COSTITUZIONE
BATTE RENZI 59 A 41
CHI
DI REFERENDUM COLPISCE (TRIVELLE) DI REFERENDUM PERISCE
Nessuno
se l’aspettava così sonoro, ma alla fine l’autogol del
rottamatore della Costituzione è arrivato: dopo 70 anni, come al
Referendum del 2 giugno 1946, la Repubblica ha liquidato la Monarchia
strisciante del Berlusconi-replicante. L’assenza di quorum ha
dimostrato che così la gente è fortemente invitata ad andare a
votare, perché non vale il giochino dell’astensionismo,
ultimamente orchestrato da Renzi e dai suoi amici petrolieri, per far
fallire il Referendum sulle trivelle. Stavolta, se si voleva vincere,
bisognava votare e quasi il 70% del popolo italiano lo ha fatto (35
milioni di votanti oltre il 10% in più che alle elezioni europee del
2014, ferme a 29 sui 50,5 milioni di aventi diritto al voto). Da dove
viene questa onda gigantesca di No? Certo contano anche le
“appartenenze”, al Movimento 5 Stelle, ai Pd di Bersani e
D’Alema, alla Lega con Fratelli d’Italia e quello che resta di
Forza Italia, ma sarebbe miope intestare (solo o soprattutto) ai
partiti un simile voto: hanno contato moltissimo i documentatissimi
appelli dei costituzionalisti, come la docente padovana Lorenza
Carlassare, Salvatore Settis, Stefano Rodotà, Valerio Onida e
Gustavo Zagrebelsky, e la capacità analitica dell’avvocata
calabrese Anna Falcone, estromessa dai dibattiti televisivi perché
imbattibile dai pappagalli renziani. Come è stato fondamentale il
contributo del giurista abruzzese Enzo Di Salvatore (autore anche dei
sei quesiti dei Referendum No Trivelle) che ha evidenziato le
porcherie ambientali contenute nella parte di riforma relativa ai
rapporti Stato-Regioni (il Titolo V). Noi, con Tera e Aqua (che, in
forma cartacea o via mail arriva a 6mila persone) abbiamo fatto la
nostra parte, non con un acritico “vota No” contro il ducetto, ma
ospitando nel numero di ottobre la sintesi dell’analisi giuridica
di Di Salvatore (che abbiamo anche fatto venire a Venezia con la rete
dei Comitati del Veneto) e uno sguardo alle ragioni economiche della
finanza e delle multinazionali che spingevano il Sì di Renzi, curato
da Francuccio Gesualdi, allievo pisano di don Milani. E non va certo
dimenticato il coraggioso impegno dell’associazione dei partigiani,
l’ANPI, e della Fiom-Cgil di Maurizio Landini. La megalomania del
ducetto ha fatto il resto: trasformando il Referendum in RefeRenzum
sulla sua poco significativa persona, si è coperto di ridicolo. A
nulla sono valse le tardive retromarce, peraltro coperte dalle sue
quotidiane presenze in tutti i radio e telegiornali, da far invidia
al povero Ceausescu di rumena memoria. Come farà ora Crozza senza
tanta fonte di ispirazione? Ora però, dopo aver festeggiato lo
scampato pericolo, bisogna rimboccarci le maniche e continuare a
lavorare, con ancora più entusiasmo, per tagliare gli artigli a
banchieri, finanzieri, multinazionali, truffatori e sfruttatori
dell’umanità e di nostra madre terra. A presto
Max
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