Nella mente degli uomini cominciano le guerre, e nella mente degli uomini devono essere erette le difese della Pace. Con le pietre che ci ostacolano la strada si possono costruire cose meravigliose
martedì 30 luglio 2013
BERLUSCONI CONTINUA A GOVERNARE QUESTO PAESE !!!!!!!!
Ultim'ora da HARDCORE -......ADESSO BASTA!!!!! Me ne andrò solo quando lo decido io.....! Altro che la Cassazione e queste Procure comuniste che mi perseguitano da 20 anni!!! Ho fatto sempre tanta Peneficenza a tutte.... da Lavitola in giù.. ho fatto sempre LeleMosina a tutti.. Non ho mai fatto discriminazioni: nelle mie ville venivano tutti, ladri onesti e ladri disonesti, evasori fiscali e stallieri mafiosi.. giovincelle napoletane e giovincelle milanesi.. perfino CApeZZONE e la Santadeché si sono dovuti ricredere, ricordate la Daniela quando diceva "No no no, a Silvio non gliela do..", bene adesso invece mi difende più degli altri!!!! Ho accolto con generosità, servi,ambasciatori, Cardinali e capi di Stato, Dittatori africani e dittatori russi, persino Renzi è venuto a trovarmi ad Hardcore..Ho trattato tutti alla stessa maniera, senza alcuna differenza: io sono il vero comunista!!!! Ho regalato la mia amicizia, cultura e intelligenza alle "vajasse" napoletane e a quelle romane, alle olgettine milanesi e alle nipotine marocchine..TUTTE mi amano e tutti mi vogliono bene..Quando c'ero io non c'era disoccupazione: si mangiava, si beveva e si fotteva.. insomma con me lavoravano tutti: giornalisti e giornalai, carabinieri, finanzieri e poliziotti; avvocati, giudici e procuratori, escort maggiorenni ed escort minorenni; portaborse e voltagabbana, leccapiedi e servi sciocchi.. E, nonostante fossi divorziato, sono stato comunicato senza confessione e adesso, adesso arrivano quattro giudici da strapazzo e vogliono sapere come mi sono arricchito, i particolari della mia vita, ma scherziamo??? Che libertà è questa??? Mi dovevano fare Presidente della Repubblica e poi hanno rieletto un vecchio comunista, mi avevano promesso il Senato a vita e non se n'è fatto niente..Mi volevano fare Papa e non è stato possibile perché il mio cognome non è Borgia..E ADESSO? ADESSO I GIUDICI COMUNISTI mi vogliono in galera! Vogliono impedirmi di partecipare alle prossime ..erezioni! Proprio adesso che voglio sostituire l'IMU con la TOPA (Tassa per Ogni Persona Affamata) ? Ma scherziamo? Chiamerò a testimoniare gli otto milioni di italiani che mi hanno votato nonostante le accuse e le false intercettazioni delle Procure.. Mi farò consigliare dal mio CApeZZONE e dal grande Brunetta..anzi chiamerò anche Putin ma in galera no..! Come può la (S)CASSAZIONE condannare il miglior Presidente degli ultimi 150 anni? Come si fa a condannare un Presidente in odore di Santità.....
Un articolo simpatico e spiritoso????? anche se si modificano le parole ricordatevi una cosa " BERLUSCNI CI GOVERNA DA 20 ANNI"........noi lo prendiamo per il culo ma questo personaggio ha soggiogato tutti.
Morale???????????nessuna.......in questo paese abbiamo perso tutto
Max
venerdì 26 luglio 2013
LA CHIESA IMPONE IL SILENZIO A DON GIORGIO !!!!!!!
Trasferito il prete dissidente: "Volevano che cancellassi i post contro Berlusconi"
Don Giorgio è un parroco pacifista della chiesa di Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lecco)
La curia ha deciso da tempo di rimuovere don Giorgio De Capitani.
Don Giorgio è un parroco "dissidente" e pacifista della chiesa di Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lecco). Alcune settimane fa ha ricevuto una lettera dalla Congregazione del Clero di Roma che gli imponeva senza troppi giri di parole di rimuovere dal suo sito gli articoli critici su Silvio Berlusconi. Il Fatto Quotidiano fa luce su una storia che merita di essere raccontata.
Sarà trasferito altrove, dovrà lasciare la sua comunità. In passato si era parlato di lui quando aveva pubblicato su Facebook un appello per chiedere la celebrazione dei funerali di Vittorio Arrigoni nel Duomo di Milano.
Con il Cavaliere non è mai stato tenero: "Da anni sto dicendo che è un porco, corrotto e corruttore, pederasta, criminale, stragista! Va’ all’inferno, subito!”, “Non uccidete per favore Berlusconi: lo rendereste un martire o un simbolo”. Tra i suoi bersagli anche la Lega Nord (“analfabeta culturale”, “La Lega gli occhi ce li ha sul culo: vede solo ciò che la società espelle di brutto, e vorrebbe farne un cibo succulento per i suoi milioni di zombi”) e addirittura il Vaticano (“Il sesso è stato strumentalizzato dalla Chiesa, e non solo dalla Chiesa, come arma per soggiogare i fedeli”, “Anche il Vaticano è un puttanaio?”).
Ora che ha 75 anni arriva una inattesa richiesta di trasferimento del sacerdote, ma dagli incarichi pastorali Don Giorgio era già stato sollevato tre anni fa per limiti di età. Nulla di strano, quindi, a parte il fatto che la richiesta di trasferimento arriva un mese dopo la ricezione di una lettera direttamente da Roma.
Max
Don Giorgio è un parroco "dissidente" e pacifista della chiesa di Sant’Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lecco). Alcune settimane fa ha ricevuto una lettera dalla Congregazione del Clero di Roma che gli imponeva senza troppi giri di parole di rimuovere dal suo sito gli articoli critici su Silvio Berlusconi. Il Fatto Quotidiano fa luce su una storia che merita di essere raccontata.
Sarà trasferito altrove, dovrà lasciare la sua comunità. In passato si era parlato di lui quando aveva pubblicato su Facebook un appello per chiedere la celebrazione dei funerali di Vittorio Arrigoni nel Duomo di Milano.
Con il Cavaliere non è mai stato tenero: "Da anni sto dicendo che è un porco, corrotto e corruttore, pederasta, criminale, stragista! Va’ all’inferno, subito!”, “Non uccidete per favore Berlusconi: lo rendereste un martire o un simbolo”. Tra i suoi bersagli anche la Lega Nord (“analfabeta culturale”, “La Lega gli occhi ce li ha sul culo: vede solo ciò che la società espelle di brutto, e vorrebbe farne un cibo succulento per i suoi milioni di zombi”) e addirittura il Vaticano (“Il sesso è stato strumentalizzato dalla Chiesa, e non solo dalla Chiesa, come arma per soggiogare i fedeli”, “Anche il Vaticano è un puttanaio?”).
Ora che ha 75 anni arriva una inattesa richiesta di trasferimento del sacerdote, ma dagli incarichi pastorali Don Giorgio era già stato sollevato tre anni fa per limiti di età. Nulla di strano, quindi, a parte il fatto che la richiesta di trasferimento arriva un mese dopo la ricezione di una lettera direttamente da Roma.
“Il vicario episcopale di Lecco, monsignor Maurizio Rolla, – racconta don Giorgio- è venuto qui e mi ha letto una lettera della Congregazione del Clero. Mi chiedeva di togliere tutti gli articoli che riguardavano l’ex premier perché inciterei all’odio. Gli ho chiesto di lasciarmela perché l’avrei postata online per spiegare la rimozione dei contenuti ai miei lettori, ma non lo ha fatto. E io non ho cancellato nulla”. Negli anni scorsi il sacerdote è stato criticato più volte, anche dalla politica. Nel 2009, ad esempio, il medico del Cavaliere Alberto Zangrillo andò ad assistere a una sua messa. Interruppe la celebrazione per dirgli: “Si vergogni, lei sta facendo terrorismo”. Un episodio di cui si interessò anche l’allora viceministro delle infrastrutture Roberto Castelli, che chiese “un segnale ufficiale” alla diocesi di Milano, allora guidata Dionigi Tettamanzi, contro don Giorgio.La Chiesa si è sempre schierata ovviamente dalla parte di chi è benefattore,,,,,,,,quelli con i soldi ancor di più.
Max
giovedì 25 luglio 2013
VIVO IN UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA GOVERNATA DI NASCOSTO DA UNO STATO DI POLIZIA !!!!
ASSASSINATO !!!!!!!!! ITALIA UN REGIME DI POLIZIA
“Mi picchiano ma uscirò”. Invece Manuel muore in cella.
Manuel Eliantonio aveva appena compiuto 22 anni il giorno che è stato dichiarato morto, nel carcere di Marassi a Genova,per «dinamica non definita e patologia non identificata» dal medico del carcere. Dal giorno dopo la stampa nazionale racconta di un tossicodipendente deceduto in carcere dopo un’intossicazione da gas butano, sostanza spesso usata dai detenuti per stordirsi, in assenza di altre droghe.
La sera del 23 dicembre dello scorso anno una macchina con a bordo 5 ragazzi, di ritorno da una nottata in una discoteca di provincia, viene fermata dalla polizia stradale in un autogrill della A6 Torino-Savona. I fermati vengono obbligati alle analisi, che risultano positive: hanno assunto cannabis, cocaina e anfetamina. Manuel è l’unico dei cinque a reagire al fermo, fino al momento in cui tenta di fuggire dalla presa della polizia con la scusa di dover andare al bagno. Secondo la versione ufficiale è qui che compie l’ingenuità che lo porterà alla morte: Manuel si illude di poter fuggire, scavalca una rete metallica e si mette a correre tra i rovi che si trovano lungo l’autostrada. Viene ripreso immediatamente e a causa di quel tentativo di fuga è l’unico dei 5 a finire nella caserma di Savona.
Da lì l’immediata traduzione in carcere, con una denuncia per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.
Il 16 gennaio riesce ad ottenere la scarcerazione e gli arresti domiciliari in attesa di giudizio. L’istanza di scarcerazione si è mossa a rilento per una serie di piccoli precedenti penali: il ragazzo era stato precedentemente condannato per qualche piccolo furto e per ricettazione, reati connessi alla sua dipendenza dalla cocaina.
Da lì l’immediata traduzione in carcere, con una denuncia per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.
Il 16 gennaio riesce ad ottenere la scarcerazione e gli arresti domiciliari in attesa di giudizio. L’istanza di scarcerazione si è mossa a rilento per una serie di piccoli precedenti penali: il ragazzo era stato precedentemente condannato per qualche piccolo furto e per ricettazione, reati connessi alla sua dipendenza dalla cocaina.
Dipendenza che stava cercando di combattere con tutte le sue forze, tanto che da qualche mese era in cura al SERT, una cura che lo rendeva nervoso, depresso e spesso fiacco, ma che continuava per poter tornare ad una vita normale.
Rimane in carcere fino al 16 gennaio, quando gli vengono finalmente concessi gli arresti domiciliari in attesa di giudizio.
Il 25 marzo è nuovamente arrestato per non aver rispettato gli obblighi di dimora e a quel punto inizia il suo calvario. Nei 4 mesi di carcerazione che passano dal secondo arresto alla sua morte viene trasferito 4 volte. Dal carcere di Savona viene tradotto a Chiavari, poi a Torino per un’udienza (dove riesce a vedere i suoi familiari), poi di nuovo di passaggio a Savona, per finire , i primi di giugno, nelle celle del carcere genovese di Marassi dove morirà.
La condanna arriva il 4 giugno, durante la sua detenzione: 5 mesi e 10 giorni per resistenza a pubblico ufficiale. Si inizia a fare i conti dei giorni, programma una vacanza di una settimana con la sua fidanzata per la metà d’agosto, quando sarebbe dovuto uscire.
Il 20 luglio però, telefona dal carcere alla nonna: durante la telefonata denuncia di essere stato violentemente picchiato, di avere un occhio gonfio e totalmente nero e segni di botte su tutto il corpo. A quel punto la telefonata viene bruscamente interrotta dal centralino del carcere e la sua famiglia inizia a cercare l’avvocato per presentare un’immediata istanza di scarcerazione.
Appena 4 giorni dopo la mamma riceve una lettera con un timbro postale di due settimane prima, le parole di Manuel sono strozzate e sofferenti, quello che scrive è più che chiaro: «Carissime bamboline mie, mi dispiace che non vi ho fatto avere più mie notizie, ma anche io ho i miei problemi: mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana. Ora ho solo un occhio nero, mi riempiono di psicofarmaci, quelli che riesco li risputo ma se non li prendo mi ricattano. Sono in isolamento almeno 4 giorni alla settimana, è già tanto che ricevo le lettere. Sto mangiando poco.Ho fatto il processo il 4 giugno, mi hanno condannato a 5 mesi e 10 giorni. Facendo i calcoli, con la galera che ho già fatto da dicembre, dovrei essere fuori i primi d’agosto, se Dio vuole.» La mamma, Maria gli scrive subite un telegramma «Resisti, manca poco. Ti aspettiamo»ma Manuel non lo leggerà mai.
Rimane in carcere fino al 16 gennaio, quando gli vengono finalmente concessi gli arresti domiciliari in attesa di giudizio.
Il 25 marzo è nuovamente arrestato per non aver rispettato gli obblighi di dimora e a quel punto inizia il suo calvario. Nei 4 mesi di carcerazione che passano dal secondo arresto alla sua morte viene trasferito 4 volte. Dal carcere di Savona viene tradotto a Chiavari, poi a Torino per un’udienza (dove riesce a vedere i suoi familiari), poi di nuovo di passaggio a Savona, per finire , i primi di giugno, nelle celle del carcere genovese di Marassi dove morirà.
La condanna arriva il 4 giugno, durante la sua detenzione: 5 mesi e 10 giorni per resistenza a pubblico ufficiale. Si inizia a fare i conti dei giorni, programma una vacanza di una settimana con la sua fidanzata per la metà d’agosto, quando sarebbe dovuto uscire.
Il 20 luglio però, telefona dal carcere alla nonna: durante la telefonata denuncia di essere stato violentemente picchiato, di avere un occhio gonfio e totalmente nero e segni di botte su tutto il corpo. A quel punto la telefonata viene bruscamente interrotta dal centralino del carcere e la sua famiglia inizia a cercare l’avvocato per presentare un’immediata istanza di scarcerazione.

«Avevo un brutto presentimento» racconta Maria, «avevo qualcosa dentro che non andava e la sua lettera confermava le mie sensazioni.
Ho provato a chiedere un colloquio straordinario per vederlo prima della fine della settimana ma non me l’hanno concesso.Comunque non avrei fatto in tempo: moriva la mattina dopo.Infatti, il 25 luglio alle 9.25 mi arriva quella maledetta telefonata da Marassi “abbiamo una brutta notizia da darle, suo figlio è deceduto ma lei inutile che viene qui che non c’è più”.
Ho chiuso la comunicazione e sono partita subito per Genova, diretta verso l’obitorio del San Martino. Nel mio cuore speravo in uno sbaglio di persona, pregavo non fosse lui. Non me l’hanno fatto vedere subito, poi sono riuscita ad entrare. Ho trovato mio figlio con una maglietta non sua, che gli stava molto piccola, completamente coperto di lividi su tutto il corpo, con delle chiare tracce di sangue che dal naso salivano verso la fronte e i capelli.
Ho riscontrato diversi segni di percosse sul suo corpo e non mi sono mai stati restituiti i vestiti che indossava mentre moriva.
La pecca di mio figlio era la cannabis e la cocaina, ma era un buono, non faceva male a nessuno. Doveva essere curato e invece me l’hanno ammazzato. I giornali hanno scritto che si è ammazzato da solo col butano, ma lui aveva il terrore del gas da quando aveva 6 anni. E’ l’unica cosa che lo terrorizzava»
Ma forse non serve questo a capire che il butano è stata una scusa di comodo usata per la stampa: perché il butano non uccide lasciando il corpo martoriato, il butano non fa venire emorragie interne, il butano non sfigura il corpo pieno di vita di un ragazzo di appena 22 anni.

Ho chiuso la comunicazione e sono partita subito per Genova, diretta verso l’obitorio del San Martino. Nel mio cuore speravo in uno sbaglio di persona, pregavo non fosse lui. Non me l’hanno fatto vedere subito, poi sono riuscita ad entrare. Ho trovato mio figlio con una maglietta non sua, che gli stava molto piccola, completamente coperto di lividi su tutto il corpo, con delle chiare tracce di sangue che dal naso salivano verso la fronte e i capelli.
Ho riscontrato diversi segni di percosse sul suo corpo e non mi sono mai stati restituiti i vestiti che indossava mentre moriva.
La pecca di mio figlio era la cannabis e la cocaina, ma era un buono, non faceva male a nessuno. Doveva essere curato e invece me l’hanno ammazzato. I giornali hanno scritto che si è ammazzato da solo col butano, ma lui aveva il terrore del gas da quando aveva 6 anni. E’ l’unica cosa che lo terrorizzava»
Ma forse non serve questo a capire che il butano è stata una scusa di comodo usata per la stampa: perché il butano non uccide lasciando il corpo martoriato, il butano non fa venire emorragie interne, il butano non sfigura il corpo pieno di vita di un ragazzo di appena 22 anni.
Oggi come oggi posso dire che vivo in una repubblica governata dietro le quinte da uno "STATO FASCISTA POLIZIESCO".
Max
IL MONDO CHE VORREI: FANTASCIENZA!!!!!!
Governi del Mondo, stanchi giganti di carne e di acciaio, io vengo dal Cyberspazio, la nuova dimora della Mente. A nome del futuro, chiedo a voi, esseri del passato, di lasciarci soli. Non siete graditi fra di noi. Non avete alcuna sovranità sui luoghidove ci incontriamo
Noi non abbiamo alcun governo eletto, è anche probabile che non ne avremo alcuno, così mi rivolgo a voi con una autorità non più grande di quella con cui la libertà stessa, di solito, parla. Io dichiaro che lo spazio sociale globale che stiamo costruendo è per sua natura indipendente dalla tirannia che voi volete imporci. Non avete alcun diritto morale di governarci e non siete in possesso di alcun metodo di costrizione che noi ragionevolmente possiamo temere.
I Governi ottengono il loro potere dal consenso dei loro sudditi. Non ci avete chiesto né avete ricevuto il nostro. Noi non vi abbiamo invitati. Voi non ci conoscete e non conoscete neppure il nostro mondo. Il Cyberspazio non si trova all'interno dei vostri confini
Non pensate che esso si possa costruire come se fosse il progetto di un edifico pubblico. Non potete. È un atto di natura e si sviluppa per mezzo delle nostre azioni collettive. Non siete stati coinvolti nelle nostre grandi e partecipate discussioni e non avete creato il valore dei nostri mercati. Voi non conoscete la nostra cultura, la nostra etica, e nemmeno i codici non scritti che danno alla nostra società piu' ordine di quello che potrebbe essere ottenuto dalle vostre imposizioni.
Voi affermate che ci sono problemi fra di noi che hanno necessità di essere risolti da voi. Voi usate questa affermazione come un pretesto per invadere le nostre aree. Molti di questi problemi non esistono. Troveremo i conflitti reali e le cose che non vanno e li affronteremo con i nostri mezzi. Stiamo costruendo il nostro Contratto Sociale.
Questo potere si svilupperà secondo le condizioni del nostro mondo, non del vostro. Il nostro mondo è differente.
Il Cyberspazio è fatto di transazioni, di relazioni, e di pensiero puro disposti come un'onda permanente nella ragnatela delle nostre comunicazioni. l nostro è un mondo che si trova contemporaneamente dappertutto e da nessuna parte, ma non è dove vivono i nostri corpi.
Stiamo creando un mondo in cui tutti possano entrare senza privilegi o pregiudizi basati sulla razza, sul potere economico, sulla forza militare o per diritto acquisito.
Stiamo creando un mondo in cui ognuno in ogni luogo possa esprimere le sue idee, senza pregiudizio riguardo al fatto che siano strane, senza paura di essere costretto al silenzio o al conformismo.
I vostri concetti di proprietà, espressione, identità, movimento e contesto non si applicano a noi. Essi si basano sulla materia. Qui non c'è materia. Le nostre identità non hanno corpo, così, diversamente da voi, non possiamo arrivare all'ordine tramite la coercizione fisica. Noi crediamo che il nostro potere emergerà dall'etica, dal nostro interesse personale illuminato, dal mercato comune. Le nostre identità possono essere distribuite attraverso molte delle vostre giurisdizioni. L'unica legge che le nostre culture costituenti riconosceranno in modo diffuso sarà la Regola d'Oro. Sulla base di essa speriamo di essere capaci di adottare soluzioni specifiche. Non possiamo però accettare le soluzioni che state cercando di imporre.
Negli USA abbiamo creato un legge, il Telecommunications Reform Act, che è in contrasto con la nostra Costituzione e reca insulto ai sogni di Jefferson, Washington, Mill, Madison, DeToqueville e Brandeis. Questi sogni adesso devono rinascere in noi.
Siete terrorizzati dai vostri figli, poiché sono nati in un mondo che vi considererà sempre immigranti. Poiché li temete, affidate alle vostre burocrazie le responsabilità di genitori che siete troppo codardi per confrontare con voi stessi. Nel nostro mondo tutti i sentimenti e le espressioni di umanità, dalla più semplice a quella più angelica, sono parti di un tutto senza confini, il colloquio globale dei bits. Non possiamo separare l'aria che soffoca dall'aria spostata dalle ali.
In Cina, Germania, Francia, Russia, Singapore, Italia e Stati Uniti, state cercando di tener lontano il virus della libertà erigendo posti di guardia ai confini del Cyberspazio. Questi potranno controllare il contagio per un po' di tempo, ma poi non potrà funzionare in un mondo in cui i bits si insinueranno dappertutto.
Le vostre industrie dell'informazione, diventando obsolete, cercano di perpetuarsi proponendo leggi, in America e altrove, che affermano di possedere facoltà di parola in ogni parte del mondo. Queste leggi dichiarano che le idee sono dei prodotti industriali, meno preziosi della ghisa. Nel nostro mondo, tutte le creazioni della mente umana possono essere riprodotte e distribuite infinitamente a costo zero. La convenienza globale del pensiero non ha più bisogno delle vostre industrie.
Queste misure sempre più ostili e coloniali ci mettono nella stessa posizione di quegli antichi amanti della libertà e dell'autodeterminazione che furono costretti a rifiutare l'autorità di poteri distanti e poco informati. Noi dobbiamo dichiarare le nostre coscienze virtuali immuni dalla vostra sovranità, anche se continuiamo a permettervi di governare i nostri corpi. Noi ci espanderemo attraverso il Pianeta in modo tale che nessuno potrà fermare i nostri pensieri.
Noi creeremo nel Cyberspazio una civiltà della Mente. Possa essa essere più umana e giusta di quel mondo che i vostri governi hanno costruito finora.
Max
martedì 23 luglio 2013
BASTA STUPIDITA' !!!!!!
Sinceramente
a 58 anni non posso rimanere in silenzio su quello che vedo o su
quello che sento.....soprattutto in un paese che va di moda il
razzismo ......un razzismo alla casereccia fatto di motti e slogan,
di vignette o di link del momento.
Sono
anni che sono diventato polemico spesso insopportabile, non riesco a
stare zitto su nulla......non sopporto più la stupidità, sono un
fervente servitore della “coerenza”......sono un assiduo credente
“che il mondo è di tutti”.
Da
qui nasce la mia certezza che sono un vagabondo del vivere
tranquillo.....non posso essere razzista in facebook o al bar con gli
amici e partire per il mar dei Caraibi o in Thailandia per
“trombare”......non posso essere razzista ma affittare
l'appartamento in nero agli extracomunitari.......o razzista
incallito e convinto e poi far lavorare gli stranieri in modo
disumano........razzista se qualcuno stupra, guida ubriaco,
ruba......ci sarebbe qualche differenza se fosse bianco, fosse
italiano o tedesco abitasse sopra casa mia????poi subentra la
religione e anche qui le palle mi girano....sono stanco di Maometto
dei santi e dei patriarchi.....della politica poi voglio scappare
subito nel soffermarmi perchè i miei giudizi diventerebbero
offensivi al punto di una censura obbligata.
Ieri
sera è nato l'erede al trono d'Inghilterra. Ovviamente al bambino da
parte mia va la gioia come per qualsiasi bambino nato ieri in ogni
parte del mondo......ma sinceramente non me ne frega nulla riguardo i
mass media, perchè sto pensando che circa 215 milioni di bambini
lavorano in tutto il mondo , molti dei quali a tempo pieno . Questi
bambini non vanno a scuola e non hanno tempo per giocare. Molti non
ricevono cibo o cure adeguate. Si è negata la possibilità di essere
bambini. Più della metà di questi bambini sono esposti alle
peggiori forme di lavoro minorile, come il lavoro in ambienti
pericolosi, la schiavitù, e altre forme di lavoro forzato, attività
illecite tra cui traffico di droga e la prostituzione e la
partecipazione involontaria nei conflitti armati. Non posso essere
razzista perchè il moldavo sa da cipolla ed io da pastasciutta o da
pesto.....quando va in gabinetto, ivi compreso il premier il cantante
il dottore il capo di qualche chiesa fa la stessa cosa che faccio io,
compresa la regina........sempre la “cacca” fanno.
Sono
gli esempi e la coerenza che determinano la mia continua
incazzatura.....come le tasse.....quelli che rompono le scatole,
quelli che sono i paladini della regolarità sono quelli che non le
pagano e che non scendono mai in piazza a protestare.....odiamo i
cinesi???vendiamo ai cinesi perchè ti danno moneta subito......odiamo i
negri perchè vendono le borsette o altra oggettistica nelle strade????sono i bianchi che vendono a
loro la merce.....odiamo quelli dell'est?????sono quasi tutti che
fanno i lavori piu' faticosi o le badanti........odiano quelli dello
Sri Lanka???sono quasi tutti nei ristoranti sottopagati e
sfruttati.....suvvia amici questo razzismo casereccio comincia a
darmi fastidio veramente.
Problema dei sinti??????applicare la legge a tutti.......non mi interessa l'orgoglio siberiano o la tradizione delle famiglie.........la legge la applica ogni stato sovrano........le leggi sono da rispettare.
Rispetto delle minoranze etniche????che cazzo vuol dire?????io devo rispettare loro.....loro non rispettano me????follia di una falsa democrazia.
Problema dei sinti??????applicare la legge a tutti.......non mi interessa l'orgoglio siberiano o la tradizione delle famiglie.........la legge la applica ogni stato sovrano........le leggi sono da rispettare.
Rispetto delle minoranze etniche????che cazzo vuol dire?????io devo rispettare loro.....loro non rispettano me????follia di una falsa democrazia.
La
mia realtà?????semplice...........stupro???gli si taglia “il
pisello” non mi interessa se bianco nero giallo o rosso, si taglia
e zac un organo di meno......corri ubriaco in macchina ed uccidi una
ragazzina????carcere via la patente per sempre non mi interessa se bianco nero
giallo o rosso.......finti invalidi ?????zac,l carcere immediato per il
finto invalido e per colui che ha certificato
l'invalidità.......ovviamente bianco ed italiano.
Dai
l'obiettività da fastidio meglio coltivare la stupidità nel proprio
orticello e più conveniente.
Saluti
a tutti dalla persona piu' integra del mondo......(penso già a
pessimi giudizi nei miei confronti) ma questo non è vero perchè io
non sono altro che uno come tutti gli altri, con pregi e centinaia di
difetti ma ora mi sono rotto le palle di tutto
Max
venerdì 19 luglio 2013
DIMISSIONI DAL PD.........UNA SCELTA GIUSTISSIMA!!!!!!
VALENTINA SANNA..........SARDA.........MILITANTE DEL PARTITO DEMOCRATICO
La lettera aperta con la quale motivo le mie dimissioni dal PD.
È lunga, vi avverto.
"Vergogna.
Nella vasta gamma di sentimenti che ho provato in questi ultimi anni, e in special modo da quando ricopro un ruolo di primo piano nel Partito Democratico, questo mi mancava.
Rabbia, delusione, sgomento, sfiducia, sì. E a tratti rassegnazione. Poi tornavano la determinazione e la speranza, ora ammetto irragionevole, di riuscire a cambiare questo partito dall’interno.
Quello che provo oggi, però, è un sentimento nuovo che non trova più una giustificazione proporzionata al danno morale che il Pd sta infliggendo ai suoi elettori, ai militanti, agli iscritti. A me.
Dalle primarie ritoccate per la scelta dei parlamentari, alla drammatica vicenda dell’elezione del Capo dello Stato come anticamera al calice ben più amaro del Governo “di scopo” con il PDL di Berlusconi; ai 101 parlamentari del Partito Democratico che, uccidendo politicamente Prodi, hanno gettato una prima pietra tombale sulla speranza di una qualsiasi decente prospettiva che si fondi sulla fiducia, la tensione ideale e i bisogni veri di un popolo tenuto e guardato a distanza.
Un patrimonio di migliaia di militanti e iscritti che ne costituiscono la vera ossatura e che stiamo disperdendo con un’apparente, ostinata premeditazione.
L’amarezza e il sentimento di sfiducia che abbiamo lasciato loro dopo questi mesi assurdi ci stanno inchiodando a un destino fatale, per il Pd e tutto il centrosinistra.
Sì, perché se gli eventi gravissimi che si sono succeduti dal giorno dopo le elezioni meritavano un forte e aperto dissenso verso il partito e questo governo, quelli di oggi ci consegnano il ritratto di una classe politica alla bancarotta morale e civile.
Il mancato ridimensionamento dell’acquisto degli F35, promesso da Bersani e dal Pd, è il penultimo atto di arrogante noncuranza di fronte alle vere emergenze delle aziende che falliscono, di chi ha perso il lavoro, degli esodati, della scuola e dell’università che affondano sotto la scure dei tagli di bilancio.
I nostri parlamentari sardi non si sono distinti per dissenso. Come sul resto.
L’ultimo, è stato recapitare nelle mani di un dittatore al potere la moglie e la figlia di 6 anni del suo principale oppositore derubricandolo a imbarazzante incidente internazionale da risolversi con il prepensionamento di un opaco funzionario.
Non è solo Alfano a doversene andare a casa, sia chiaro, ma tutto questo improbabile Governo e una bella quantità di Parlamentari che, equamente distribuiti tra la Camera e il Senato, sono stati nominati esclusivamente per garantire la sopravvivenza di un dannoso, pervasivo sistema di potere.
Si cancelli il Porcellum, anche con decreto. Sono certa che Sel e M5S non farebbero mancare il loro appoggio. In mancanza di una nuova legge elettorale si torni almeno al Mattarellum. E poi, scioglimento delle Camere.
Perché, come diceva Berlinguer: “Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.”
Purtroppo, la nostra credibilità è andata perduta e non dobbiamo nasconderci che una larga parte dei nostri militanti, iscritti, simpatizzanti percepisce il Governo attuale come il frutto di un accordo tra oligarchie.
Un Governo che a Berlusconi serve, non più solo ad allontanare i suoi processi, ma a evitare le conseguenze di condanne che a un comune cittadino costerebbero ben altro castigo.
Lui, invece, può degnamente rappresentare il Senato della Repubblica con una condanna a 7 anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Su questo, Letta e Epifani si sono limitati a dire che rispettano la sentenza della magistratura quando invece avremmo dovuto votarne l’ineleggibilità.
Da qualunque lato la vogliamo guardare, per quante giustificazioni vogliamo trovare, penso che il governo con questo centrodestra sia un danno collaterale inaccettabile e che un gruppo dirigente che ha condotto (per imperizia o per oscuro calcolo) il nostro partito a uno stato di così grave necessità difficilmente possa recuperare la fiducia di chi oggi pensa che il suo voto non serva a cambiare niente.
Berlinguer diceva: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. “
Era il 1981 e oggi subiamo drammaticamente gli effetti di questa mostruosa degenerazione.
Si può cambiare? È dura. Ma sì, si può. Si deve, se vogliamo dare una speranza, non tanto e non solo al Pd o al centrosinistra, quanto al nostro Paese e, per quanto ci riguarda più da vicino, la Sardegna.
Con qualche rara eccezione, in questi sessant’anni e più di sciupata Autonomia, la classe politica che si è alternata al governo della nostra regione ha amministrato l’enorme capitale di persone, culture e territorio in modo miope o, spesso, dissennato.
Una politica industriale pesante e a corto respiro, la svendita di larghe fette di paradiso ambientale destinate a servitù militari che costituiscono il 70% dell’intero presidio su suolo nazionale, hanno compromesso per sempre ecosistemi unici al mondo, senza neanche il lascito di un po’ di ricchezza condivisa con le multinazionali del petrolio o delle armi.
Dobbiamo essere onesti, se la politica ha fatto qualche passo sul fronte dei poligoni militari, è stato sulla spinta di un tenace comitato e di pezzi della società civile che, insieme alle inchieste di un giornalista cagliaritano, hanno convinto un risoluto magistrato ad aprire un processo che ha potuto individuare una parte di responsabilità, politica e militare, per i pesanti danni dell’inquinamento.
Il tema del ricambio della classe politica è cruciale e non più rinviabile. Ma non servono un semplice rinnovamento generazionale, o un congresso guidato dai soliti, intramontabili capicorrente. Serve una svolta culturale, un affrancamento dal potere del capo locale. È necessario sottrarsi al suo ricatto, e riconoscere che in nome dei vantaggi che ne possiamo ricevere (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti), accettiamo iniqui favoritismi e arbitrarie discriminazioni.
Quindi, o si cambia profondamente, o si muore.
Il presupposto per competere con un centrodestra regionale in ripresa è riconquistare l’attenzione e la fiducia di quelle persone che non ci votano più, rifugiandosi chi nell’astensione, chi nel voto di protesta.
Le primarie possono essere, se le lasciamo aperte alla partecipazione di tutti, una straordinaria occasione di rilancio, non solo per chi ne avrà in capo la leadership ma per tutto il centrosinistra.
A patto che si abbiano lungimiranza e coraggio nel proporre ai sardi persone e programmi credibili, che segnino una forte discontinuità con quella parte di classe dirigente che ancora oggi occupa, a vari livelli, le istituzioni, i consigli di amministrazione, gli enti regionali, le organizzazioni sindacali e, nonostante gli scandali e l’inopportunità di evidenti contiguità con i partiti, le fondazioni bancarie. Invece, tutto scorre, come se niente fosse.
La scuola e l’università dovrebbero essere le priorità di un qualunque soggetto politico che, nel segno dell’innovazione, si voglia candidare a costruire la Sardegna dei prossimi 30 anni. Diversamente, non ci sarà classe dirigente, formata e consapevole delle enormi sfide che ci attendono.
A questi temi decisivi, aggiungerei la difesa dell’ambiente e del territorio, con un progetto di sviluppo alternativo all’industria chimica e pesante che ha invece caratterizzato le politiche degli anni della Rinascita fino alla attuale devastante crisi; un progetto capace di riconvertire, dove si può, impianti obsoleti e abbandonati da società rapaci e ormai delocalizzate in paesi dove la manodopera a basso costo consente ampi margini di guadagno con il minimo investimento.
Serve un’idea di valorizzazione delle nostre risorse naturali che non siano la ricerca del metano a migliaia di metri di profondità del sottosuolo o la cessione di ampi territori alle multinazionali dell’eolico e del fotovoltaico, per di più senza che ci sia una significativa ricaduta sulla nostra economia. Piuttosto, serve credere e investire sul nostro potenziale nel settore dell’agricoltura; sulle nostre specialità, sulla cultura e sul turismo, nelle coste come nelle nostre splendide zone interne.
Stiamo invece assistendo, senza che ci sia stata una vera opposizione, alla svendita e alla mostruosa cementificazione che, in tutta la Sardegna e in modo particolare in Costa Smeralda, Cappellacci e il centrodestra stanno consentendo con i vari piani casa.
Purtroppo, la resistenza al cambiamento è connaturata all’essere umano. Nonostante milioni di anni di evoluzione ci dicano il contrario, continuiamo a pensare che la sopravvivenza nostra o del nostro gruppo, sia più importante del miglioramento di tutta la specie. A questa convinzione sacrifichiamo qualunque cosa, anche di fronte all’evidenza che non è più il bene comune ciò che stiamo perseguendo.
In fondo, è stato questo il male che ha colpito i partiti e, alla fine, la nostra società.
Le vicende che nelle ultime settimane hanno occupato le pagine dei giornali, il Parlamento e l’aula del Consiglio regionale parlano anche e soprattutto di questo.
Da noi, anche il passaggio vergognoso sulla legge elettorale approvata di recente con l’esclusione della doppia preferenza di genere ci restituisce il ritratto di una classe politica, per lo più maschilista e retrograda, arroccata su una montagna di insopportabili privilegi.
Si capisce che un’assemblea regionale che su 80 consiglieri conta sole 7 donne e che ha dovuto ridurre sensibilmente il numero dei seggi nel parlamento sardo, non tema di cancellare la rappresentanza di genere femminile; l’eliminazione del listino del Presidente renderà questa eventualità drammaticamente concreta.
Il rischio che venisse affossato l’emendamento esisteva, in tanti l’abbiamo denunciato e si è concretizzato. E quel voto segreto, anche su una questione come questa, è stato offensivo e vile.
Il Gruppo del Partito Democratico ha poi presentato una nuova proposta di legge con un solo articolo, proprio sulla doppia preferenza. Era una nuova occasione, la nostra battaglia di civiltà. Dicevano si sarebbe discussa nel giro di qualche giorno. Che fine ha fatto?
Come in altre occasioni, dalla Sardegna alla Penisola, assistiamo pressoché inermi a delle vuote enunciazioni. Sembra tutto finito nel nulla, soverchiato da altri problemi, affrontati solo per titoli e per distogliere l’attenzione dalle insufficienze di un Consiglio regionale ormai concentrato quasi esclusivamente sulle prossime elezioni.
Come Presidente del Pd sardo, vivo la contraddizione tra il sentimento calpestato del militante e la responsabilità del dirigente di partito. E l’equivoco, alimentato da chi pretende il silenzio di fronte a colpevoli mancanze, che io debba rappresentare chi governa e rovina il Pd piuttosto che i suoi elettori e la base.
Lascio questo Pd perché, pur con il rispetto verso le tante persone che ho cercato di rappresentare con dignità e onestà e verso le quali resta immutata la vicinanza, la stima e la disponibilità a un lavoro comune, non mi riconosco affatto in chi lo governa realmente a livello nazionale e regionale. Ma le energie che ho profuso in tutti questi anni nella speranza di poter incidere positivamente sul cambiamento, pur con i miei errori che certamente non sono mancati, non si esauriranno con la rinuncia al mio ruolo di rappresentanza.
Proseguirò, con rinnovata passione e determinazione, l’impegno politico. Solo, proverò a seguire una strada più coerente con il mio sentire.
Perché torniamo a dire, come Berlinguer: «Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini, con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati insieme...»
La lettera aperta con la quale motivo le mie dimissioni dal PD.
È lunga, vi avverto.
"Vergogna.
Nella vasta gamma di sentimenti che ho provato in questi ultimi anni, e in special modo da quando ricopro un ruolo di primo piano nel Partito Democratico, questo mi mancava.
Rabbia, delusione, sgomento, sfiducia, sì. E a tratti rassegnazione. Poi tornavano la determinazione e la speranza, ora ammetto irragionevole, di riuscire a cambiare questo partito dall’interno.
Quello che provo oggi, però, è un sentimento nuovo che non trova più una giustificazione proporzionata al danno morale che il Pd sta infliggendo ai suoi elettori, ai militanti, agli iscritti. A me.
Dalle primarie ritoccate per la scelta dei parlamentari, alla drammatica vicenda dell’elezione del Capo dello Stato come anticamera al calice ben più amaro del Governo “di scopo” con il PDL di Berlusconi; ai 101 parlamentari del Partito Democratico che, uccidendo politicamente Prodi, hanno gettato una prima pietra tombale sulla speranza di una qualsiasi decente prospettiva che si fondi sulla fiducia, la tensione ideale e i bisogni veri di un popolo tenuto e guardato a distanza.
Un patrimonio di migliaia di militanti e iscritti che ne costituiscono la vera ossatura e che stiamo disperdendo con un’apparente, ostinata premeditazione.
L’amarezza e il sentimento di sfiducia che abbiamo lasciato loro dopo questi mesi assurdi ci stanno inchiodando a un destino fatale, per il Pd e tutto il centrosinistra.
Sì, perché se gli eventi gravissimi che si sono succeduti dal giorno dopo le elezioni meritavano un forte e aperto dissenso verso il partito e questo governo, quelli di oggi ci consegnano il ritratto di una classe politica alla bancarotta morale e civile.
Il mancato ridimensionamento dell’acquisto degli F35, promesso da Bersani e dal Pd, è il penultimo atto di arrogante noncuranza di fronte alle vere emergenze delle aziende che falliscono, di chi ha perso il lavoro, degli esodati, della scuola e dell’università che affondano sotto la scure dei tagli di bilancio.
I nostri parlamentari sardi non si sono distinti per dissenso. Come sul resto.
L’ultimo, è stato recapitare nelle mani di un dittatore al potere la moglie e la figlia di 6 anni del suo principale oppositore derubricandolo a imbarazzante incidente internazionale da risolversi con il prepensionamento di un opaco funzionario.
Non è solo Alfano a doversene andare a casa, sia chiaro, ma tutto questo improbabile Governo e una bella quantità di Parlamentari che, equamente distribuiti tra la Camera e il Senato, sono stati nominati esclusivamente per garantire la sopravvivenza di un dannoso, pervasivo sistema di potere.
Si cancelli il Porcellum, anche con decreto. Sono certa che Sel e M5S non farebbero mancare il loro appoggio. In mancanza di una nuova legge elettorale si torni almeno al Mattarellum. E poi, scioglimento delle Camere.
Perché, come diceva Berlinguer: “Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.”
Purtroppo, la nostra credibilità è andata perduta e non dobbiamo nasconderci che una larga parte dei nostri militanti, iscritti, simpatizzanti percepisce il Governo attuale come il frutto di un accordo tra oligarchie.
Un Governo che a Berlusconi serve, non più solo ad allontanare i suoi processi, ma a evitare le conseguenze di condanne che a un comune cittadino costerebbero ben altro castigo.
Lui, invece, può degnamente rappresentare il Senato della Repubblica con una condanna a 7 anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Su questo, Letta e Epifani si sono limitati a dire che rispettano la sentenza della magistratura quando invece avremmo dovuto votarne l’ineleggibilità.
Da qualunque lato la vogliamo guardare, per quante giustificazioni vogliamo trovare, penso che il governo con questo centrodestra sia un danno collaterale inaccettabile e che un gruppo dirigente che ha condotto (per imperizia o per oscuro calcolo) il nostro partito a uno stato di così grave necessità difficilmente possa recuperare la fiducia di chi oggi pensa che il suo voto non serva a cambiare niente.
Berlinguer diceva: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. “
Era il 1981 e oggi subiamo drammaticamente gli effetti di questa mostruosa degenerazione.
Si può cambiare? È dura. Ma sì, si può. Si deve, se vogliamo dare una speranza, non tanto e non solo al Pd o al centrosinistra, quanto al nostro Paese e, per quanto ci riguarda più da vicino, la Sardegna.
Con qualche rara eccezione, in questi sessant’anni e più di sciupata Autonomia, la classe politica che si è alternata al governo della nostra regione ha amministrato l’enorme capitale di persone, culture e territorio in modo miope o, spesso, dissennato.
Una politica industriale pesante e a corto respiro, la svendita di larghe fette di paradiso ambientale destinate a servitù militari che costituiscono il 70% dell’intero presidio su suolo nazionale, hanno compromesso per sempre ecosistemi unici al mondo, senza neanche il lascito di un po’ di ricchezza condivisa con le multinazionali del petrolio o delle armi.
Dobbiamo essere onesti, se la politica ha fatto qualche passo sul fronte dei poligoni militari, è stato sulla spinta di un tenace comitato e di pezzi della società civile che, insieme alle inchieste di un giornalista cagliaritano, hanno convinto un risoluto magistrato ad aprire un processo che ha potuto individuare una parte di responsabilità, politica e militare, per i pesanti danni dell’inquinamento.
Il tema del ricambio della classe politica è cruciale e non più rinviabile. Ma non servono un semplice rinnovamento generazionale, o un congresso guidato dai soliti, intramontabili capicorrente. Serve una svolta culturale, un affrancamento dal potere del capo locale. È necessario sottrarsi al suo ricatto, e riconoscere che in nome dei vantaggi che ne possiamo ricevere (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti), accettiamo iniqui favoritismi e arbitrarie discriminazioni.
Quindi, o si cambia profondamente, o si muore.
Il presupposto per competere con un centrodestra regionale in ripresa è riconquistare l’attenzione e la fiducia di quelle persone che non ci votano più, rifugiandosi chi nell’astensione, chi nel voto di protesta.
Le primarie possono essere, se le lasciamo aperte alla partecipazione di tutti, una straordinaria occasione di rilancio, non solo per chi ne avrà in capo la leadership ma per tutto il centrosinistra.
A patto che si abbiano lungimiranza e coraggio nel proporre ai sardi persone e programmi credibili, che segnino una forte discontinuità con quella parte di classe dirigente che ancora oggi occupa, a vari livelli, le istituzioni, i consigli di amministrazione, gli enti regionali, le organizzazioni sindacali e, nonostante gli scandali e l’inopportunità di evidenti contiguità con i partiti, le fondazioni bancarie. Invece, tutto scorre, come se niente fosse.
La scuola e l’università dovrebbero essere le priorità di un qualunque soggetto politico che, nel segno dell’innovazione, si voglia candidare a costruire la Sardegna dei prossimi 30 anni. Diversamente, non ci sarà classe dirigente, formata e consapevole delle enormi sfide che ci attendono.
A questi temi decisivi, aggiungerei la difesa dell’ambiente e del territorio, con un progetto di sviluppo alternativo all’industria chimica e pesante che ha invece caratterizzato le politiche degli anni della Rinascita fino alla attuale devastante crisi; un progetto capace di riconvertire, dove si può, impianti obsoleti e abbandonati da società rapaci e ormai delocalizzate in paesi dove la manodopera a basso costo consente ampi margini di guadagno con il minimo investimento.
Serve un’idea di valorizzazione delle nostre risorse naturali che non siano la ricerca del metano a migliaia di metri di profondità del sottosuolo o la cessione di ampi territori alle multinazionali dell’eolico e del fotovoltaico, per di più senza che ci sia una significativa ricaduta sulla nostra economia. Piuttosto, serve credere e investire sul nostro potenziale nel settore dell’agricoltura; sulle nostre specialità, sulla cultura e sul turismo, nelle coste come nelle nostre splendide zone interne.
Stiamo invece assistendo, senza che ci sia stata una vera opposizione, alla svendita e alla mostruosa cementificazione che, in tutta la Sardegna e in modo particolare in Costa Smeralda, Cappellacci e il centrodestra stanno consentendo con i vari piani casa.
Purtroppo, la resistenza al cambiamento è connaturata all’essere umano. Nonostante milioni di anni di evoluzione ci dicano il contrario, continuiamo a pensare che la sopravvivenza nostra o del nostro gruppo, sia più importante del miglioramento di tutta la specie. A questa convinzione sacrifichiamo qualunque cosa, anche di fronte all’evidenza che non è più il bene comune ciò che stiamo perseguendo.
In fondo, è stato questo il male che ha colpito i partiti e, alla fine, la nostra società.
Le vicende che nelle ultime settimane hanno occupato le pagine dei giornali, il Parlamento e l’aula del Consiglio regionale parlano anche e soprattutto di questo.
Da noi, anche il passaggio vergognoso sulla legge elettorale approvata di recente con l’esclusione della doppia preferenza di genere ci restituisce il ritratto di una classe politica, per lo più maschilista e retrograda, arroccata su una montagna di insopportabili privilegi.
Si capisce che un’assemblea regionale che su 80 consiglieri conta sole 7 donne e che ha dovuto ridurre sensibilmente il numero dei seggi nel parlamento sardo, non tema di cancellare la rappresentanza di genere femminile; l’eliminazione del listino del Presidente renderà questa eventualità drammaticamente concreta.
Il rischio che venisse affossato l’emendamento esisteva, in tanti l’abbiamo denunciato e si è concretizzato. E quel voto segreto, anche su una questione come questa, è stato offensivo e vile.
Il Gruppo del Partito Democratico ha poi presentato una nuova proposta di legge con un solo articolo, proprio sulla doppia preferenza. Era una nuova occasione, la nostra battaglia di civiltà. Dicevano si sarebbe discussa nel giro di qualche giorno. Che fine ha fatto?
Come in altre occasioni, dalla Sardegna alla Penisola, assistiamo pressoché inermi a delle vuote enunciazioni. Sembra tutto finito nel nulla, soverchiato da altri problemi, affrontati solo per titoli e per distogliere l’attenzione dalle insufficienze di un Consiglio regionale ormai concentrato quasi esclusivamente sulle prossime elezioni.
Come Presidente del Pd sardo, vivo la contraddizione tra il sentimento calpestato del militante e la responsabilità del dirigente di partito. E l’equivoco, alimentato da chi pretende il silenzio di fronte a colpevoli mancanze, che io debba rappresentare chi governa e rovina il Pd piuttosto che i suoi elettori e la base.
Lascio questo Pd perché, pur con il rispetto verso le tante persone che ho cercato di rappresentare con dignità e onestà e verso le quali resta immutata la vicinanza, la stima e la disponibilità a un lavoro comune, non mi riconosco affatto in chi lo governa realmente a livello nazionale e regionale. Ma le energie che ho profuso in tutti questi anni nella speranza di poter incidere positivamente sul cambiamento, pur con i miei errori che certamente non sono mancati, non si esauriranno con la rinuncia al mio ruolo di rappresentanza.
Proseguirò, con rinnovata passione e determinazione, l’impegno politico. Solo, proverò a seguire una strada più coerente con il mio sentire.
Perché torniamo a dire, come Berlinguer: «Lavorate tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini, con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati insieme...»
giovedì 18 luglio 2013
QUESTI PESTAGGI COMINCIANO A PREOCCUPARE !!!!!!
Shalabayeva: parla Bolat Seraliev, il cognato di Alma: "Mi hanno picchiato a sangue e umiliato"

Sono stati i tre giorni che hanno "stravolto" le loro vite, vogliono raccontare cosa hanno passato ad una nazione che li ha fatti "sentire a casa ma dove all'improvviso" sono stati "umiliati, maltrattati, offesi".
Così, intervistati dalla Stampa, i familiari degli Ablyazov - Venera, la sorella di Alma Shalabayeva, suo marito Bolat Seraliev, la figlia Adiya di 9 anni e Madina, figlia di Alma e Mukhtar Ablyazov - raccontano il blitz che ha portato all'espulsione di Alma e della figlia Alua.
Cinque minuti dopo la mezzanotte del 29 maggio, racconta Bolat, "ci stavamo addormentando quando improvvisamente abbiamo sentito un gran frastuono". "Una ventina di persone vestite in abiti civili si riversa nel salotto - dice Venera -, tutti uomini e una donna, strillano in continuazione, sembrano gangster". Entrano nelle stanze delle bambine, "controllano i materassi", "sotto i letti".
Picchiano Bolat: "Prima alla testa - racconta l'uomo - poi dietro la schiena, sono colpi forti, inizio a sanguinare dalla bocca e mi portano al bagno, spingendomi a lavarmi in fretta la faccia, il sangue scorreva senza fermarsi e lo inghiottivo. Dopo che mi hanno picchiato in camera sono stato condotto nella sala, dove uno dei poliziotti ha detto, anzi, l'ha fatto capire con gesti, che dopo avermi spaccato un occhio mi avrebbe spaccato anche l'altro, poi mi avrebbe rotto i denti e infine ha fatto un gesto per dire che mi avrebbe tagliato la gola". Poi l'umiliazione, concedendogli di andare al bagno ma facendogli tenere la porta aperta: "Dovevo stare seduto sul wc e mi vedevano tutti". Bolat ha anche detto di aver avuto paura di morire: "Temo ci uccideranno", aveva detto ad Alma la notte del primo blitz.
Il pestaggio raccontato da Bolat contrasta con quanto affermato dall'inchiesta amministrativa del ministero degli Interni (leggi il documento sotto). "Per inciso - si legge - va rilevato che risultano infondate le affermazioni riportate dagli organi di stampa secondo le quali il citato Seraliyeu Bolat sarebbe stato percosso durante l'irruzione, riportando ferite al volto".
Intorno alle 4 del mattino, non avendo trovato il dissidente Mukhtar, gli uomini conducono Alma e Bolat prima in "un palazzo alla cui entrata c'è un grande arco", poi "in una specie di caserma", infine separati. Alma la sera dopo dorme "negli uffici dell'immigrazione" e Bolat torna a casa.
Alle 6,30 del mattino del 31 maggio circa 15 uomini armati tornano nella villa, portano Bolat a Roma "per ulteriori accertamenti", racconta Venera, "prendono tutti i nostri averi" e "cinque uomini armati chiedono di prendere Alua".
Gli agenti la fanno parlare al telefono con un donna che, in russo, le dice: "Sono il tuo avvocato, non ti preoccupare, vogliono solo portare Alua dalla madre in via Nazionale".
Venera la accompagna ma spiega che lei e la piccola vengono portate all'aeroporto di Ciampino.
"Dieci giorni fa - aggiunge Madina - la Farnesina mi ha chiesto il suo telefono (della madre, ndr) ad Almaty, gli ho dato tre numeri ed ancora nessuno l'ha chiamata. Non lo ha fatto né il console né l'ambasciatore né nessuno da Roma".
Caro Presidente della Repubblica........convochi urgentemente il Capo della Polizia perchè in questo paese la Polizia deve smetterla di "PICCHIARE" la gente per qualsiasi motivo.......siamo stanchi di questi processi farsa che assolvono questi torturatori con la scusante di aver svolto il proprio dovere...........questo potere paramilitare stona ad un paese democratico........questi poteri trasversali cominciano a preoccuparmi.
Secondo il mio modesto parere si dovrebbe rivedere totalmente cosa insegnano dentro le caserme.......un pericolo evidentemente si nasconde dietro a qualcosa.
Max
Così, intervistati dalla Stampa, i familiari degli Ablyazov - Venera, la sorella di Alma Shalabayeva, suo marito Bolat Seraliev, la figlia Adiya di 9 anni e Madina, figlia di Alma e Mukhtar Ablyazov - raccontano il blitz che ha portato all'espulsione di Alma e della figlia Alua.
Cinque minuti dopo la mezzanotte del 29 maggio, racconta Bolat, "ci stavamo addormentando quando improvvisamente abbiamo sentito un gran frastuono". "Una ventina di persone vestite in abiti civili si riversa nel salotto - dice Venera -, tutti uomini e una donna, strillano in continuazione, sembrano gangster". Entrano nelle stanze delle bambine, "controllano i materassi", "sotto i letti".
Picchiano Bolat: "Prima alla testa - racconta l'uomo - poi dietro la schiena, sono colpi forti, inizio a sanguinare dalla bocca e mi portano al bagno, spingendomi a lavarmi in fretta la faccia, il sangue scorreva senza fermarsi e lo inghiottivo. Dopo che mi hanno picchiato in camera sono stato condotto nella sala, dove uno dei poliziotti ha detto, anzi, l'ha fatto capire con gesti, che dopo avermi spaccato un occhio mi avrebbe spaccato anche l'altro, poi mi avrebbe rotto i denti e infine ha fatto un gesto per dire che mi avrebbe tagliato la gola". Poi l'umiliazione, concedendogli di andare al bagno ma facendogli tenere la porta aperta: "Dovevo stare seduto sul wc e mi vedevano tutti". Bolat ha anche detto di aver avuto paura di morire: "Temo ci uccideranno", aveva detto ad Alma la notte del primo blitz.
Il pestaggio raccontato da Bolat contrasta con quanto affermato dall'inchiesta amministrativa del ministero degli Interni (leggi il documento sotto). "Per inciso - si legge - va rilevato che risultano infondate le affermazioni riportate dagli organi di stampa secondo le quali il citato Seraliyeu Bolat sarebbe stato percosso durante l'irruzione, riportando ferite al volto".
Intorno alle 4 del mattino, non avendo trovato il dissidente Mukhtar, gli uomini conducono Alma e Bolat prima in "un palazzo alla cui entrata c'è un grande arco", poi "in una specie di caserma", infine separati. Alma la sera dopo dorme "negli uffici dell'immigrazione" e Bolat torna a casa.
Alle 6,30 del mattino del 31 maggio circa 15 uomini armati tornano nella villa, portano Bolat a Roma "per ulteriori accertamenti", racconta Venera, "prendono tutti i nostri averi" e "cinque uomini armati chiedono di prendere Alua".
Gli agenti la fanno parlare al telefono con un donna che, in russo, le dice: "Sono il tuo avvocato, non ti preoccupare, vogliono solo portare Alua dalla madre in via Nazionale".
Venera la accompagna ma spiega che lei e la piccola vengono portate all'aeroporto di Ciampino.
"Dieci giorni fa - aggiunge Madina - la Farnesina mi ha chiesto il suo telefono (della madre, ndr) ad Almaty, gli ho dato tre numeri ed ancora nessuno l'ha chiamata. Non lo ha fatto né il console né l'ambasciatore né nessuno da Roma".
Caro Presidente della Repubblica........convochi urgentemente il Capo della Polizia perchè in questo paese la Polizia deve smetterla di "PICCHIARE" la gente per qualsiasi motivo.......siamo stanchi di questi processi farsa che assolvono questi torturatori con la scusante di aver svolto il proprio dovere...........questo potere paramilitare stona ad un paese democratico........questi poteri trasversali cominciano a preoccuparmi.
Secondo il mio modesto parere si dovrebbe rivedere totalmente cosa insegnano dentro le caserme.......un pericolo evidentemente si nasconde dietro a qualcosa.
Max
mercoledì 17 luglio 2013
LE STORIELLE NON REGGONO PIU'..........."RINASCITA"
QUESTO PAESE E' NATO NEL SEGNO DELLE
STORIELLE......DAL 1945 AD OGGI LE STORIELLE HANNO PESATO MOLTISSIMO
NELLA VITA POLITICA DEL PAESE....OGGI VEDIAMO CHE QUESTA REALTA' HA
PRESO TALMENTE FORMA CHE GLI STESSI POLITICI NON CREDONO A QUELLO CHE
SONO RIUSCITI A CREARE. BASTA GUARDARLI E SENTIRLI PER RENDERSI CONTO
CHE SONO LI PERCHE' L'ELETTORE COSI VUOLE......LA DEMOCRAZIA E'
QUESTA......INUTILE SPACCARSI LA TESTA, INVENTARSI VIGNETTE SLOGAN O
ALTRO SERVE SOLO PER FARSI UNA RISATA ......
LA CASTA VIVE E VEGETA PERCHE' COSI
VUOLE IL POPOLO SOVRANO, PUNTO. BASTA GUARDARE IL QUADRO NON SINCERO
CHE TUTTI FANNO ATTORNO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
NAPOLITANO.......ADESSO I MONITI PER COLORO CHE LO ATTACCANO …..
“NESSUNO TOCCHI IL PRESIDENTE”.........”IL PRESIDENTE E' LA
GARANZIA DELLO STATO”.....POI INIZIANO LA STORIELLA DEL PAESE IN
ROVINA........LA STORIELLA DEI SACRIFICI.......LA STORIELLA
DELL'OCCUPAZIONE, SONO ANCORA LI A MENARSELA SOLO PERCHE' HANNO
CAPITO CHE IN QUESTO PAESE NON ESISTE MOVIMENTO PERICOLOSO DI
PIAZZA...........LA GENTE E' STANCA NON CREDE PIU' A NULLA, E QUANDO
NON ESISTONO REAZIONI, LORO SGUAZZANO NELLE PORCATE PIU' ASSURDE.
QUESTO E' LOGICO, ECCO PERCHE' I
POLITICI SI ORGANIZZANO LE RIUNIONI FUORI DAL PALAZZO CON LE
MAGLIETTE O CON QUALCHE PUTTANA TRASVESTITA..........OVVIAMENTE PARLO
DI FERRARA.........O FUORI DAI PALAZZI DI GIUSTIZIA A CANTARE L'INNO
D'ITALIA.........QUESTA E' LA DEMOCRAZIA........BASTA VEDERE IL
GOVERNO ATTUALE.......VI SIETE ACCORTI DEGLI AVVERTIMENTI GIORNALIERI
DA PARTE DEL PDL???? BERLUSCONI SE VIENE CONDANNATO CADE IL
GOVERNO..........SE NON VIENE ELETTA LA SANTACHE' IL GOVERNO
CADE.........SE SI TOCCA ALFANO IL GOVERNO CADE.......L'IMU IL
GOVERNO CADE.......BERLUSCONI GOVERNA PIU' DI PRIMA E NESSUNO DICE
NULLA. AH SI DIMENTICAVO CI COMUNICANO CHE GRILLO E'
“POPULISTA”......
IL PD CONCEDE
TUTTO.........L'IMPORTANTE CHE L'ESECUTIVO DEL GOVERNO CONTINUI AD
ANDARE AVANTI.......POI CI SONO I RENZIANI I DALEMIANI I VELTRONIANI
I FALCHI GLI ORSI LE LIBELLULE LE ESCORT LE FORD CAPRI LE PUTTANE LA
PATRIA L'ONORE CREDERE COMBATTERE OBBEDIRE.......MADONNA SONO FIERO E
FELICE DI QUESTA FORZA CHE NASCE DAL SUOLO NATIO.........E DA QUI LE
CONSUETE MENATINE DI TUTTI I GIORNI......POI SPUNTA L'ORANGO, I
CLANDESTINI.......LE CASE PRIMA AI ROM..........IL PRESIDENTE DEL
SENATO CHE SI ALBERA PERCHE' NON CI SI PUO' TOGLIERE LA GIACCA IN
PARLAMENTO........EDDAI AMICI NON POSSIAMO CHE SIAMO UN POPOLO CHE
NON SI FA MANCARE NULLA.
POI LA TV........CI FANNO VEDERE I
CONVEGNI ORGANIZZATI DAI PARTITI.......IN PRIMA FILA GENERALI
COLONNELLI SINDACI MINISTRI SOTTOSEGRETARI.....IVA ZANICCHI CHE CANTA
“SILVIO SILVIO SILVIO”.........LA RUBY CHE CI LEGGE IL COMUNICATO
SCRITTO DA QUALCHE BUONPENSANTE.......OGGI INFINE LE CONDANNE A
TRONCHETTI PROVERA......GL IARRESTI DI LIGRESTI.........IL COMANDANTE
SCHETTINO..........EDDAI DOVE TROVI UN PAESE DA EIACULAZIONI MENTALI
QUOTIDIANE?????? POI CI SONO I COMUNISTI........I MIEI
COMPAGNI........
MAOISTI LENINISTI MARXISTI TROTSKISTI I
SEGUACI DI ENGELS O DI BAKUNIN I VENDOLIANI QUELLI DI RIZZO........I
COMUNISTI DI FERRERO E DILIBERTO..........QUELLO DEI
LAVORATORI..........DEI DISOCCUPATI........INGROIANI.....
TOTALE 200 PARTITI 1,8 %ALLE ELEZIONI
POLITICE, COSE DA SPARARSI SULLE PALLE.
COMPAGNI DAI CAMPI E DALLE
OFFICINE...........VI ASPETTO IL 20 GENNAIO 2014 A LIVORNO DOVE NASCE
IL PARTITO COMUNISTA..........SEMPLICEMENTE PARTITO
COMUNISTA...........NESSUNA CORRENTE..........SOLO ROSSO E FALCE E
MARTELLO SOLO BANDIERA ROSSA E L'INTERNAZIONALE.......UN PARTITO
ANTAGONISTA AL GRANDE CAPITALISMO INTERNAZIONALE...........UN PARTITO
AL FIANCO DEL POPOLO..............E SE QUALCUNO MI DICESSE CHE IL
COMUNISMO E' FINITO..........
BENE SONO QUI PER
RICOSTRUIRLO...............”PER ME I GIOCHETTI SONO FINITI”.
SONO NATO IN STRADA E SO CHE QUANDO SI
HANNO I SOLDINI IN TASCA LE CAZZATE DEL BENESSERE TI PORTANO SOLO IN
UN'UNICA VIA.........LA VIA DI QUELLO CHE OGGI E' IL NOSTRO PAESE: UN
LETAMAIO
MAX
domenica 14 luglio 2013
QUANDO LA ROBA NON SERVE SI BUTTA..........NON SI RICICLA!!!!!!
L'ambulatorio del medico neonazista con il busto di Hitler e i libri antisemiti
Gianantonio Valli, medico di base a Cuveglio, nel Varesotto, riceve i pazienti fra testi a articoli contro il 'flagello delle immigrazioni' e le 'lobby giudaiche'. E le riviste con i suoi articoli che negano l'Olocausto

Per i cuvegliesi, Valli, 64 anni, origini valtellinesi, è il camice bianco “di fiducia”- termine con il quale si indica il medico di medicina generale che, per conto della sanità pubblica garantita dallo Stato, presta il primo livello di assistenza sul territorio. Per i camerati nazionalsocialisti e antisemiti Valli è invece e prima di tutto una camicia nera, e molto di più: è un autore (e pensatore) di riferimento. Uno degli ideologi, come ama definirsi lui, più prolifici nell’ambito della polemistica antisemita. Titoli di alcuni volumi al suo attivo: Colori e immagini del nazionalsocialismo, Holocaustica
Quando non è alle prese con visite, diagnosi e ricette, Valli dedica il suo tempo alla diffusione delle sue idee razziste e revisioniste. Collabora, fra le altre, con l’associazione Thule Italia e Olodogma (una biblioteca di testi revisionisti sulla 'Menzogna di Auschwitz'), scrive saggi e partecipa a convegni. Nell’estate 2012 è protagonista di un’aspra polemica con Stefano Gatti (rappresentante del Centro di documentazione ebraica contemporanea), polemica nata in seguito all’intervento dello stesso Valli a una manifestazione (14 luglio) in largo Cairoli a Milano in solidarietà con il popolo siriano. «Un comizio neonazista», scrisse Gatti su romaebraica.it. «Sono stato in Siria con la delegazione del governo italiano», raccontò al microfono Valli snocciolando le sue tesi contro il mondialismo e il potere politico-finanziario giudaico.
A chi lo accusa di essere nazista, offre una risposta che richiede come minimo una poltrona: «Sono compiutamente fascista, ovvero nazionalsocialista. Mi riconosco nel solco del realismo pagano (visione del mondo elleno-romana, machiavellico-vichiana, nietzscheana e infine compiutamente fascista)... e sono in radicale opposizione a ogni allucinazione filosofico-religiosa giudaica e giudaicodiscesa...». Questo è il Valli studioso. Poi c’è il dottor Valli, il medico. Come tutti i medici di famiglia riceve cinque giorni la settimana. Milletrecento pazienti in carico. Due locali in via Vidoletti, nel centro di Cuveglio. Ma il luogo di lavoro di Valli non è anonimo. Riflette le idee del medico.
E’ tutto lì, in bella mostra, incorniciato in sala d’aspetto e in sala visite. Il programma del Fronte nazionale di Franco Freda (movimento politico sciolto nel 2000 per decreto del ministero dell’Interno i cui componenti furono arrestati e condannati per ricostituzione del partito fascista e incitamento all'odio e alla discriminazione razziale); una collezione di articoli contro le invasioni degli immigrati che mettono a rischio la «razza europea»; un poster del Pd di Ravenna con «quattro negri» - sempre parole di Valli - e la scritta “l’Italia siamo noi”; una medaglia d’argento per la commemorazione di un combattente repubblichino di Cuveglio.
In sala d’aspetto, una bella pila di riviste “d’area” nazionalsocialista sono “a disposizione” dei pazienti malati. Alcune: Thoule Italia, un’associazione revisionista che diffonde «idee scomode»; Olodogma, «biblioteca di testi revisionisti sulla 'Menzogna di Auschwitz'» dove trovano spazio pagine tipo “Auschwitz spa, industria dell’Olocausto dal 1945” corredata dalla foto di una nave rovesciata su un fianco e la scritta “affondata”.
E poi i busti: alcuni pazienti giurano che Valli ha sempre fatto bella mostra di quello di Mussolini, lui nega e dice che «ho solo quello di Hitler e adesso l’ho messo al piano sopra, in biblioteca». Che cosa tutto questo ci azzecchi con la medicina generale e con il Servizio sanitario nazionale è ancora da scoprire. Qualcuno si è lamentato per gli arredi dello studio del medico antisemita e per la sfacciata ostentazione delle sue idee razziste e xenofobe. Gennaro Gatto, Osservatorio democratico sulle Nuove destre di Varese, ha segnalato il caso.
Lui, Valli, non sembra preoccupato. «Non mi sono mai nascosto, ho le mie idee». Uno abituato a risultare “scomodo”. Prima ancora dello scambio di accuse con Stefano Gatti (Centro di documentazione ebraica contemporanea), le cronache locali lo avevano visto contrapporsi a Romeo Ciglia, ex sindaco di Cuveglio. Anche qui tutto era partito dall’esuberanza cameratesca di Valli. Forse aveva ragione Ippocrate: «E' UN DOVERE DEL MEDICO ANALIZZARE ATTENTAMENTE LE COSE SGRADEVOLI E AVERE A CHE FARE CON LE COSE RPUGNANTI».
Confermo una mia teoria......"quando la roba non serve si butta e non si ricicla"
Max
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