lunedì 30 aprile 2012

.....LA LORO IDENTITA' ?????? FASCISTI!!!!!!


Freda in Campidoglio. Col patrocinio della Giunta Alemanno





















L'ideologo nazista e anima nera della strategia della tensione Franco Freda sarà accolto in Campidoglio il prossimo 4 maggio. In veste di editore, e con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura.

Di fascisti in Campidoglio ne girano ultimamente assai, tra consiglieri comunali e assessori. D’altronde in una città governata da un sindaco che porta al collo una croce celtica cosa ci si può aspettare? Ma evidentemente non bastano. Perché il prossimo 4 maggio l’ex terrorista nero Franco Freda, condannato a 15 anni di carcere per 21 attentati (insieme a Giovanni Ventura) e ritenuto dalla Corte di Cassazione responsabile dell’organizzazione della strage di Piazza Fontana, sarà il protagonista di un evento culturale in programma alla Sala del Carroccio. Fino ad ora giravano alcune voci sulla sua presenza alla presentazione di un libro di Friedrich Nietzsche edito dalla sua casa editrice, le Edizioni di Ar. Finora l’iniziativa era stata pubblicizzata esclusivamente sul profilo Facebook degli ‘amici della Libreria Ar’, e a leggere le informazioni sembrava trattarsi esclusivamente di un evento letterario. Di scarso profilo e affatto interessante, ma niente più. Tra interviste allo stesso Freda e pubblicità di libri appena stampati – l’ultimo dal significativo titolo di “Benito I imperatore” (!) – per il 4 maggio alla Sala del Carroccio, all’interno quindi del Campidoglio, si parlava della presentazione del volume di Friedrich Nietzsche, curato dalle Edizioni di Ar (col testo originale a fronte), “Also sprach Zarathustra - Queste le parole di Zarathustra” con la presenza del professor Francesco Ingravalle, dell’Università del Piemonte Orientale; di Marina Simeone, presidentessa dell’Associazione Culturale ‘Generoso Simeone; e di Anna K. Valerio, curatrice della collana ‘Alter ego’ di cui fa parte l’opera. Forse per attirare qualche presenza in più, il post chiariva che dopo l’amena presentazione i ‘soci’ dell’Adel Libreria Ar – e solo loro – avrebbero ricevuto il saluto dell’Editore presso il ristorante "Nido d'Abruzzo" in via Cernaia 41. Non prima di aver gustato una “matriciana”, un cacio e pepe, abbacchio, arrosticini di pecora,  dolce, caffè e ammazzacaffè.
Un evento goliardico dunque? Mica tanto.

Perché oltre a concedere la Sala del Carroccio ad una delle anime più nere degli anni del terrorismo neofascista e della strategia della tensione il novello intellettuale potrà sfoggiare anche il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Giunta Alemanno. E’ accettabile che l’amministrazione di una capitale di uno stato democratico conceda ospitalità e copertura ad un neonazista convinto, uno che sostiene la difesa “dell’omogeneità etnica italiana”? Delle sue simpatie nazionalsocialiste Freda non ha mai fatto mistero. La sua casa editrice, fondata a Padova nel 1963, oltre a vari libracci revisionisti e a testi del ventennio ha stampato ben cinque opere di Adolf Hitler, incluso il Mein Kampf.
Il colpaccio messo a segno da Freda con l’appuntamento in Campidoglio lascia presagire un suo ritorno sulla scena politica, più che editoriale. Dopo che il suo Fronte Nazionale è stato sciolto nel 2000 in base alla legge Mancino contro i gruppi xenofobi, evidentemente l’ideologo della strategia della tensione è pronto a scendere di nuovo in campo. Già nei mesi scorsi si era speso nella difesa di Casapound nei giorni in cui un collaboratore di Iannone, Gianluca Casseri, si era reso responsabile della strage di Firenze forse in cerca di riconoscimenti trasversali al mondo della litigiosa estrema destra neofascista.
Sarebbe quindi il caso che l’appuntamento del 4 maggio in Campidoglio saltasse. O in virtù di una immediata mobilitazione antifascista che chieda e ottenga dalla giunta Alemanno la cancellazione dell’iniziativa e le opportune dimissioni da parte dell’Assessore alla Cultura, Dino Gasperini. Oppure contribuendo a rendere meno noioso l'evento letterario previsto nella Sala del Carroccio che, d’altronde, prevede ‘l’ingresso libero’. Chi volesse quel giorno partecipare, assicurano alcune fonti, potrebbe avere l'onore di incrociare un altro esponente di spicco della 'cultura' di destra, Stefano delle Chiaie...

La "ripulizia" del gerarca ex ministro ora sindaco con la celtica appare sempre più incompleta, faticosa, fasulla. I suoi rapporti col mondo dell'eversione stragista e terrorista troppo consolidati per essere messi sotto il tappeto. I suoi "camerati di gioventù" - comprensibilmente - non sopportano più di essere tenuti nello sgabuzzino in fondo a destra e, ora che tanti "camerati" sono al potere, pretendono il loro spazio.
I fascisti di Alleanza Nazionale ex fascisti del Movimento Sociale Italiano confluiti nel PDL di Berlusconi.........sempre fascisti sono e fascisti rimarranno........di cosa dobbiamo stupirci????
di nulla credetemi......sono ancora quelli che vanno al 25 aprile a Predappio a salutare il Duce.........sono gli stessi che si chiamano ancora camerati... il saluto romano....il rimasuglio dei figli dei figli dei fascisti d'allora.............dunque per me........." RESISTENZA SEMPRE !!!! "


                        
                                                                                                                        Max




                                                                                                                         


                                                          

domenica 29 aprile 2012

..........IL SILENZIO DEGLI ITALIANI


La carica delle tasse locali, oltre mille euro a famiglia
Sindacati in trincea: "Così ci mangeranno del tutto la tredicesima di quest'anno". Alla vigilia delle elezioni, molti sindaci hanno già aumentato i tributi, altri lo faranno dopo.

La carica delle tasse comunali continua. A pochi giorni dalla tornata elettorale che coinvolgerà circa mille amministrazioni locali, la pressione fiscale è in primo piano: Imu, addizionali Irpef, tassa dei rifiuti, imposta di soggiorno, tasse di scopo, Rc auto e Irpef regionale. Secondo l'"Osservatorio" della Uil servizi politiche territoriali i sindaci che hanno già deciso il rincaro dell'Irpef sono 341, i grandi Comuni che hanno deliberato rincari dell'Imu (già assai pesante) sono 24, quelli che hanno varato la tassa di soggiorno 495, mentre 12 capoluoghi hanno aumentato la Tarsu. Il costo medio è alto: 157 per l'Irpef comunale, 371 per quella regionale, 113 euro per l'Imu prima casa, 223 per la spazzatura. Tassa di soggiorno anche sui camping. In media più di 1.000 euro se ne andranno in tasse locali. Ma non è finita: entro il 30 giugno, dopo le elezioni, i Comuni potranno ancora aumentare l'Irpef e avranno tempo fino al 30 settembre per ritoccare l'Imu. "Giù le tasse", hanno chiesto Cgil, Cisl e Uil. "Ci mangeranno la tredicesima del 2012", ha avvertito il segretario della Uil Angeletti. 






L'addizionale comunale. Costeranno 157 euro pro-capite: a Roma l'aliquota più alta d'Italia Le ha sbloccate il governo Berlusconi e da allora 341 Comuni ne hanno approfittato, tra questi 8 città capoluogo. I Municipi possono aumentare l'addizionale dallo 0,1 allo 0,8 per cento e molti sindaci lo hanno fatto senza indugi. Ad esempio, a Palermo è passata dallo 0,5 allo 0,8; a Chieti dallo 0,7 allo 0,8; a Brescia dallo 0,2 allo 0,55; a Viterbo dallo 0,4 allo 0,5 per cento. Ferrara ha deliberato 3 aliquote per fasce di reddito passando da una aliquota unica dello 0,5 ad aliquote comprese tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento. Roma, che ha l'aliquota più alta d'Italia, allo 0,9 per cento, ha confermato. Ma non è finita: la stragrande maggioranza dei Comuni potrà ancora agire, magari dopo le elezioni amministrative, perché c'è tempo fino al 30 giugno per deliberare l'aumento. Il costo medio pro capite sarà quest'anno di 157 euro. Il gettito 3,4 miliardi.
La tassa di scopo. Nessuno vuole l'Imu-bis, consumatori sul piede di guerra Per ora l'hanno applicata solo 20 Comuni, ma vista la fame di risorse che affligge i sindaci non è esclusa una escalation della tassa di scopo o Imu bis. Per metterla in campo bisogna impegnarsi a finanziare con il gettito un'opera pubblica, può durare fino a dieci anni e, se l'opera non viene realizzata, deve essere restituita al contribuente. Nata con il governo Prodi è stata confermata da Berlusconi e, da ultimo, da Monti che ha dovuto adeguare il meccanismo alla nuova Imu. Infatti la base imponibile dell'Imu-bis è la stessa dell'Imu: di fatto si tratta di una addizionale dello 0,5 per mille alla base imponibile dell'Imu, cioè la rendita catastale rivalutata. Il Codacons ha già messo le mani avanti e ha minacciato: se la tassa sarà applicata al di fuori dei suoi limiti sarà illegittima e scatteranno migliaia di ricorsi al Tar.
La tassa di soggiorno. Per i turisti fino a 35 euro al giorno, a Firenze e Venezia si paga il lusso Chi fosse già partito per il ponte, condizioni economiche permettendo, la troverà già operativa in molti centri. E' l'imposta di soggiorno: costa fino ad un massimo di 5 euro a notte. Solo in albergo? No. Anche il turismo low cost subirà la stangata. A Firenze, ad esempio, si paga 1 euro a notte anche per il campeggio, a Ragusa 1 euro per l'agriturismo, a Genova un euro per il B&B. I sindaci di città d'arte, di mare, montagna e collina si sono mossi con velocità: fino ad oggi l'hanno deliberata in 495. Introdotta dal governo Berlusconi e prevista dal federalismo municipale potrà dare un gettito che, secondo una stima approssimativa, è valutato in 1,2 miliardi. Per un soggiorno di una settimana in media si pagheranno 22 euro. Ma se si sceglie un albergo a cinque stelle a Venezia o a Firenze l'aggravio è di 35 euro a persona. Per una famiglia di quattro persone basta moltiplicare.
La Tarsu. Milano, Messina e Reggio Calabria, rifiuti e servizi più cari del 25-30% Le cartelle in molte città stanno arrivando in questi giorni: è maggio infatti il mese della Tarsu, la tassa sui rifiuti. Già 12 Comuni capoluogo hanno messo a segno o annunciato gli aumenti: a Messina il 30 per cento, a Reggio Calabria il 25 per cento, a Milano, dove il costo del servizio era fermo dal 2002, l'aumento sarà del 20 per cento. Rincari sono previsti anche a Torino, Siracusa, Bari e Latina. Si paga in base ai metri quadrati e dal prossimo anno arriverà un'altra sorpresa: la Tarsu cambierà nome in Tares, cioè tassa sui rifiuti e servizi. La parte rifiuti dovrà coprire il 100 per cento del costo del servizio (oggi è possibile anche posizionarsi più in basso), ma soprattutto si pagherà anche un forfait per illuminazione, anagrafe e così via: una sovrattassa che andrà dai 30 ai 40 centesimi al metro quadrato. Il costo non è irrilevante: 223 euro a famiglia per 7,2 miliardi.
L'imposta Rc auto. Colpiti gli automobilisti per finanziare le Province Anche le Province partecipano al balletto delle tasse. Nel carniere vantano l'imposta sulla Rc auto: la base è del 12,5 per cento, ma le Province possono aumentarla (o diminuirla) del 3,5 per cento. Dal 2010, da quando è in vigore il decreto sul federalismo fiscale varato da Tremonti e Calderoli, su 90 province 68 hanno approfittato dell'occasione. Di queste 34 lo hanno fatto quest'anno. Da Napoli a Bari, da Potenza a Torino gli aumenti sono arrivati fino al tetto massimo. In controtendenza solo la provincia di Firenze che ha diminuito l'imposta sulla Rc auto dell'1 per cento. Non si tratta di minutaglie: costa in media 133 euro ad automobilista e dà un gettito di 1,8 miliardi, il 40,9 per cento delle entrate proprie delle Province. A rendere ancora più doloroso l'intervento la prevista franchigia di 40 euro sulla deducibilità della tassa sulla Rcauto che va al Servizio sanitario nazionale (10,50 per cento) che sarà introdotta per finanziarie la riforma degli ammortizzatori sociali.
L'addizionale regionale. A maggio verifica sulla sanità, si rischia lo 0,3% in più La batosta non è stata ancora digerita e non sono escluse sorprese per il futuro. Lo sblocco delle addizionali regionali va attribuito al governo Berlusconi, ma l'esecutivo Monti - per far fronte all'emergenza - ha aumentato l'aliquota di base dell'Irpef regionale dello 0,33 per cento portandola all'1,23 per tutte le Regioni. A conti fatti si tratta in media di un esborso complessivo di 371 euro, aumenti compresi. Il gettito delle addizionali regionali è complessivamente di 11 miliardi di cui 2,4 miliardi relativi al recente rincaro. Il costo dell'inasprimento è stato di 76 euro in media testa per 40 milioni di contribuenti. L'effetto si è sentito sulle buste paga di gennaio-marzo e la coda si troverà nella dichiarazione dei redditi. Ma non è finita: a maggio ci sarà la verifica sui disavanzi sanitari e c'è il rischio che in alcune Regioni scatti l'incremento dello 0,3 già in vigore in Campania, Molise e Calabria.
Tasse tasse tasse tasse.......un vero bypass per evitare il baratro.......questo è quello che ci racconta il governo dei tecnici.......una cosa è certa ed è quella che mi preoccupa: "IL SILENZIO DEGLI ITALIANI"


                                                                                                                          Max


venerdì 27 aprile 2012

GIOVANARDI....LA FALSITA' DI ESSERE UN VERO UOMO

Giovanardi: "L'Olocausto dei gay non è mai esistito"


Per molti, è l’ennesima provocazione. Per altri, una verità storica distorta per motivi politici. Sta di fatto che stanno creando un nuovo polverone le ultime dichiarazioni di Carlo Giovanardi:«L’Olocausto dei gay non c’è mai stato. C’è stata invece una persecuzione dei gay». Frasi che hanno mandato su tutte le furie le associazioni di omosessuali.
Intervistato da KlausCondicio, il senatore Pdl ha commentato le proteste delle associazioni tedesche nei confronti di Papa Benedetto XVI, accusato di non ricordare mai gli omosessuali
tra le vittime del nazismo. «Per essere chiari di Olocausto 
ce n'è stato uno solo, ed stato è quello del popolo ebreo.
Poi ci sono stati da parte del Nazismo tutta una serie di azioni che hanno riguardato gli handicappati, i malati mentali, gli zingari, le popolazioni dell’est e anche i gay», ha spiegato Giovanardi.
Secondo alcuni esperti interpellati da VanityFair.it, la tesi di Giovanardi non è storicamente infondata, ma è viziata da un retroterra politico che non riconosce dignità morale e civile a una parte delle vittime del nazismo. «Se per Olocausto intendiamo la distruzione sistematica
dell'esistenza di individui ritenuti estranei o avversi al regime nazista perché appartenenti a un determinato ceppo raziale, allora esso si può applicare solo agli ebrei», spiega Claudio Vercelli,
autore di tanti olocausti.
Per gli omosessuali, come per i testimoni di Geova o per gli handicappati, non venne mai progettata «la soluzione finale», ovvero il completo sterminio: «Gli omosessuali sono stati sottoposti a un regime persecutorio sistematico dal 1933 al 1945. Non erano perseguitati per ragioni razziali, visto che erano considerati ariani. Erano perseguitati perché ritenuti un'offesa alla razza. Perché il loro comportamento, nella follia nazista, comportava la perdita del "seme sacro" che doveva servire a procreare fanciulli di razza ariana». Che fine fecero? «Vennero perseguitati e rinchiusi nei campi di concentramento a Sachenhausen, Mauthausen e Buchenwald», spiega Alessandra Chiappano, della Fondazione Memoria della Deportazione e autrice dello studio Il triangolo rosa: nazismo e omosessualità. «All'interno dei campi vennero messi ai lavori forzati o sottoposti a "esperimenti" crudeli: vennero operati, castrati, riempiti di ormoni, nel tentativo di "curarli" e "reintegrarli" nella società ariana. Quelli che non ce la facevano più a lavorare venivano mandati nelle camere a gas».
Mandiamolo a casa Giovanardi..........un povero DEFICIENTE !!!!

                                                                                                                                                   Max

Yahoo! Notizie - Gli ultimi video a tema omosessualità







mercoledì 25 aprile 2012

25 APRILE.........GRAZIE !!!!!



                           25 APRILE 1945
                           25 APRILE 2012
                        
                                GRAZIE






                                                            MAX

martedì 24 aprile 2012

CALEARO............LA VERGOGNA DELLA POLITICA


Calearo, il deputato che ritira lo stipendio per il mutuo, non presenta le dimissioni
Classificato da Openparlamento al 589esimo posto su 630 deputati nell'indice di produttività, aveva difeso il suo assenteismo in Aula. Caduta nel vuoto la promessa di ritornare a tempo pieno a fare l'imprenditore
Niente dimissioni per Massimo Calearo, il deputato trasformista passato prima dal Pd all’Api, poi al gruppo Misto e finito nei Responsabili, oggi rinominato Popolo e Territorio. Lo ha rivelato l’Espresso che ha smascherato il bluff del passo indietro, prima annunciato e poi caduto nel nulla. A convincere il parlamentare è stato il capogruppo Silvano Moffa, che temeva lo scioglimento del movimento in cui è confluito l’ex esponente pd.

Classificato da Openparlamento al 589esimo posto su 630 deputati nell’indice di produttività, lo scorso 30 marzo, durante un’intervista a La Zanzara, Calearo aveva dichiarato apertamente il suo assenteismo dai lavori parlamentari. ”Dall’inizio dell’anno – aveva spiegato – alla Camera sono andato solo tre volte, anche per motivi familiari. Rimango a casa a fare l’imprenditore, invece che andare a premere un pulsante. Non serve a niente. Anzi, credo che da questo momento fino alla fine della legislatura non ci andrò più”. E sullo stipendio percepito a Montecitorio aveva aggiunto che gli serviva “per pagare il mutuo”.

Parole che avevano suscitato molte polemiche e a cui il deputato aveva reagito annunciando le dimissioni: “La settimana prossima – aveva detto – vado a Roma dal mio capogruppo e poi me ne torno a casa a fare l’imprenditore”. Nei giorni successivi, però, aveva deciso di tornare a presenziare alle sedute alla Camera e del ritiro a vita privata non ha più parlato. Ma il capogruppo Silvano Moffa lo difende: “Calearo è una persona molto seria e sa da solo come comportarsi. Ci siamo sentiti per telefono e gli ho solo detto di riflettere, invitandolo a continuare a svolgere la sua funzione di parlamentare”. Moffa spiega che la sua levata di scudi è “tutt’altro che disinteressata, visto che con la defezione dell’imprenditore il gruppo di Popolo e Territorio sarebbe sceso a quota 22 deputati, a rischio scioglimento”....
questo e' il frutto della politica italiana......personaggi che entrano in politica senza consenso del popolo sovrano.....personaggi nominati dalle segreteria di partito che hanno prodotto solo il disinteresse per la politica.
Certamente il Presidente della Repubblica non ha avuto il coraggio di esprimersi in merito......qualche giustificazione la troverebbe comunque ma sinceramente fare il Presidente di questa nazione mi sentirei veramente fuori posto.
Un paese veramente in declino

                                                                  Max

domenica 22 aprile 2012

VENEZIA.......LA NOSTRA PRIMA VITTORIA

Il Comune boccia definitivamente il tracciato TAV in gronda lagunare. Prima l'SFRM. Ecco la proposta di Venezia.



Il Comune di Venezia si prepara all’incontro con il commissario per l’Alta Velocità Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, in programma per lunedì 23 aprile, e presenta la sua proposta per realizzare un tracciato meno impattante, meno costoso e più funzionale di quello previsto nel progetto preliminare di Rfi (Rete ferroviaria italiana). Questo pomeriggio infatti, dopo un incontro in Villa Ceresa a Mestre, con gli amministratori degli altri Comuni coinvolti, gli assessori comunali alla Mobilità e Trasporti, Ugo Bergamo, all’Urbanistica, Ezio Micelli, all’Ambiente, Gianfranco Bettin hanno tenuto una conferenza stampa per presentare la proposta di tracciato approvato dal Consiglio comunale. 

La scelta di completare il corridoio verso il Friuli e l’est europeo della linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità – hanno spiegato gli assessori – ha posto la necessità di individuare una linea passante nel territorio comunale veneziano, in grado di servire Mestre, Venezia e l’aeroporto. Sull’ipotesi fatta da Rfi nel 2010, l’Amministrazione comunale ha evidenziato problemi di natura tecnica e ambientale, ribadendo le problematicità del “tracciato di gronda”. “Il tracciato alternativo che proponiamo – ha precisato Bergamo – è coerente con quanto previsto dal Piano d'assetto territoriale (Pat), e prevede l’utilizzo di linee ferroviarie già esistenti che si affiancano alla tangenziale, adattandole, ove necessario, per ottenere una maggior capacità e velocità della linea e realizzando la bretella di collegamento in superficie tra la linea Mestre-Trieste e l’aeroporto Marco Polo, in modo che sia percorribile anche da treni veloci”.

Secondo questa ipotesi sarebbero disponibili tre fermate: Stazione di Mestre, Stazione Santa Lucia di Venezia e aeroporto Marco Polo. Raggiunto il nodo Mestre/Venezia, i treni dell’Alta velocità provenienti da Roma e Milano potrebbero proseguire sulla linea per Trieste, per poi raggiungere l’aeroporto lungo la nuova bretella. “Ma l’aspetto più importante – ha specificato Bettin – è che non ci sarà spreco di territorio né di risorse perché, qualunque siano poi le scelte future, una volta realizzato, questo tracciato sarà funzionale all’esercizio del Sistema ferroviario metropolitano regionale, il Sfmr. Si tratta infatti di realizzare un sistema efficiente, al centro dell’area metropolitana, che avrà il massimo rendimento e il minor impatto ambientale”.

Nel tracciato elaborato dal Comune infatti acquista un ruolo centrale la Stazione ferroviaria di Mestre, viene evitato l’impatto sulla gronda lagunare ed eliminato il tunnel di 9 chilometri previsto invece da Rfi, che aumenterebbe i costi dell’opera e farebbe diminuire la velocità dei treni, poiché all’interno della galleria la velocità massima che si può raggiungere è di 140 chilometri all’ora. “Il nostro obiettivo è quello di lavorare sulla riqualificazione – ha concluso Micelli – e in un’ottica di interconnessione funzionale dei punti nevralgici della città. Questo tracciato è una proposta credibile e sostenibile alla domanda di collegamenti integrati per la nostra città, e sarà un valore e una grande opportunità per la crescita del territorio senza che però ci sia consumo e spreco di suolo”.

Questa è una nostra rivincita contro le istituzioni, per diventare grandi come città non serve cementificare il suolo.....il territorio deve vivere......adesso la nostra seconda lotta sarà contro la Romea.......l'alta velocità non ci interessa.....siamo per la velocita' dell'ambiente .


                                                                                                                     Max

venerdì 20 aprile 2012

....LE COSE CHE NON SI DOVREBBERO VEDERE



                                   
Durante una manifestazione di solidarietà con i palestinesi, un giovane attivista danese viene colpito al volto, con un fucile d’assalto, da un ufficiale israeliano. Il fatto è avvenuto nella Valle del Giordano il 14 aprile scorso, zona strategica per la ricchezza d’acqua, risorsa rara in Medioriente. Ora il soldato è stato sospeso per direttissima dall’esercito. Il premier Benyamin Netanyahu ha condannato l’episodio ribadendo che “un comportamento del genere non rappresenta i soldati e gli ufficiali israeliani ed è inaccettabile in Tzahal e nello Stato di Israele”. A vent’anni dall’inizio del processo di pace metà della valle è ancora militarizzata e i palestinesi vivono in villaggi fatte di tende, sotto la minaccia degli insediamenti e dell’esercito israeliano. Davanti all’ingresso di diversi villaggi l’esercito di Tel Aviv ha posizionato una serie di cartelli che indica quelle zone come campi d’addestramento.
Dobbiamo capire una cosa per sempre, finché non si sistema la questione israeliana non si potrà mai parlare di pace e finché la pace non sarà garantita sarà sempre così......inutile dividere il mondo in due fazioni di sostenitori ognuno ha la sua responsabilità ma non si può più accettare di vedere queste cose.
Io sono per la pace e la pace va garantita a tutti............STOP !!!

                                                                                                         Max

giovedì 19 aprile 2012

MORIRE PER IL LAVORO................NO!!!!





«È sempre stata onesta, non ha mai cercato compromessi, si è sempre messa in discussione, troppo, e ci ha dato sempre il massimo...o forse no, perchè, ne sono certa, se non l'avessimo uccisa, tutti, ci avrebbe dato di più». È quanto scrive in una lettera al direttore del Quotidiano della Calabria la madre di Lucia, una ragazza di 28 anni, laureata in ingegneria gestionale, che si è tolta la vita il 4 aprile scorso lanciandosi dal balcone della sua abitazione a Cosenza. «Non si può banalizzare - aggiunge - e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione... Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato. Laureata in ingegneria gestionale, in condizioni molto difficili, con il massimo dei voti, 110/110, si è trovata a doversi accontentare di un lavoro che non era il suo, poco retribuito, si è trovata a doversi prendere cura della sua piccolina di appena due anni, affrontando tutte le difficoltà che già conosciamo noi donne...e noi donne del sud. Aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia». La madre della ragazza suicida afferma poi che «lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua Calabria, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. È una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo...E voi, mamme, non consentite che questo mostruoso Leviatano divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto». Per il Presidente del corso di studi in ingegneria gestionale dell'Università della Calabria, Luigi Filice, il suicidio di Lucia è una «grande sconfitta per quella società che la mia università deve far progredire». «Assorbito il colpo, ripreso il respiro, resta l'immenso senso di impotenza - aggiunge - ma anche la rabbia e la volontà di impegnarsi ancor di più nello svolgere un lavoro che ci concede, ogni giorno, l'immeritato privilegio di vivere spalla a spalla con le generazioni future».

PESCATORE TENTA IL SUICIDIO È salito sulla sua barca, ha preso una corda, l'ha annodata attorno all'arco e ha tentato di farla finita, ma la piccola tettoia che copre la poppa ha lasciato intravedere ad altri pescatori quello che stava accadendo, così i colleghi sono intervenuti e l'hanno salvato. È accaduto a Porto Garibaldi, sui lidi di Comacchio (Ferrara). Il pescatore - riferisce la 'Nuova Ferrarà - proprietario di un piccolo peschereccio, da mesi non riusciva più a guadagnare il necessario per mantenere la famiglia, pagare il carburante e le bollette, e si è ritrovato sommerso dai debiti. I colleghi, oltre a salvarlo, sono intervenuti anche economicamente, riuscendo a mettere assieme diecimila euro per permettergli di pagare i debiti più urgenti.

UNA VITTIMA AL GIORNO 
Quello dei suicidi al tempo della crisi è un tema entrato ormai di prepotenza nelle cronache quotidiane nel nostro Paese. Ormai da tempo. Infatti, chiarisce il Secondo Rapporto dell'Eures, soltanto nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, superando ulteriormente i 357 casi registrati nel 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), a riprova della correlazione tra rischio suicidario e integrazione nel tessuto sociale. Tra i disoccupati, informa lo studio, la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente). La crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l'aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell'identità e del ruolo sociale degli uomini, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall'impossibilità di provvedere e partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali della famiglia

NE 2010 UNA VITTIMA AL GIORNO TRA GLI IMPRENDITORI 
La gelata economica ha i suoi effetti negativi non solo sul lavoro subordinato e sui 'senza lavorò ma anche anche nella sfera del lavoro autonomo, inducendo al suicidio anche molti artigiani, commercianti o comunque imprenditori 'autonomì: secondo l'Eures nel 2010 questi sarebbero stati ben 336, contro i 343 del 2009. Lo studio definisce infatti «molto alto il rischio suicidario» in questa componente della forza lavoro direttamente esposta all'impatto della crisi. In dettaglio, nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino «indici di mascolinità superiori a quello già elevato rilevato in termini generali». Secondo lo studio però i rischi di suicidio nei momenti di difficoltà economica sarebbero più alti tra disoccupati e imprenditori, meno invece tra i dipendenti. Infatti, considerando l'indice di rischio specifico (suicidi per 100 mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice più alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10 suicidi ogni 100 mila imprenditori e liberi professionisti), colpiti dalle fluttuazioni del mercato e, come noto, dai ritardi nei pagamenti per i beni e servizi venduti (in primo luogo da parte della Pubblica Amministrazione) e dalla conseguente difficoltà di accesso al credito. Seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i «più tutelati» lavoratori dipendenti (4,5). Soltanto di poco più alto, infine, l'indice di rischio suicidario degli inattivi (pensionati, casalinghe, studenti, eccetera). Lo spettro della povertà è anche alla base di numerosi atti estremi da parte di separati e divorziati, ambito che sarebbe a rischio suicidio 15 volte oltre la media soprattutto tra gli uomini. Non a caso, rileva l'Eures, nel 2010 si sono contati 33,8 suicidi ogni 100 mila abitanti separati o divorziati (66,7 tra gli uomini a fronte di 11,8 tra le donne). Assai distanziati i casi di suicidio che hanno riguardato i vedovi (8,6 casi ogni 100 mila abitanti, che sale a 35,5 tra gli uomini a fronte di 3,6 tra le donne) e, con ampio scarto, dai coniugati (4,2) e da celibi e nubili.

Morire così proprio non ci sto......la vita va vissuta lottare per un lavoro lo stesso, qualcuno dovrà raccontarci qualcosa di sobrio.


                                                                                                               Max 

mercoledì 18 aprile 2012

.........FORMIGONI HAI FALLITO


Arrestati gli amici di Formigoni



Arrestati gli amici di Formigoni

Dopo l'inchiesta de l'Espresso esplode il nuovo scandalo della Sanità lombarda. Ordini di cattura per Antonio Simone e Piero Daccò, amici ciellini del governatore Formigoni. Che hanno intascato mediazioni colossali anche dalla Fondazione Maugeri. Raccogliendo oltre 50 milioni di euro

Tra gli amici più stretti di Roberto Formigoni c'è un club di fedelissimi che vale un tesoro. Fanno parte della cerchia ristretta dei big di Comunione e liberazione. Sono diventati milionari partendo dal basso. Hanno svariate proprietà e imprese in Italia, ma gestiscono gran parte dei soldi tramite società anonime e conti esteri. E sono molto bravi a fare affari soprattutto nel settore più assistito dai finanziamenti pubblici gestiti dalla Regione Lombardia: la sanità privata.
Nel circolo dei ricchi amici del governatore Formigoni, i più chiacchierati oggi sono Piero Daccò e Antonio Simone. Entrambi sono stati raggiunti dagli ordini di cattura della magistratura, che contesta un'associazione per delinquere a sei zeri.
Il primo è già in carcere dal 15 novembre per lo scandalo dei fondi neri del San Raffaele, l'ospedale privato travolto da una bancarotta da oltre un miliardo di euro. Daccò è imputato di essersi impadronito di circa 8 milioni e di averne fatti sprecare altri 35 alla fondazione religiosa che ha controllato quell'impero sanitario fino alla scomparsa del suo dominus don Luigi Verzè, morto alla fine del 2011.
Simone invece è inciampato nell'indagine scivolando su un bonifico di 510 mila euro: soldi che Daccò gli aveva girato su un conto di Praga, attraverso un fiduciario svizzero che nel frattempo ha vuotato il sacco. Entrambi si proclamano innocenti. Ma ora la procura, dopo avere chiuso il capitolo iniziale dell'inchiesta sul San Raffaele apre un nuovo clamoroso filone, sui fondi neri utilizzati dalla Fondazione Maugeri, un ente ospedaliero con decine di cliniche in tutta Italia, ordinando l'arresto dei due. Nel numero in edicola "l'Espresso" ha ricostruito la storia economica dei due uomini d'oro cresciuti all'ombra della politica. E i legami con altri personaggi del sistema di potere ciellino, come loro vicinissimi al presidente Formigoni. Il dato fondamentale, il più vistoso, è che Daccò e Simone fanno affari d'oro, insieme, da più di dieci anni.
Nel ventennio di Formigoni si sono divisi più di 30 milioni di euro, ma la cifra totale, compresi gli investimenti tuttora in corso, potrebbe superare (e di molto) quota 50 milioni. Nel grande giro lombardo i due ciellini millantavano consulenze e mediazioni con almeno tre grandi gruppi della sanità privata, tutti accreditati (e quindi rimborsati con fondi pubblici) dalla Regione Lombardia: San Raffaele, Fondazione Maugeri e Ordine dei Fatebenefratelli.
Quando si arrivava a un contratto, questo era intestato al solo Daccò, che poi girava circa un quarto della somma a Simone, ma con una fattura separata, segno di un lavoro autonomo. La Guardia di Finanza ha trovato le prime tracce dei due tesoretti analizzando i conti esteri che secondo l'accusa sono serviti a far sparire i fondi neri del San Raffaele. Questo pasticcio finanziario ora sta togliendo il sonno a un personaggio del calibro di Antonio Simone. Che non è un ciellino qualsiasi: è uno dei cervelli che hanno creato il Movimento Popolare, lo storico braccio politico di Cl. Una vita da eminenza grigia, la sua. Fino agli anni Ottanta, Simone fa carriera nella Dc al fianco di Formigoni: a Milano dividono lo stesso ufficio, nella sede originaria del Movimento. Roberto è il più visibile, ma il popolo ciellino premia con decine di migliaia di voti soprattutto Antonio, che conquista così gli assessorati fondamentali delle ultime giunte lombarde di pentapartito, dalla sanità all'urbanistica. Nel '92 scoppia Mani Pulite. E Simone si ritrova inquisito. Alla fine ne uscirà senza alcuna condanna, con due assoluzioni e una prescrizione. Ma intanto è bruciato. Nel '95 è Formigoni, rimasto fuori da Tangentopoli, a candidarsi e vincere la prima delle quattro elezioni che da allora gli assicurano la poltrona di numero uno della Lombardia. Simone invece abbandona la politica. E lascia pure l'Italia. Dove pochissimi sanno che continua a influenzare i grandi affari della sanità. Mentre infuria Tangentopoli, Simone si trasferisce a Praga, dove diventa un re del mattone in società con la famiglia di un editore italiano di fumetti. Comprano palazzi in decadenza, ristrutturano e rivendono con plusvalenze.
Dopo l'elezione di Formigoni, l'amico di entrambi Piero Daccò è il primo a inserirsi nel sistema della sanità lombarda: riesce a strappare qualche consulenza all'Ordine dei Fatebenefratelli, l'ente religioso proprietario di strutture sanitarie e di immobili dall'Italia al Sudamerica. Simone a sua volta diventa consulente e socio di Daccò anche in un'azienda italiana, chiamata Iuvans. Appoggiati dallo Ior, i due ciellini propongono grossi progetti ai frati: come nuovi ospedali in Cile e in Israele. A Milano, Simone e Daccò si presentano a nome del "Fatebene" all'asta, bandita da Mediobanca, per le cliniche messe in vendita da Antonino Ligresti, che però vengono cedute al gruppo Rotelli. Quindi il rapporto entra in crisi e Daccò e Simone non possono più trattare con i frati. Quasi contemporaneamente viene anche scoperta una beffa di cinque anni fa: dietro lo schermo anonimo di una fiduciaria, proprio i due ciellini erano riusciti a farsi cedere l'ospedale San Giuseppe, che poi avevano rivenduto a un gruppo emiliano.
Ma nel 2002, Daccò e Simone riescono a conquistare un nuovo cliente. E' la Fondazione Maugeri, un altro colosso privato che ha lo status di istituto scientifico ed è specializzato nella riabilitazione. I nomi dei due ciellini non compaiono nei contratti. Di fatto però è Daccò a fare lobby in Regione. S'impegna a tal punto che la nuova normativa che dal 2007 finanzia le fondazioni private con soldi pubblici viene ribattezzata perfino dai tecnici ciellini con il suo nome: "legge Daccò". Intanto la Maugeri paga consulenze milionarie a società estere. Alcune delle quali farebbero capo proprio a Daccò. Che a sua volta avrebbe girato circa un quarto dei ricavi ad altre imprese straniere. Controllate da un suo "consulente": guarda caso, il solito Simone. Attraverso le loro reti parallele di conti esteri, Daccò e Simone si sarebbero divisi anche altri compensi versati dalla Fondazione Maugeri, dopo che la giunta di Totò Cuffaro aveva accreditato nuove strutture di riabilitazione in Sicilia. Il capitolo finale dell'avventura economica dei due businessman ciellini è documentato dagli atti ormai depositati dai pm con la prima richiesta di giudizio immediato sul San Raffaele. «Almeno dal 2006 e fino al 2011», secondo l'accusa, Daccò si fa versare pacchi di soldi usciti in nero dalle casse della sempre più indebitata Fondazione di don Verzè: 957 mila euro se li fa portare «in contanti» nello studio del suo fiduciario di Lugano, Giancarlo Grenci; altri 7 milioni li incassa con bonifici giustificati da «fatture false», sempre secondo i pm, intestate a società-paravento con base da Madeira al Lussemburgo; ulteriori 35 milioni li ottiene vendendo al San Raffaele, «per un importo del tutto sproporzionato», un aereo Challenger 604, intestato alla Assion Limited, l'ennesima scatola straniera. Nel conto sono compresi anche i 2 milioni sborsati dal San Raffaele per acquistare un secondo velivolo Bombardier con una mediazione ritenuta «inutile» e «fasulla». E proprio qui spunta Simone, che riceve i suoi 510 mila euro a Praga. Un quarto del totale, come sempre. Tutto questo senza che i due consulenti-ombra siano mai comparsi tra i fornitori ufficiali dell'ospedale privato.
Tirando le somme, se ai fondi neri del San Raffaele si aggiungono i compensi pagati da altre fondazioni sanitarie private, il bilancio si fa pesante: Simone risulta aver intascato almeno 8 milioni di euro, Daccò circa il triplo. Il problema non è giudiziario: l'Ordine dei Fatebenefratelli e la Fondazione Maugeri sono istituzioni solidissime e benemerite, non sospettabili di alcuna irregolarità. Ma in una Regione che ogni anno spende oltre 17 miliardi di euro per la sanità, forse non guasterebbe qualche controllo sulle consulenze anonime. Invece nessuno ha avvisato i cittadini lombardi che due amici fraterni di Formigoni incassavano milioni attraverso società-paravento. A complicare il quadro è anche un'altra relazione pericolosa: Daccò e Simone sono amici da una vita di Alberto Perego, il tesoriere ciellino condannato in primo grado per falsa testimonianza per aver cercato di nascondere ai pm i propri conti esteri. E Perego è tanto legato a Formigoni da convivere con lui in una casa-comunità dei Memores Domini, l'aristocrazia di Cl. Ma in questa storia di soldi e sanità gli intrecci abbondano. Un altro esempio? Tra i soci di Daccò, in un centro estetico che segnò l'inizio della sua avventura negli anni Novanta, c'era anche Renato Botti, che nell'ultimo decennio ha occupato ruoli cruciali: prima direttore generale di tutta la sanità lombarda, poi direttore sanitario del San Raffaele. Botti non risulta indagato, mentre è inquisito fino al collo Pierino Zammarchi, il costruttore che ha confessato di aver restituito in nero, sistematicamente, «almeno il 3 per cento del fatturato» prima a don Verzè e poi a Mario Cal, il manager del San Raffaele che si è ucciso il 18 luglio 2011.
Secondo l'accusa, il destinatario finale di quasi tutto il nero pagato dai fornitori era proprio Daccò, indicato come «il faccendiere che teneva i rapporti con i politici». Ora Zammarchi sta trattando la vendita dell'immobile di Milano che aveva affittato alla psichiatria del San Raffaele. Tra gli aspiranti compratori spicca la Fondazione Maugeri. E chi fa da mediatore? Antonio Simone, naturalmente. A Formigoni personalmente, beninteso, non si può attribuire alcun reato. Dal ciellino Daccò si è limitato a farsi regalare vacanze in yacht in Costa Smeralda e viaggi in aereo ai Caraibi, ma fino a prova contraria non immaginava che il suo amico si arricchisse con fondi neri e fatture false. Ricostruendo questi affari segreti, però, ora è un po' più chiaro come funzionava davvero il modello di sanità nella Lombardia del governatore celeste: da una parte gli ospedali pubblici che faticano a sopravvivere ai tagli; dall'altra alcune strutture private, quelle sponsorizzate da Cl, che riescono invece a moltiplicare i rimborsi pubblici, fino al record di 450 milioni di euro all'anno concessi al San Raffaele; e in mezzo i consulenti di comprovata fede ciellina, che intascano percentuali milionarie su conti esteri a prova di fisco.
Formigoni.............anche tu hai fallito

                                                                                                  Max

domenica 15 aprile 2012

..........DUE DONNE AL CONFRONTO


ELEANOR MARX E ELSA FORNERO

Vediamo a confronto il sacrificio di due donne importanti per la storia e la vita dei lavoratori

Nel 1884 Eleanor Marx comincia a battersi pubblicamente a favore della questione femminile, organizza comizi per il diritto alla libertà di parola e viene malmenata dalla polizia, denuncia con i discorsi e con l’opuscolo «L’inferno della fabbrica» quello che accade a uomini, donne, bambini nel mondo del lavoro. Basta il titolo e si ha un’idea dell’impegno dell’autrice. Siamo a Londra, Eleanor è figlia di Karl Marx, ha solo 29 anni; suo padre è morto l’anno prima. La giovane si batte per i diritti di chi non ha diritti.


Non sta ferma un momento, eppure l’anno per lei è difficile anche dal punto di vista familiare; vive in grandi ristrettezze, scrive articoli politici, tiene conferenze, ma giunge al punto che deve accettare di scrivere per pochi scellini articoli poi firmati da altri. Fa, quel che si dice, il «negro». Nel primo anniversario della morte del padre non ha nemmeno i soldi per un decente mazzo di fiori da portare sulla sua tomba. Il suo compagno si ammala e il medico gli proibisce di lavorare: gli amici regalano loro il denaro per andare in vacanza, ma ci va lui solo perché non basta per due. Nello stesso tempo accoglie un nipotino in casa per farlo studiare.
Questa sua vita prosegue negli anni. Ai comizi è seguita con più entusiasmo di altri oratori, si mette perfino contro i sindacati perché sostiene la parità salariale tra uomo e donna. Contribuisce alla nascita della Federazione socialdemocratica, che si basa su princìpi marxisti, e viene eletta nel consiglio direttivo. Non fa vacanze e, quando ci va, lavora; fa traduzioni dal francese, segue (con Engels e altri) quella del «Capitale» in inglese; studia il norvegese per tradurre Ibsen. Studia anche yddish per parlare direttamente ai vecchi ebrei tradizionalisti fuggiti dall’Europa. Non perde tempo. Scrive: «Quando la rivoluzione verrà, e deve venire, sarà ad opera dei lavoratori che, senza distinzioni di sesso, di attività o di nazionalità, lotteranno fianco a fianco».
Nel 1887, Londra è teatro di numerose manifestazioni di disoccupati. Eleanor, che sostiene pure la necessità di un sindacato dei senza lavoro, descrive alla sorella Laura quello che vede: bambini che mangiano solo pane (se l’hanno), migliaia di persone letteralmente affamate disperse da centinaia di gendarmi a piedi e a cavallo. Il 13 novembre di quell’anno, è la «domenica di sangue». Ventimila disoccupati con le loro famiglie restano imbottigliati in centro: due morti, duecento feriti, trecento arrestati, poi condannati perfino a settimane e mesi di lavori forzati. Insieme con il suo compagno, Eleanor c’è: torna a casa pesta e con i vestiti laceri, capisce che la folla resiste se c’è chi la incoraggia, ma senza una vera leadership non può fare molta strada.
Ha 32 anni, è instancabile, scrive, organizza assemblee e congressi aiutando con le sue traduzioni i delegati dei lavoratori arrivati da ogni parte d’Europa, che parlano lingue diverse; i temi sono fondamentali e non solo per quegli anni: giornata lavorativa di otto ore, legislazione sul lavoro femminile e minorile, abolizione degli eserciti permanenti, e così via. Quando è necessario, Eleanor tiene anche due comizi al giorno e si presta ai più fastidiosi lavori d’ufficio. Ammonisce i lavoratori affinché nelle proteste non entrino le violenze. In quegli anni, fonderà anche la prima sezione femminile dell’Unione nazionale dei lavoratori del gas.
Era ricca, atletica, sostenuta da lobbies potenti Eleanor Marx da sacrificarsi tanto per i lavoratori? No, credeva nella persona umana, nella dignità, nello spirito dell’uomo. Una testimonianza del tempo la descrive così: «Bella, brillante e devota, con una gran forza di carattere… Viveva con il suo compagno in condizioni quanto mai difficili, ma ciò non abbatté il suo animo né fece vacillare la sua dedizione alla causa della classe operaia… Nel corso del nostro sciopero lavorò ininterrottamente giorno e notte. Fornì anche un appoggio efficiente al nostro sforzo di organizzare  i lavoratori non specializzati dell’East End di Londra…».
Una voce dal fondo: «E la ministra del lavoro e delle politiche sociali con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero?»
Ah, già…........dimenticavo sono cambiati i tempi

                                                                           Max