Sulla morte di Prospero Gallinari ne ho
sentite di cotte e di crude, tanti sproloqui apologetici, tante infime
denigrazioni, ma poche analisi serie, anche da parte di direttori di giornali
dalle grandi tirature, che oggi fanno la morale ad una sinistra che non
esiste.
Già, perché la sinistra ha
evidentemente deciso di darsi l'ultima letale randellata in testa andando a
braccetto con personaggi che di sinistra non sono mai stati, e anzi, si sono
messi in lista, pur avendo avuto un passato in formazioni di destra. Quella
destra che ai tempi di Gallinari, menava e ammazzava ragazzi di
sinistra.
Quindi, più che altro verrebbe da
chiedersi: ma di che cosa stiamo parlando?
Stiamo parlando di un uomo? Stiamo
parlando di un tempo, che sembra più che mai remoto? O stiamo parlando di un
presente di pietosa desertificazione di autentici valori e di rappresentanze di
sinistra?
Perché se consideriamo rappresentanza
solo il tentativo dell'ultima falce e martello rimasta di farsi disperatamente
propaganda, candidandosi alle elezioni e cannibalizzando quella che ha buttato
la bandiera rossa, con tutto ciò che l'accompagna, nello stanzino di una
procura, oppure parliamo di quella che ha firmato la carta di intenti e si
presenta per mettere una toppa nel vestito assai lacero per altro di chi ha
stracciato i diritti dei lavoratori, tagliato servizi essenziali e tartassato
tutti, a partire dai pensionati e dai lavoratori a reddito fisso, attribuendo la
fiducia a chi si è fatto sbeffeggiare pure dal Financial Times, che non è
proprio un giornale bolscevico, beh, siamo alquanto fuori strada.
E poi, guardiamola la sinistra cosa è
oggi: un continuo abbaiarsi gli uni contro gli altri di compagni o ex compagni
fino a qualche tempo fa nello stesso partito e che oggi, dopo varie e certe
volte meschine giravolte, non hanno di meglio da fare che azzannarsi gli uni
contro gli altri, quasi stessero un cerchio di cani pitbull da combattimento,
piuttosto che in una competizione elettorale
Ecco come è finita oggi la sinistra
italiana: in una pietosa quanto scassatissima cagnara.
Io me li ricordo con un misto di
tenerezza e di amarezza, gli anni delle BR (ma non loro), che nacquero quando
alcuni cosiddetti compagni, incazzati neri perché il PCI stava incamminandosi
verso la lunga marcia che lo avrebbe condotto tra non so quante mutazioni alla
conquista del potere, erano ossessionati dal fatto che non potesse esistere un
partito comunista che non fosse rivoluzionario, nell'unico modo in cui lo si può
essere, e cioè prendendo le armi.
Tutto questo assomiglia tanto ad un
incubo rancoroso piuttosto che a un vero sogno di libertà. E come tale, è
cresciuto e ha fatto le sue vittime, in primis l'intelligenza e la vera arma
rivoluzionaria: la coscienza di classe, abbandonate in nome di una incoscienza
cronica da combattente indefessamente e idiotamente inesausto.
Ma poi, contro chi si decise di
combattere? Spesso contro vittime inermi, bersagli disarmati, figure che
venivano individuate come nevralgiche ma che il sistema che si voleva
rivoluzionare era perfettamente in grado di sostituire, anzi che, dalla loro
eliminazione, spesso traeva pure vantaggio in vari casi.
E questo lo abbiamo visto soprattutto
con la tragica morte di Aldo Moro, più scomodo che per altri, al suo stesso
partito, a quello di opposizione con cui cercava un compromesso, e a
quell'impero bipolare che allora teneva in scacco l'Italia facendone anche il
teatro della sua losca guerra fredda, ma non tanto, perché sicuramente un
giorno, anche se non so ancora quando, purtroppo, certe stragi saranno
finalmente collocate nelle ondate di calore che quella stessa guerra non poi
così fredda generò.
Le BR sono di fatto servite per
stabilizzare quel sistema, non sono servite né per combatterlo e tanto meno per
contrastarlo, prova ne è che sono finite con esso. Erano solo pedoni con
velleità di re e regine. Quel sistema, cessate le ondate di calore da esso
stesso generate, si è semplicemente riciclato ed adattato ai nuovi tempi in cui
la guerra non è più condominiale tra est e ovest, ma globale tra nord e sud del
mondo.
E per questa nuova incombenza non
servono più finti antagonisti ma solo un blocco monolitico di potere che copra
tutto il cosiddetto “arco istituzionale”, magari impregnandolo trasversalmente
di losche congreghe autoreferenziali che garantiscano meglio l'efficienza del
divide et impera.
Lo stesso blocco imperante che vorrebbe
oggi, come ieri, autolegittimarsi ritirando fuori lo spauracchio di un passato
che è sepolto sotto tonnellate di macerie morali, economiche, sociali,
ideologiche e politiche, magari scatenandosi contro un funerale di vecchietti
che cantano l'Internazionale, al passaggio non tanto di una bara ma della loro
stessa vita, persa e sconfitta per sempre.
Certo che fa più compassione la silente
memoria di chi è stato ammazzato e non ha avuto da quello straccio di stato che
difendeva nemmeno un giusto riconoscimento per il merito di averci creduto e di
avere cercato di difenderlo.
Certo che ci viene un po' di rabbia a
sentire l'Internazionale ridotta ad un lugubre lamento funebre, quando dovrebbe
essere ancora l'inno ad un avvenire migliore, alla concreta speranza di una
umanità redenta dalla tragedia del profitto.
Ma poi, di che stato stiamo parlando?
Di quello che allora si voleva migliorare e che oggi non solo non ha saputo fare
un passettino avanti, ma nemmeno trovare mandanti e assassini di stragi tuttora
impunite, e che si rende pure complice di altre che si fanno ai danni di
popolazioni inermi a migliaia di chilometri da casa nostra bombardando le case e
i villaggi dove dimorano vecchi, donne e bambini? In paesi in cui si vorrebbe
esportare la democrazia ma in cui prospera la maggiore produzione di droga al
mondo? Di quello che sta smantellando sistematicamente il frutto della lotta
partigiana e dei lavoratori in durissime battaglie per la loro dignità ed
emancipazione? Di quello che ha ridotto il futuro dei giovani a deserto senza
miraggio? Che si accanisce contro disabili e pensionati?
Di quello che infine ci chiede “per
migliorarsi”, di votare con una legge definita dai suoi stessi artefici
“porcata”? Che affronta le emergenze sociali ed economiche, massacrando tutti ma
senza minimamente pensare almeno di cambiare i privilegi dello stesso
“porcile”?
Io voglio invece ostinatamente pensare
che sia lo stato che è nato da una Costituzione tuttora tra le migliori del
mondo, purtroppo immeritata da un popolo che si è genuflesso per millenni a
papi, re e imperatori e adesso si genuflette ai plutocrati e ai guitti da
baraccone.
E' questo, in definitiva il motivo del
fallimento di ogni anelito non solo rivoluzionario ma anche onestamente
riformista: il perdurare di un popolo complessivamente “porco”
E' però uno stato che deve ad una
minoranza di giusti la sua esistenza, quella dei partigiani-patrioti a cui le BR
usurparono ignominiosamente il nome, e a denunciarlo fu allora uno di loro, il
più amato da un popolo che forse non aveva ancora subito la paurosa mutazione
antropologica che lo ha fatto diventare animale da postribolo: Sandro Pertini,
che combatté le BR a viso aperto, valorosamente, da Presidente della Repubblica,
così come aveva combattuto a viso aperto la dittatura nazifascista e che un
giorno disse, dopo il funerale di una delle loro vittime, agli operai della FIOM
: “Io oggi non sono qua come Presidente della Repubblica, ma come il compagno
Sandro Pertini, io le Brigate Rosse le ho viste in faccia durante la Resistenza,
quelle erano le vere Brigate Rosse, quelli di oggi sono solo dei codardi,
ricordatevelo”
Ce lo ricordiamo, caro compagno
Presidente, ancora oggi, dopo tanto tempo, ma lo sapevamo anche allora, quando
il nostro grande sogno di cambiamento veniva spezzato, quando nelle piazze e
nelle strade dei lontani anni settanta, i nostri coetanei cadevano come mosche
senza nemmeno capire perché, o rendersi conto di cadere, non se ne rese conto
Giorgiana Masi e nemmeno Walter Rossi, e tanti altri come loro a cui il
terrorismo e le bombe facevano da lugubre scenario.
Oggi, di allora, conserviamo ancora la
nostra schiettezza, il nostro coraggio, la nostra autenticità, almeno quella di
chi non ha rinunciato a continuare a lottare nelle strade e nelle piazze,
accanto alle nuove e alle vecchie generazioni, senza farsi abbindolare
dall'ultimo pifferaio rivoluzionario di turno, ma senza nemmeno chiudersi
nell'eremo delle proprie onanistiche prediche postideologiche.
Perché la rivoluzione si fa con la
coscienza molto di più che con un mitra, si fa sporcandosi le mani e lottando
nei veri luoghi della sofferenza, del duro lavoro e della
marginalizzazione.
Resistendo! Resistendo!
Resistendo!
Si fa difendendo ed applicando quella
Costituzione che ci ha liberato da 85 anni di monarchia autocratica, infame e
socialmente iniqua, e da venti anni di una dittatura da lei adottata come figlia
degenere.
Guardando i funerali di Gallinari e
ascoltando l'Internazionale non ho provato né pena, né compassione e tanto meno
rabbia, ma solo un rimpianto, quello di un prolungato e meditato silenzio.
Max