Le vicende giudiziarie che
stanno trascinando il Pd renziano verso l’implosione, a partire dalla
princiaple – l’affare Consip, centrale degli acquisti per le
amministrazioni pubbliche – non stupisce nessuno. La classe dirigente
italiana – imprenditori e politici, funzionari e corpi militari – è un
abisso da cui ogni persona onesta vorrebbe distogliere lo sguardo.
Eppure una cosa stupisce:
l’asimmetria palese tra dimensioni colossali degli affari o delle
ambizioni e il nanismo imbarazzante delle filiere in competizione per
accaparrarseli.
In questa oscena faccenda
saltano fuori faccendieri più o meno improvvisati, quasi sempre figli,
padri, fratelli, amici di infanzia e di famiglia. Tutti referenti di
piccoli “imprenditori”-prestanome di altrettanti amici, parenti,
famigli. Vien quasi da rimpiangere la Prima Repubblica, i grandi partiti
divisi da visioni del mondo strutturate, in cui gli affari sporchi
erano affidati a militanti provatissimi, pronti ad immolarsi anche in
carcere pur di salvaguardare gli interessi del partito (Severino
Citaristi per la Dc, Primo Greganti per il Pci, ecc). Crollate le fedi,
volatili le appartenenze, individualizzate le ambizioni, non resta che
affidarsi alla famiglia, al giro stretto di quelli che "io ti ho creato,
io ti distruggo". Come nella n'drangheta…
Solo uno spaccato sintetico per
capirci qualcosa, utilizzando le cronache giudiziarie. Il “povero”
Alfredo Romeo aspira all’affare della sua vita puntando all’appalto per
le pulizie dei palazzi del potere situati nel centro storico di Roma. Un
business da 100 milioni facili facili (con il jobs act si possono fare
miracoli imprenditoriali pagando quasi nulla i lavoratori precari) dagli
importati risvolti “politici”. Pulire i cessi del potere è già di per
sé uno stare nelle stanze del potere, no? Una volta lì, da cosa può
nascere cosa….
Cerca un contatto con il padre
di Renzi tramite un ragazzotto poco più che trentenne che però conosce
bene sia il padre Tiziano che lo stesso (allora) premier. Può vantare –
diventa la sua dote principale, nel resoconto che sarebbe stato fatto a
Luca Lotti – di essere affidabile perché capace di tenere la bocca
chiusa anche se rinchiuso in carcere (come era avvenuto qualche anno fa,
poi assolto). Il padre Tiziano è sospettato – dallo stesso Romeo e
dagli inquirenti – di fare “il doppio gioco”, perché c’è un concorrente
(la Cofely del piemontese Bigotti, ora in mani francese) che però
sarebbe "vicinissimo" a Denis Verdini. Con il quale Tiziano Renzi ha
una innegabile conoscenza pluridecennale (era il distributore del Giornale di Toscana, in qualche modo proprietà del Verdini ieri condannato anche per questioni connesse a quel giornale).
Usciamo
da questi maleodoranti anfratti e cerchiamo di respirare – speranza
vana – innalzandoci alle vette della polichetta italiana. Qui “l’affaire
Consip” sta destabilizzando il percorso del congresso del Pd, voluto
proprio da Renzi il più rapido e sbrigativo possibile (idee e progetti
da discutere non ce ne sono, perché perder tempo…). Più passano i
giorni, più consistenti pezzi della vecchia maggioranza renziana si
vanno sbriciolando. Per paura che il purosangue si sia dimostrato un
ronzino molto dopato (la botta della sconfitta al referendum avrebbe
determinato la sua scomparsa, in un paese normale), per vaghe tentazioni
egemoniche (Franceschini, più che Orlando o Emiliano), per le
incertezze sul futuro (tra un sistema politico balcanizzato dalla legge
proporzionale e una ormai certa presa di controllo del paese da parte
dell’Unione Europea, se le elezioni in Francia e Germania non
produrranno sconquassi inimmaginabili).
Sorprende,
insomma, che le prevedibili traversie giudiziarie di una filiera corta
come il “giglio magico” possano esser diventate il detonatore in grado
di far esplodere ciò che resta del sistema politico italiano. Se il Pd –
come si ammette ormai quasi apertamente – è sul punto dell’implosione
per motivi così bassi, non esiste nessuna alternativa che possa
risultare credibile ai mitici “mercati”, alla Troika e non da ultimo
alla popolazione di questo paese. I Cinque Stelle non lo sono per una
lunga serie di motivi, che la giunta Raggi si è incaricata di
esemplificare. E comunque, una qualsiasi offerta politica che possa
risultare gradita a Bruxelles o Francoforte è ipso facto invisa
a un elettorato dal “vaffa” facile. Anche se nell’immediato fosse
possibile presentargliela con una “narrazione” fascinosa, tempo pochi
mesi e le cose si chiariscono bene…
Filiera
cortissima, quella fiorentina. Un “comitato d’affari” ristretto in
pochi chilometri quadrati, rivelatosi incapace di rappresentare una
soluzione efficace per ciò che resta della borghesia di questo paese;
incapace di qualsiasi “visione” più concreta di un acido lisergico, intellettualmente nano e concentrato unicamente sui propri interessi personali; una compagnia di ventura a chilometri zero.
Che
è poi la vera cifra del “pensiero politico” diffuso in ogni ambiente di
questo paese: vista corta, miope, con molti gradi di astigmatismo.
Vergognatevi tutti..dal primo all'ultimo
Max