International Maritime Organization (Imo) nel 1988, che a seconda delle interpretazioni, indicano gli esperti, potrebbe dare ragione sia all’Italia sia all’India.
La sentenza della Corte Suprema di New Delhi, prevista per l’8 novembre ma rimandata nuovamente a data da destinarsi, dovrebbe appunto regolare questa ambiguità, segnando un precedente legale per tutti i casi analoghi che dovessero verificarsi in futuro.
Il caso dei due marò, che dal mese di giugno sono in regime di libertà condizionata e non possono lasciare il Paese prima della sentenza, sarà una pietra miliare del diritto marittimo internazionale.
IMPRECISIONI, DIMENTICANZE, SAGRESTIE E ROMBI DI MOTORI
In oltre 10 mesi di copertura mediatica, la cronaca a macchie di leopardo di gran parte della stampa nazionale ha omesso dettagli significativi sul regime di detenzione dei marò, si è persa per strada alcuni passaggi della diplomazia italiana in India e ha glissato su una serie di comportamenti “al limite della legalità” che hanno contraddistinto gli sforzi ufficiali per «riportare a casa i nostri marò». In un altro articolo pubblicato su China Files il 7 novembre, avevo collezionato le mancanze più eclatanti. Riprendo qui quell’esposizione.
Descritti come «prigionieri di guerra in terra straniera» o militari italiani «dietro le sbarre», Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in realtà non hanno speso un solo giorno nelle famigerate carceri indiane.
I due militari del Reggimento San Marco, in libertà condizionata dal mese di giugno, come scrive Paolo Cagnan su L’Espresso, in India sono trattati col massimo riguardo e, in oltre otto mesi, non hanno passato un solo giorno nelle famigerate celle indiane, alloggiando sempre in guesthouse o hotel di lusso con tanto di tv satellitare e cibo italiano in tavola. Tecnicamente, «dietro le sbarre» non ci sono stati mai.
Un trattamento di lusso accordato fin dall’inizio dalle autorità indianeche, come ricordava Carola Lorea su China Files il 23 febbraio, si sono assicurate che il soggiorno dei marò fosse il meno doloroso possibile:
'a pizza«I due marò del Battaglione San Marco sospettati di aver erroneamente sparato a due pescatori disarmati al largo delle coste del Kerala, sono alloggiati presso il confortevole CISF Guest House di Cochin per meglio godere delle bellezze cittadine.
Secondo l’intervista rilasciata da un alto funzionario della polizia indiana al Times of India, i due sfortunati membri della marina militare italiana sarebbero trattati con grande rispetto e con tutti gli onori di casa, seppure accusati di omicidio.
La diplomazia italiana avrebbe infatti fornito alla polizia locale una lista di pietanze italiane da recapitare all’hotel per il periodo di fermo: pizza, pane, cappuccino e succhi di frutta fanno parte del menu finanziato dalla polizia regionale. Il danno e la beffa.»
Intanto, l’Italia cercava in ogni modo di evitare la sentenza dei giudici indiani, ricorrendo anche all’intercessione della Chiesa. Alcune iniziative discutibili portate avanti dalla diplomazia italiana, o da chi ne ha fatto tristemente le veci, hanno innervosito molto l’opinione pubblica indiana. Due di queste sono direttamente imputabili alle istituzioni italiane.
In primis, aver coinvolto il prelato cattolico locale nella mediazione con le famiglie delle due vittime, entrambe di fede cattolica. Il sottosegretario agli Esteri De Mistura si è più volte consultato con cardinali ed arcivescovi della Chiesa cattolica siro-malabarese, nel tentativo di aprire anche un canale “spirituale” con i parenti di Ajesh Pinky e Selestian Valentine, i due pescatori morti il pomeriggio del 15 febbraio.
L’ingerenza della Chiesa di Roma non è stata apprezzata dalla comunità locale che, secondo il quotidiano Tehelka, ha accusato i ministri della fede di «immischiarsi in un caso penale», convincendoli a dismettere il loro ruolo di mediatori.
Il 24 aprile, inoltre, il governo italiano e i legali dei parenti delle vittime hanno raggiunto un accordo economico extra-giudiziario. O meglio, secondo il ministro della Difesa Di Paola si è trattato di «una donazione», di «un atto di generosità slegato dal processo».
Alle due famiglie, col consenso dell’Alta Corte del Kerala, vanno 10 milioni di rupie ciascuna, in totale quasi 300mila euro. Dopo la firma, entrambe le famiglie hanno ritirato la propria denuncia contro Latorre e Girone, lasciando solo lo Stato del Kerala dalla parte dell’accusa.
Raccontata dalla stampa italiana come un’azione caritatevole, la transazione economica è stata interpretata in India non solo come un’implicita ammissione di colpa, ma come un tentativo, nemmeno troppo velato, di comprarsi il silenzio delle famiglie dei pescatori.
Tanto che il 30 aprile la Corte Suprema di Delhi ha criticato la scelta del tribunale del Kerala di avallare un simile accordo tra le parti, dichiarando che la vicenda «va contro il sistema legale indiano, è inammissibile.»
Immagine tratta da "Libero"
Immagine tratta dal sito di Libero. Il giornale ha toni incazzati, ma i lettori sembrano di buon umore.
Ma il vero capolavoro di sciovinismo è arrivato lo scorso mese di ottobre durante il Gran Premio di Formula 1 in India. In un’inedita liaison governo-Il Giornale-Ferrari, in poco più di una settimana l’Italia è riuscita a far tornare in prima pagina il non-caso dei marò che in India, dopo 8 mesi dall’incidente, era stato ampiamente relegato nel dimenticatoio mediatico.
Rispondendo all’appello de Il Giornale ed alle «migliaia di lettere» che i lettori hanno inviato alla redazione del direttore Sallusti, la Ferrari ha accettato di correre il gran premio indiano di Greater Noida mostrando in bella vista sulle monoposto la bandiera della Marina Militare Italiana. Il primo comunicato ufficiale di Maranello recitava:
«[…] La Ferrari vuole così rendere omaggio a una delle migliori eccellenze del nostro Paese auspicando anche che le autorità indiane e italiane trovino presto una soluzione per la vicenda che vede coinvolti i due militari della Marina Italiana.»
La replica seccata del Ministero degli Esteri indiano non si fa attendere: «Utilizzare eventi sportivi per promuovere cause che non sono di quella natura significa non essere coerenti con lo spirito sportivo
Pur avendo incassato il plauso del ministro degli Esteri Terzi, che su Twitter ha gioito dell’iniziativa che «testimonia il sostegno di tutto il Paese ai nostri marò», la Scuderia Ferrari opta per un secondo comunicato. Sfidando ogni logica e l’intelligenza di italiani ed indiani, l’ufficio stampa della casa automobilistica specifica che esporre la bandiera della Marina «non ha e non vuole avere alcuna valenza politica
In mezzo al tira e molla di una strategia diplomatica improvvisata, così impegnata a non scontentare l’Italia più sciovinista al punto da appoggiare la pessima operazione d’immagine del duo Maranello-Il Giornale, accolta in India da polemiche ampiamente giustificabili, il racconto dei marò – precedentemente «dietro le sbarre» -  è continuato imperterrito con toni a metà tra un romanzo di Dickens e una sagra di paese.
Il Giornale, ad esempio, esaltando la vittoria morale dell’endorsement Ferrari, confida ai propri lettori che
Friselle«i famigliari di Massimiliano Latorre, tutti con una piccola coccarda di colore giallo e il simbolo della Marina Militare al centro appuntata sugli abiti, hanno pensato di portare a Massimiliano e a Salvatore alcuni tipici prodotti locali della Puglia: dalle focacce ai dolci d’Altamura per proseguire poi con le orecchiette, le friselle di grano duro
L’operazione, qui in India, ha raggiunto esclusivamente un obiettivo: far inviperire ancora di più le schiere di fanatici nazionalisti indiani sparse in tutto il Paese.
Ma è lecito pensare che la mossa mediatica, ancora una volta, non sia stata messa a punto per il bene di Latorre e Girone, bensì per strizzare l’occhiolino a quell’Italia abbruttita dalla provincialità imposta dai propri politici di riferimento, maltrattata da un’informazione colpevolmente parziale che da tempo ha smesso di “informare” preferendo istruire, depistare, ammansire e rintuzzare gli istinti peggiori di una popolazione alla quale si rifiuta di dare gli strumenti e i dati per provare a capire e pensare con la propria testa.
PARLARE A CHI SI TAPPA LE ORECCHIE
In questi mesi, quando provavamo a raccontare la storia dei marò facendo due passi indietro e includendo doverosamente anche le fonti indiane, ci sono piovuti addosso decine di insulti. Quando citavamo fonti dai giornali indiani, ci accusavano di essere «come un fogliaccio del Kerala»; quando abbiamo provato a spiegare il problema della giurisdizione, ci hanno risposto «L’India è un paese di pezzenti appena meno pezzenti di prima che cerca di accreditarsi come potenza, ma sempre pezzenti restano. E un pezzente con soldi diventa arrogante. Da nuclearizzare!»; quando abbiamo cercato di smentire le falsità pubblicate in Italia (come la memorabile bufala di Latorre che salva un fotografo fermando una macchina con le mani e si guadagna le copertine indiane come “Eroe”) ci hanno dato degli anti-italiani, augurandoci di andare a vivere in India e vedere se là stavamo meglio. Ignorando il fatto che, a differenza di molti, noi in India ci abitiamo davvero.
I beduini del Kerala
I beduini del Kerala... Fottuti bastardi...
Quando tutta questa vicenda verrà archiviata e i marò saranno sottoposti a un giusto processo – in Italia o in India, speriamo che sia giusto – sarà bene ricordarci come non fare del cattivo giornalismo, come non condurre un confronto diplomatico con una potenza mondiale e, soprattutto, come non strumentalizzare le nostre forze armate per fini politici. Una cosa della quale, anche se fossi di destra, mi sarei vergognato.
[ Update 5 gennaio 2013: dopo mesi e mesi di propaganda a senso unico e rintocchi assordanti di una sola campana, quest'articolo è stato un sasso nello stagno. E' il più "socializzato" della storia diGiap ed è stato ripreso in lungo e in largo per la rete. La discussione qui sotto è partecipata e ricchissima di spunti, approfondimenti, correzioni, precisazioni, conferme, rilanci, rivelazioni, scoperte. "Pare un film di 007", ha scritto un commentatore sbigottito, riferendosi ai colpi di scena che si susseguivano rapidi. Mentre scriviamo, si sfiorano ormai i 300 commenti, con decine di sotto-discussioni ramificate, compresa la vera e propria inchiesta collettiva su metodi e titoli del dicentesi ingegner Di Stefano. Leggere tutto quanto è appassionante, ma anche impegnativo e non tutti hanno il tempo di farlo. Ci ripromettiamo, noi e Matteo Miavaldi, di preparare e pubblicare un secondo post, che aggiorni, faccia il sunto della discussione, affronti i punti critici, tenga accese le braci di un'informazione diversa sul caso. -- WM ]
Morale???? ancora una volta non ci raccontano la verità

                                                                                                       Max