Una delle accuse più infamanti da sempre mosse al comunismo è di essere una dittatura, avversa ad ogni forma di democrazia e di libertà: Marx stesso parla di “dittatura del proletariato” con l’idea che il movimento operaio debba imbracciare le armi e scendere sulle piazze per abbattere il sistema capitalistico e instaurare un governo dittatoriale capeggiato dal movimento operaio stesso. Tuttavia, la “dittatura del proletariato” delineata da Marx non è il fine ultimo a cui aspira il comunismo, ma è, piuttosto, una fase transitoria che, nel tempo, verrà superata. Marx è infatti convinto che le idee, da sole, non siano in grado di mutare la realtà: viceversa, si tratta di cambiare la realtà per far mutare le idee, giacchè esse sono un prodotto della realtà stessa ( “ non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza ”); e una volta cambiato l’assetto della realtà attraverso la rivoluzione, e dunque instaurato dittatorialmente il regime comunista, muteranno necessariamente anche le idee dominanti, proprio perché esse “ non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee ”. Le nuove idee dominanti verranno così ad adattarsi alla nuova realtà storica: nel momento in cui nelle coscienze regnerà l’ideologia comunista e sarà stata abbattuta la divisione in classi degli uomini (e lo sfruttamento che la caratterizza), allora anche lo Stato perderà di significato e dovrà inevitabilmente estinguersi; esso, infatti, altro non è se non lo strumento con cui, nella storia, una classe ha di volta in volta dominato le altre ed è naturale che con l’abolizione delle classi scompaia anche lo strumento mediante il quale esse si dominano a vicenda. Venute meno le classi e, con esse, lo Stato, cesserà di esistere anche la dittatura del proletariato sulle altre classi, proprio in virtù del fatto che non ci saranno altre classi: si esce così dalla fase di dittatura del proletariato per passare a quella ultimale di anarchia, vero obiettivo del comunismo; con l’anarchia torneranno a pulsare con vigore la libertà e la democrazia diretta e l’intera macchina statale finirà “ nel posto che da quel momento le spetta, cioè nel museo delle antichità accanto alla rocca per filare e all'ascia di bronzo ” (Engels, “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”). Si possono anche fare altre considerazioni in merito: in primo luogo, è storicamente accertato che nessun Paese comunista sia mai riuscito a passare dalla fase a quella anarchica; proprio in questo (oltre al fatto che non si è riusciti a far dilagare la rivoluzione nel resto dell'Europa) risiede il grande limite della Rivoluzione Russa, che, dopo aver eliminato la divisione in classi e lo sfruttamento di matrice capitalistica, si è sempre più cristallizzata in un rigido e statico apparato dittatoriale che, con Stalin, è giunto al culmine. Altra considerazione, rivolta in particolar modo a tutti quelli che inorridiscono di fronte al comunismo per il suo carattere dittatoriale: ogni forma di governo, anche se può sembrar strano, è una dittatura di una classe sulle altre, giacchè lo Stato è sempre, come abbiamo detto, lo strumento di cui una determinata classe si serve per reprimere gli appetiti delle altre e per esprimere la propria egemonia. Per ciò dittature sono il fascismo, il nazismo, il comunismo (nella sua fase di “dittatura del proletariato”) ma anche la repubblica democratica, intesa come forma di tirannide ordita dalla borghesia a discapito di tutti gli altri ceti; a questo punto si obietterà che, nell’ambito della repubblica democratica, ciascuno è libero ed uguale di fronte alla legge. A queste obiezioni si può, molto semplicemente, rispondere che non ci sarà mai una reale uguaglianza giuridica e politica finchè non vi sarà anche l’uguaglianza sociale. Nella repubblica democratica, infatti, la disuguaglianza tra il lavoratore e il datore di lavoro non sussiste solo malgrado l’esistenza della libertà giuridica, ma, anzi, sussiste in virtù di essa, che consente al datore di lavoro di sfruttare i suoi operai. E’ vero che l’operaio è libero (e non costretto da sanzioni giuridiche) a vendere la propria forza-lavoro, ma se non la vendesse che cosa farebbe? Morirebbe di fame. L’operaio è dunque libero di scegliere il padrone che lo sfrutterà, è libero di non lavorare, cioè di morir di fame, è libero di lavorare 12 ore al giorno, cioè libero di morir di fatica. Allo stesso modo, di fronte alla legge, l’operaio e il capitalista sono uguali solo formalmente: il capitalista che vanta la possibilità di avvalersi dell’avvocato più costoso trionferà sempre e comunque sull’operaio che si vede costretto dalle ristrettezze economiche a schierare un avvocato d’ufficio. Se ne evince che la libertà della repubblica democratica e liberale, tanto acclamata, è solo fittizia: ma, nonostante ciò, non si tratta di aggiungere all’uguaglianza politica e giuridica quella sociale, come credono alcune frange socialiste. Al contrario, per via delle contraddizioni eclatanti affiorate dalle prime due forme di “libertà”, si tratta di abbattere con le armi la repubblica democratica e liberale, perché infetta da ferite insanabili, e sostituirla con la dittatura del proletariato, caratterizzata dalla spiccata uguaglianza sociale. Per ricorrere ad un’immagine alquanto efficace, occorre abbattere l’edificio della repubblica democratica, poggiante su fondamenta instabili, per costruirne uno nuovo: quello comunista. Si può poi far notare che il comunismo, nella sua fase transitoria di dittatura, è sì una dittatura, ma è una dittatura democratica, perché instaurata dalla stragrande maggioranza degli uomini a vantaggio della stragrande maggioranza degli uomini. E si differenzia dalle altre dittature (tipo quella nazista e fascista) non solo perché è temporanea, ma anche per gli obiettivi a cui aspira: si propone infatti di liberare l’uomo dalle catene della servitù e dello sfruttamento; e come di una cura medica si è soliti guardare non tanto alle modalità, quanto piuttosto ai risultati, allo stesso modo è bene non guardare alle modalità con cui il comunismo si realizza, ma ai risultati cui esso conduce. E nel nostro caso, la posta in palio, ovvero la libertà reale del genere umano e il debellamento di ogni forma di schiavitù, è così alta da meritare di essere ottenuta con qualsiasi terapia, anche con le armi. E che si arrivi alla rivoluzione non dipende tanto dalla volontà delle classi subalterne, sfruttate all’esasperazione, quanto piuttosto dalle stesse condizioni generate dal sistema capitalistico.
Max
.......il mio obbiettivo di commento era un altro, spero che ciò che scrivo non sia d'iltralcio all'obbiettivo finale di chi scrive,il mio vuole essere solo un punto di confronto su due pensieri.
RispondiEliminaParliamo di dittatura, di classi sociali, di partiti che come loro obbiettivo hanno sempre la supremazia sul popolo, quindi una visione di oppressione di chi governa verso chi è sottomesso. Ma dai tempi antichi ogni forma di governo e di vita è basato su questo, chi comanda e chi esegue, in poche parole ognuno di noi avrà sempre chi è al di sopra di noi. Nel lungo commento si parla che come ultimo obbiettivo di un ideale comunista è l'ANARCHIA, ma anarchia equivale ad un popolo si libero da oppressioni, libero nel decidere, libero di fare le sue scelte in un paese democratico, ma significa anche uno Stato senza regole dove chiunque di noi può decidere cosa fare e decidere su coloro che sono deboli e quindi con la possibilità di essere comunque calpestati, perchè l'uomo è abituato a prevalere sempre su gli altri se tu glielo permetti, quindi anche qui, per me una forma di dittatura. Quindi secondo il mio punto di vista tutto ciò che io sogno e che vorrei sono dei sogni che possono essere pieni di utopia, ma che cambiando i punti di vista della stragrande maggioranza di noi si potrebbe vivere in un mondo libero da classi sociali, libero di fare le sue scelte, libero nei suoi pensieri e quindi un mondo dove uguaglianza sarà per tutti. Purtroppo viviamo in un mondo dove in ogni paese esiste chi comanda e chi esegue anche se a differenza di altre nazioni possiamo definirci dei privilegiati, sai dirmi tu dove esiste uno Stato dove le idee che hai scritto possono essere messe in pratica?????
L'obbiettivo finale deve essere sempre e comunque il bene dell'individuo a costo di sacrifici, ma oggi come siamo noi?? un mondo di egoisti che vivono esclusivamente per creare il proprio bene senza guardare oltre, senza vedere che esistono persone che hanno bisogno e nessuno le vede..............auguro al nostro futuro ideali che varrà davvero la pena per cui lottare e che il mondo si possa dire veramente libero e democratico