domenica 25 dicembre 2016

NATALE LAICO...................

Natale laico

Eccoci arrivati alla vigilia di Natale.
No, non darò gli auguri quest’anno.
Non do gli auguri perchè il Natale è solo un giorno infondo. Un giorno come tutti gli altri che non ha il potere di cambiare nulla.
Domani ci sveglieremo nelle nostre case, i camini fumanti, le calze rosse appese, i pacchetti regalo da scartare, la classica abbuffata, il caffè con qualche amico, l’uscita serale e d’improvviso il Natale sarà già svanito.
Archiviato.
Sepolto come la cenere di qualche carbone ardente.
Rimaniamo noi.
Con le nostre disillusioni, illusioni, desideri.
Rimaniamo noi con il nostro coraggio e la voglia di cambiare quello che ci fa soffrire.
Niente auguri.
Perchè l’umanità non cambia in un sol giorno.
Perchè in realtà i mussulmani non festeggiano il Natale e nemmeno gli ebrei.
E questo mio post vuol essere un messaggio di pace che ricomprende tutti ma tutti davvero.
Augurare buon natale significherebbe escludere dal novero degli auguri tutti coloro i quali non credono nel Natale.
Io auguro un mondo di serenità a tutti coloro che ne hanno bisogno.
Auguro un amore due volte più grande a tutti coloro che mi hanno amato anche solo per un istante, colro i quali sono stati con me, condividendo un pezzo del cammino insieme.
Faccio l’occhiolino agli angeli che da lassù, controllano l’andazzo.
Auguro gioia, amicizia, serenità a tutti gli amici nuovi e vecchi.
Quelli degli album di foto che sono intrappolati tra le pagine ingiallite dei ricordi.
Quelli che di tanto in tanto rispuntano in qualche rimpatriata organizzata all’ultimo.
Coloro che si comportano come se neppure fossi mai entrata nella loro vita.
E quelli che invece mi parlano come se fosse passato solo un giorno o un’ora dall’ultima volta.
Auguro di sbattere il muso contro la roccia della vita a tutte le persone superficiali, i qualunquisti, quelli che puntano il dito e giudicano senza conoscere, i viziati, coloro i quali vivono con grossi paraocchi, e tutte quelle persone che si pongono come se avanzassero sempre qualcosa.
Ed è un augurio credetemi.
Perchè sbattere il muso serve a crescere e persino a cambiare.
E il cambiamento a volte è un opera di bene.
Auguro rivoluzioni sanguinarie perchè qualsiasi rivoluzione lo è. Rivoluzioni con le palle. Di quelle che di botto ti svegli dal torpore in cui sei abituato a vivere e ti rendi conto di quanta merda c’è intorno.
Allora inizi a pretendere di meglio.
A cambiare le cose, non solo per te ma per la collettività.
Inizi ad accorgerti di ogni cosa e lottare per un futuro migliore. Come i nostri padri ci hanno insegnato.
Auguro un tilt mondiale a fb di almeno un mese.
Cosicchè tutti ricomincino ad utilizzare i cellulari ed incontrarsi nelle piazze per scambiare pensieri e opinioni.
Affinchè le idee condivise non vengano solo linkate, taggate, inoltrate ma anche espresse con valide motivazioni.
Auguro una legge sui pax.
Auguro a tutti gli omosessuali di veder riconosciuto il diritto alla felicità e alla famiglia, senza discriminazioni di sorta.
Auguro che qualche politico tolga le mani dallo squallore della corruzione e ritiri le truppe dal medio Oriente.
Auguro all’Italia un governo degno di tale nome.
Auguro all’Italia una legge sul conflitto d’interessi.
Auguro all’Italia un processo di sbigottizzazione e di laicizzazione.
Auguro al Vaticano di cedere il 25% del patrimonio Nazionale alla nazione che gentilmente lo cede per farne beneficienza…. a Natale si è tutti più buoni.. non è cosi?
Auguro a tutti di scrollarsi da dosso l’indifferenza e l’individualismo
Auguro a noi di baciarci a vicenda le cicatrici.
A te, nuovo amore acerbo che forse appassirà o forse no, auguro l’unica cosa che posso promettere: me stessa, la mia sincerità, il mio esserci concreto, mai superficiale.
Ed io lo so che noi non crediamo più al Natale, ma se siamo cosi malinconici è perchè un pò ci speriamo ancora, e allora costruiamolo insieme il nostro Natale.
Costruiamo il nostro non Natale pieno di cicatrici.
Di lacrime asciugate dal vento.
Di porte sbattute.
Di frasi di circostanza.
Costruiamo il nostro Natale su tutto questo letame.
E lecchiamoci le ferite che sono tante.
Abbracciamo il vento che ci scompiglia i capelli e ci rende liberi.
Godiamo di questo piccolo angolo di cielo che ci vede insieme, in questa fetta di vita.
Auguri a tutti, in qualsiasi angolo di mondo siate.
Che sia Natale o un giorno come tanti altri.
Che siate ricchi o poveri.
Che siate innamorati o sfiduciati.
Che siate sani o ammalati.
Bambini o adulti.
Vi auguro il risveglio della coscienze, vi auguro l’amore senza speranza seguito da quello vero e concreto, vi auguro le corse contro il vento, le notti di fuoco, una lettura interessante, una carezza al vostro gatto, la salute sconfinata, vi auguro morti rapide e indolori, vite intense e piene d’incontri, coscienze ferventi e intelligenze vive.
Vi auguro la verità.
La fratellanza con tutto il mondo.
La libertà pura e senza fine.
                                                                  Max

giovedì 22 dicembre 2016

CON I GRILLINI NON SI DEVE PARLARE......


                                                                             

Con i grillini non si parla, non si deve parlare, o perlomeno io non voglio parlarci: è inutile, improduttivo, danneggia l'autostima, è umiliante per le proprie esperienze di vita oltreché scolastiche. In cuor mio penso che tutte le personE civili dovrebbero fare altrettanto: rifiutare, ossia, di adeguarsi a un'asticella posizionata sempre più in basso.
Non parlo dei grillini itineranti, incidentali, quelli che mi fermano per strada e che mi dicono di aver votato Grillo e però lo confessano come per scusarsene, per motivare la loro personalissima eccezione, il loro bislacco percorso da elettori in libera uscita. E non parlo neppure dei grillini di complemento, quelli che per mero calcolo sono saliti sul carro a Cinque Stelle ma in realtà lo disprezzano: loro sono i peggiori di tutti, forse, ma almeno hanno un po' di testa, anche se galleggiano nella pozza della politica come fisiologici escrementi.
Forse, ecco, non parlo neppure dei tanti colleghi giornalisti che a confrontarsi col personale grillino ci sono quasi costretti, per esempio i moderatori di talkshow (pessimi od ottimi che siano) o i topolini da transatlantico che nelle insulse «dichiarazioni» pensano ancora di ravvisare delle notizie.
Non parlo di loro: io parlo proprio della maggioranza dei grillini «politici», questi ragazzetti o giovanotti dall'aria aria severa e ottusa, futile e inconsistente, goffa e imbarazzante, autentiche macchinette automatiche spara-cazzate che mescolano a random tutta una serie di «frasi fatte» per come le ha efficacemente definite Lucia Annunziata; gente che ignora i galatei anche minimi, che spara iperboli e ampollosità di bassa demagogia, che nell'emiciclo parlamentare fa gestacci e provoca, interrompe, urla, fa il pagliaccio con bavagli e striscioni, blocca i lavori, grida che «la mafia è nello Stato», gente che avalla dietrologie complottistiche da tara psichica e però assume - sempre, sempre - quell’aria da personcina superiore che adesso ti spiega lui. Io non ci parlo, perché non c'è da parlarci, non c'è da abbassarsi, ciascuno dovrebbe stabilire un livello sotto il quale non vuole scendere, e sotto il quale c'è solo da tirare lo scarico e ripetere a se stessi che bisogna volersi bene.
Pazienza se questo significa declinare certi inviti in tv e fottersene regolarmente di qualsiasi cosa dicano questi: tanto non sono neppure rappresentativi, sono solo emanazioni del multiforme capriccio dell'oligarchia che li ha scelti. Suvvia, vogliamo riparlare di come certa gente è stata selezionata ed «eletta»? Delle ridicole primarie ed elezioni via web? Di gente catapultata lì per caso in quanto passava davvero per caso? Che non aveva un mestiere, o svernava da bamboccione dando la colpa al sistema? Perché dovrei perdere tempo a confrontarmi con personaggi scelti da uno come Rocco Casalino, dico: Rocco Casalino, un lungo passato in psicoterapia e poi al Grande Fratello e poi nella scuderia di Lele Mora?
Si dice che i grillini ora avrebbero cambiato stile di comunicazione: ma significa solo che in tv vanno perlopiù Di Battista e Di Maio. I quali, in qualche mese o anno, avranno pure imparato qualcosa: ma parliamo sempre di forma, non di contenuti. C'è qualcuno - domanda - che bada seriamente ai «contenuti» dei Cinque Stelle? Al loro «programma»? Ogni volta che in tv vedo i miei amici moderatori - ce ne sono che stimo - a un certo punto, nel dare la parola a un grillino, assumono sempre una postura finto-disinvolta, finto-ordinaria, come se si trattasse solo di completare un banale giro di opinioni e dare spazio a una forza parlamentare come un'altra: ma è una farsa, perché sanno per primi che sarà il momento freak del dibattito, la deviazione che manderà tutto in vacca, al meglio la ricreazione, la pausa di alleggerimento, alla peggio una dannata perdita di tempo che costringerà gli altri a difendersi da attacchi sconclusionati e generici ma a nome beninteso dei «cittadini».
Quei «cittadini» di cui in realtà non sanno nulla perché conoscono solo se stessi: ma se lo fanno bastare, gli è sufficiente per legittimare ogni ignoranza, nonché la certezza che c'è un imbroglio ogni volta che non capiscono qualcosa. E capita spesso, che non capiscano qualcosa.
Straparlano di democrazia dal basso e di cazzate mai realizzate o fallite: lo streaming, una progressione elettorale che comunque non è stata quella preventivata, la stra-citata «partecipazione diretta dei cittadini alla cosa pubblica» che non funziona neppure per le primarie, una democrazia diretta e senza leader a cui non crede più nessuno, un Rousseau, un fantomatico «sistema digitale per la gestione del movimento» che è già finito prima di nascere. Mentre molte cose inesorabilmente «morte» se la vivono alla grande. Ma loro sono quelli di sempre, hanno dismesso ogni umiltà popolana, sprovvisti come sono del vecchio e sacro timore di avere tutto da imparare, manchevoli come sono di ogni reverenza verso ciò che non sanno, non capiscono, non hanno studiato. Ogni analfabetismo diventa parola, ogni giudizio diventa legittimità di giudizio, ogni apparenza una certezza, ogni capra qualunquista un cittadino innocente e vittima.

Mi ricordo i primi leghisti, a fine anni Ottanta: mi fecero la stessa impressione, da principio, ma ci volle poco ad accorgersi che esprimevano qualcosa che perlomeno c'era, e che c'è tutt'ora: e che - piacesse o no - non era solo protesta, anzi, era qualcosa che poi costrinse le forze politiche a parlare di federalismo oltreché di immigrazione, sicurezza, temi attualissimi al punto da essere quasi banali, oggi. Orsù, ora ditemi un tema su cui il grillismo ha costretto la politica a riscrivere davvero l'agenda: qualcosa che non sia l'antipolitica, lo scontento, la legittimazione dell'insofferenza, la rabbia sorda e vigliacca del web, la fretta di trovare un colpevole per spiegare questo mondo che cambia troppo in fretta e che ci lascia indietro: lascia indietro noi, loro e un Paese intero.
C'è da parlarne eccome: col sindaco e con lo statista, col mio benzinaio e col giardiniere, col collega stimato e con l'avversario rispettato: ma, per il resto, il mondo cambia troppo in fretta per discuterne addirittura con un grillino saccente, presupponente, ignorante e buttato lì per caso. Con i grillini non si parla, non si deve parlare, preferisco ricordare il mondo per migliore di quello che è.

                                                                                                        Max

sabato 17 dicembre 2016

COSTITUZIONE BATTE RENZI 59 A 41

COSTITUZIONE BATTE RENZI 59 A 41
CHI DI REFERENDUM COLPISCE (TRIVELLE) DI REFERENDUM PERISCE 
                                                     



Nessuno se l’aspettava così sonoro, ma alla fine l’autogol del rottamatore della Costituzione è arrivato: dopo 70 anni, come al Referendum del 2 giugno 1946, la Repubblica ha liquidato la Monarchia strisciante del Berlusconi-replicante. L’assenza di quorum ha dimostrato che così la gente è fortemente invitata ad andare a votare, perché non vale il giochino dell’astensionismo, ultimamente orchestrato da Renzi e dai suoi amici petrolieri, per far fallire il Referendum sulle trivelle. Stavolta, se si voleva vincere, bisognava votare e quasi il 70% del popolo italiano lo ha fatto (35 milioni di votanti oltre il 10% in più che alle elezioni europee del 2014, ferme a 29 sui 50,5 milioni di aventi diritto al voto). Da dove viene questa onda gigantesca di No? Certo contano anche le “appartenenze”, al Movimento 5 Stelle, ai Pd di Bersani e D’Alema, alla Lega con Fratelli d’Italia e quello che resta di Forza Italia, ma sarebbe miope intestare (solo o soprattutto) ai partiti un simile voto: hanno contato moltissimo i documentatissimi appelli dei costituzionalisti, come la docente padovana Lorenza Carlassare, Salvatore Settis, Stefano Rodotà, Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky, e la capacità analitica dell’avvocata calabrese Anna Falcone, estromessa dai dibattiti televisivi perché imbattibile dai pappagalli renziani. Come è stato fondamentale il contributo del giurista abruzzese Enzo Di Salvatore (autore anche dei sei quesiti dei Referendum No Trivelle) che ha evidenziato le porcherie ambientali contenute nella parte di riforma relativa ai rapporti Stato-Regioni (il Titolo V). Noi, con Tera e Aqua (che, in forma cartacea o via mail arriva a 6mila persone) abbiamo fatto la nostra parte, non con un acritico “vota No” contro il ducetto, ma ospitando nel numero di ottobre la sintesi dell’analisi giuridica di Di Salvatore (che abbiamo anche fatto venire a Venezia con la rete dei Comitati del Veneto) e uno sguardo alle ragioni economiche della finanza e delle multinazionali che spingevano il Sì di Renzi, curato da Francuccio Gesualdi, allievo pisano di don Milani. E non va certo dimenticato il coraggioso impegno dell’associazione dei partigiani, l’ANPI, e della Fiom-Cgil di Maurizio Landini. La megalomania del ducetto ha fatto il resto: trasformando il Referendum in RefeRenzum sulla sua poco significativa persona, si è coperto di ridicolo. A nulla sono valse le tardive retromarce, peraltro coperte dalle sue quotidiane presenze in tutti i radio e telegiornali, da far invidia al povero Ceausescu di rumena memoria. Come farà ora Crozza senza tanta fonte di ispirazione? Ora però, dopo aver festeggiato lo scampato pericolo, bisogna rimboccarci le maniche e continuare a lavorare, con ancora più entusiasmo, per tagliare gli artigli a banchieri, finanzieri, multinazionali, truffatori e sfruttatori dell’umanità e di nostra madre terra. A presto

                                                                               Max

domenica 11 dicembre 2016

REFERENDUM - RENZI - CHIESA- MATTARELLA

                                                           



Nel gennaio del 2012 Democrazia Atea lanciava l’allarme sul trattato istitutivo del MES  che l’allora Presidente del Consiglio Monti, con la complicità del Presidente della Repubblica Napolitano e di un Parlamento illegittimo, fece ratificare in pochissimo tempo.
Giusto per tornare alle castronerie referendarie e alle balle renziane circa la presunta lentezza provocata dal bicameralismo perfetto, il Senato approvò questo trattato liberticida il 12 luglio del 2012, la Camera dei Deputati lo approvò il 19 luglio del 2012 e Napolitano lo firmò il 23 luglio del 2012. 
Questi usurpatori impiegarono sette giorni per incastrarci in un meccanismo finanziario che nemmeno l’usuraio più perverso sarebbe stato in grado di ideare.
In poco meno di una settimana, questi traditori hanno approvato un trattato che rischia di mettere la nostra democrazia e i nostri diritti democratici nelle mani di un mostro finanziario europeo.
Con il referendum avevano perfino progettato di costituzionalizzare l’Unione Europea e con essa il MES.
Ora che hanno vinto i NO, cercheranno di far rientrare dalla finestra ciò che gli italiani hanno cacciato a pedate dalla porta.
Alcune agenzie hanno riferito che Padoan, il Ministro dell’economia del governo dei rottamatori della Costituzione, avrebbe avviato trattative riservate per chiedere un prestito al MES per salvare Banca Etruria e altre banche in difficoltà.
Le voci sono diventate talmente insistenti che Wolfgang Proissl, portavoce del MES, ha diramato una nota per smentirle.
Se Padoan dovesse effettivamente chiedere questo prestito, posto che non saremo più in grado di restituirlo, in virtù di quel maledetto trattato, non potremmo più prendere alcuna decisione a causa della nostra rinunciata sovranità.
Per compiere questa bestialità c’è bisogno anche di un Presidente del Consiglio convinto che sia giusto cedere sovranità all’Unione Europea senza passare attraverso il vaglio della compatibilità con i nostri principi costituzionali, e uno come Paolo Gentiloni risponde esattamente all’identikit del killer della democrazia costituzionale.
Questo è uno dei motivi per il quale è nella rosa dei candidati che Mattarella dovrà esaminare.
Inoltre si inserisce la Santa Sede che rompe il silenzio e riprende la sua consueta ingerenza negli affari interni del nostro Stato.
Attraverso Parolin, suo Segretario di Stato, Bergoglio ha mandato a dire che sta seguendo da vicino la crisi di governo nel nostro Stato.
Sempre attraverso Parolin, Bergoglio valuta che la bocciatura di Renzi è netta.
Dunque Bergoglio non vuole un Renzi bis, e lo fa sapere a Mattarella.
Aggiunge che, pur nella diversità di vedute, bisogna trovare unità.
Tradotto in simultanea significa che in Vaticano auspicano un nuovo governo con PD e Forza Italia.
Dettano anche un minimo di agenda politica per il nuovo governo: lavoro, giovani, integrazione.
Non manca la consueta attenzione alla famiglia intesa come nucleo chiuso, oggettivamente proteso verso i propri componenti, incapace dunque di solidarietà sociale: gli italiani è così che li vogliono.
Mattarella ha iniziato le consultazioni, e nella calendarizzazione degli incontri non c’è ovviamente il Papa Re, ma non è un problema, attraverso il suo Segretario, Bergoglio ha fatto sapere cosa vuole.
Vogliamo essere liberi da Chiesa e Stato

                                                                                                 Max

giovedì 1 dicembre 2016

LETTERA AGLI EX PCI.............




Lettera agli ex iscritti al Pci folgorati dal renzismo: da Berlinguer a Marchionne, si può? Dal sogno di un’Italia giusta alla restaurazione antidemocratica

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Caro ex iscritto al Pci, leggimi pure (anzi, me lo auguro) se sei tra coloro che oggi vedono nel Pd una pur lontana parentela con quel grande partito. Non siete tantissimi ma ci siete, alcuni vivacchiano sconsolati, altri propugnano il nuovo Ottocento che avanza. Mi rivolgo a te con lo spirito fraterno che avevamo un tempo e che ci aiutava a capire meglio le cose (la realtà effettuale, delle cose come cioè effettivamente sono) non per accettarle ma per cambiarle. Concretezza e realismo con l’utopia. Mi spiace molto vedere come questi 25 anni senza il Pci siano stati sufficienti per rottamarne la sua tradizione, la storia, la prassi, il modo di lavorare. Cinque lustri riempiti dal nulla e dai progressivi smottamenti dei due partiti maldestri eredi: quel Pds ancora smarrito e quei Ds già a rischio di scalate ostili (in Sardegna avvenne un’Opa maligna da manuale, come un Alien dentro il corpo).
Poi è arrivato il Pd, quel pacco di buoni sentimenti dove il conflitto capitale lavoro era sparito per far posto a Jovanotti e ad altre leggerezze da partito liquido. Per diventare successivamente ciò che è ora: un comitato elettorale al servizio di un capo che propugna politiche legate alla finanza e alla grande industria. Sarebbe stato indigeribile per te, un tempo. Oggi non più. Sei stanco, avevi voglia di vincere cambiando casacca? Oggi mi chiedo che cosa ti sia accaduto, quale trasformazione tu abbia subito, che devastazione culturale abbia dovuto vivere per essere diventato ciò che sei ora. Come se sovrapponessi le tue personali debolezze nella sconfitta di una storia e di un avvenire.
Non offenderti, dunque, ma ascoltandoti o leggendo quanto scrivi sui social – che pena scorrere le due righette di una donna banalissima, un tempo iscritta al Pci, che annunciando la sua conversione al Sì dice che “anche la Costituzione ha frenato il Paese” – penso che una trasformazione così radicale debba essere studiata. A questo punto sono costretto ad ammettere che il grande partito che fu e i suoi tardi epigoni avevano già smarrito una certa capacità di formazione e di selezione. La realtà di oggi è che sei finito dall’altra parte. Lo accetto, va bene. Ma non ti accontenti di indossare il cilicio e far finta di aver vissuto un dramma interiore. Come se il passato fosse l’Invasione d’Ungheria e tu sovrastato dal dramma dell’appartenenza. Macchè. Sei come quei preti spretati che si trasformano in feroci anticlericali e assomigli a quei cinici che dopo la militanza nei gruppetti estremistici, da un giorno all’altro abbandonarono gli slogan rivoluzionari per passare armi e bagagli alla corte di Bettino, poi a quella di Silvio per salire infine, pur attempati ma esperti, al soglio di Matteo. Ricordi quanto li abbiamo criticati, contestati, giurando che mai noi saremmo diventato così. Come così? Come voltagabbana. Ora predichi le stesse cose che diceva la destra o la Confindustria e allora, comincio a pormi più di un problema sulla tua onestà intellettuale.
Ricordo bene le parole che ci dicevamo, i libri che studiavamo, gli articoli di giornale che leggevamo per capire. In quelle sezioni di partito fumose e cariche di umori e passioni. Dove abbiamo incontrato operai e braccianti, insegnanti e impiegati, disoccupati e avvocati. Erano concreti e decisi, coraggiosi e sognatori. Che cosa ci raccontavamo, dunque, che oggi non ti piace più? Provo a dirlo. Ad esempio che il sindacato in quanto organizzazione collettiva era insostituibile e i diritti dei lavoratori la stella polare? Che la volontà di battersi per un mondo migliore, non fatto di sogni ma concretissimo, era l’imperativo politico? Aspetta, non ho finito… Ricordi anche il mito dell’onestà? Lo sbandieravamo e la notte attaccavamo quei manifesti orgogliosi “Il Pci ha le mani pulite. Chi può dire altrettanto?”. Oggi invece difendi Verdini, Alfano e il tuo partito ha eserciti di inquisiti.
E non avrai dimenticato della lotta strenua contro l’opportunismo (dal dizionario: sostantivo maschile che descrivela condotta di individui o gruppi che, avendo di mira soprattutto il proprio tornaconto, ritengono conveniente rinunciare ai propri principi e accettare compromessi più o meno onorevoli”). Mai opportunisti dicevamo, sempre noi stessi pur capaci di fare intese e stringere alleanze. Mica eravamo idioti. Ci consideravamo anche un’isola di persone per bene in un mare di malaffare. Forse esageravamo perché onesti, per fortuna, ce n’erano ovunque. Ma davanti agli scandali che scuotevamo la Repubblica eravamo l’unica certezza. Vivevamo la religione della diversità e, a dire il vero, diversi lo eravamo. Magari era un’illusione. Certamente puliti, onesti, combattivi, patrioti, rigorosi. Legati al dovere. Ricordo che un paio dei nostri sorpresi con le mani nella marmellata furono allontanati senza tanto clamore. Guardavamo agli altri con rispetto ma consci della nostra diversità. Ridevamo delle degenerazioni correntizie di Dc e Psi, oh quanto ridevamo. Ricordi, amico mio, che discutevamo a lungo per capire le differenze tra morotei e dorotei, nuove cronache e corrente del golfo. E dei socialisti cercavamo di capire la crescita craxiana, le debolezze dei lombardiani, l’arrivismo modernista dei martelliani? Ci avevano insegnato il metodo: mai schematizzare, mai generalizzare, mai confondere i conservatori con i reazionari etc. E a proposito di dovere non avrai scordato quanto abbiamo fatto contro i violenti, l’eversione, il terrorismo.
Su tutto si poteva scherzare ma non su due o tre cose.
La prima, la Resistenza. Era uno dei valori fondamentali, ad essa guardavamo con devozione e rispetto, immaginando che cosa avremmo fatto noi in quei frangenti. Sentendoci “nani issati sulle spalle dei giganti”. Potevamo noi paragonarci a Pajetta o a Eugenio Curiel? La nostra gratitudine era immensa e allo stesso tempo non abbiamo mai voluto una Resistenza prigioniera del paradigma del fallimento perché non aveva conquistato il socialismo. Ricordi che lo spiegavamo, anche con qualche ceffone pedagogico, a quei saccenti estremisti che ci dicevano che la Resistenza non aveva avuto lo sbocco rivoluzionario per colpa di Togliatti? Guardavamo l’elenco delle formazioni partigiane, gran parte delle quali garibaldine, i nomi dei gappisti, le loro gesta, i caduti. Ed eravamo grati, moltissimo, del loro coraggio e della loro scelta. Di questo ci onoravamo.
La seconda cosa che per noi rappresentava la carta d’identità e dalla quale traevamo legittimazione come partito era la Costituzione. L’ha firmata Terracini, uno di noi, dicevamo spavaldi e orgogliosi! E tra i costituenti ma in ogni dove a costruirla quella Costituzione c’erano stati Togliatti, Longo, Pajetta, Amendola, Negarville, Scoccimarro, Gullo, Renzo Laconi e Velio Spano e Nilde Jotti, Camilla Ravera, Teresa Noce. Quella Costituzione in nome della quale le masse povere e sfruttate lottavano e si battevano, colpiti per questo dalla mafia e dalla repressione, a Portella della ginestra, a Modena, Avola, Reggio Emilia. Ricordi quei manifesti nelle nostre sezioni con l’elenco dei segretari delle camere del lavoro uccisi dal piombo di Scelba?
 
Il terzo punto che per noi era intoccabile era la figura del segretario generale. Noi avevamo bandito il culto della personalità, guardavamo con fastidio i riti della nomenklatura sovietica. Tuttavia il segretario generale, era figura abbastanza sacrale perchè riconosciuta, rispettata. Ma non si trattava di un padre padrone. Togliatti ad esempio fu messo in minoranza in direzione, Berlinguer non  ebbe vita facile con i miglioristi sempre alle calcagna. Però c’era rispetto, passione, amicizia. Ci piaceva Enrico, perché era onesto, un comunista rigoroso e inflessibile. Che parlava al cuore e alle menti. Ci piaceva quell’uomo piccolo che aveva fatto risuonare la sua voce sarda nell’immensa sala del palazzo dei sindacati a Mosca, parlando di democrazia come valore universale. E quanto ci era piaciuto Berlinguer, in quella strenua lotta contro Craxi sulla scala mobile o al fianco degli operai della Fiat. A me personalmente era piaciuta la sua analisi sulla situazione italiana e la proposta del compromesso storico oltre la sua fermezza granitica contro il terrorismo.
Dicevamo: prima l’interesse generale, poi quello di partito. Dicevamo: i sindaci nostri devono essere diversi, diversissimi. Novelli, Valenzi, Zangheri, Petroselli e decine di altri meno noti, erano diversi. La sinistra voleva dire asili nido, trasporti, equità, scuola e sanità pubblici, trasparenza amministrativa. Tra un sindaco della Dc e uno del Pci c’era una differenza antropologica. A Roma ad esempio non potevi non vedere l’abisso tra Darida e Argan o Petroselli. E a Napoli tra il laurismo clientelare rispetto a Maurizio Valenzi.
Ora ti guardo amico mio. E vedo che ingoi tutto, anche il fiele. Ora sei nel Pd, un partito che vuole trasformarsi in Partito della Nazione. Dove Verdini e Alfano possono trovare cittadinanza come te, perché quella formula tutto raccoglie. Gramsci (ricordi?) aveva insegnato che i partiti sono la nomenclatura delle classi. E noi a quel semplice concetto di rappresentanza ci siamo ispirati. Partito con forti connotazioni, di classe ma non solo, che guardava all’interesse nazionale. E ora? A che cosa credi? Magari in qualche vostro circolo avete appeso un ritratto di Berlinguer, incuranti della vostra abissale alterità.
Amico mio che tristezza vedere in tv ministri di un governo il cui premier è pubblicamente lodato dalla Confindustria e dagli organismi finanziari per aver stracciato lo Statuto dei lavoratori e abolito l’articolo 18. Ricordi quante battaglie anche insieme a Cofferati? Tu magari eri li al Circo Massimo con due o tre milioni a dire che Berlusconi era cattivo. Ora invece stai zitto, anzi applaudi all’ondata di licenziamenti, al terribile jobs act, allo smantellamento della scuola e della sanità pubblica. Hai accettato che il tuo premier, figlio di una vischiosa stragione post dc – che dei La Pira nulla aveva ma nemmeno di Moro – frequenti solo industriali e finanzieri. Che attacchi così duramente la Cgil, irridendola e offendendo il sindacato. Arrivando a contestare persino l’Anpi, l’associazione dei partigiani e degli antifascisti con toni orrendi.
E sei arrivato sin qui, fin sulla soglia di un seggio, a guardare chi si batte per la Costituzione con un fastidio irridente. Tu vedi ora la Carta come un orpello del passato, un fastidio, un ostacolo. Ma a che? Alla modernizzazione, assicuri, ripetendo come un pappagallo le baggianate del “basta un Sì” . Alla “velocità” e a chissà a quali altre idiozie. Credi a tutto e non capisci ciò che c’è dietro la revisione costituzionale, non ti rendi conti di quanta prepotenza odiosa si riverserà all’Italia se dovesse passare.
Certo che vederti ora andare a braccetto con Lotti e Boschi, Guerini e Ciaone Carbone, applaudire Renzi e ridere alle sue barzellette, giustificare le sue bugie, non vergognarti delle sue volgarità e della sua arroganza, allora penso che davvero tante cose siano accadute e molte abbiano lasciato un segno. In pratica caro amico, o ex amico a questo punto, tu ti sei arreso. Non vedi orizzonti del cambiamento. Non accetti che qualcuno si batta per costruirlo. Per te tutto ciò in cui abbiamo creduto è vecchio, obsoleto e merita un sorrisino di circostanza. E guardi con ammirazione Renzi e le sue slides, Renzi e le sue gradassate, Renzi e il suo modello di partito conquistato con primarie che puzzavano assai. In pratica, hai tradito.
Comunque amico mio, non tutto è ancora perduto. Ma se passa il tuo livido e cinico crepuscolo politico, sarà certamente un’Italia peggiore. Sei tu il conservatore non io, stai riportando indietro l’Italia di un secolo, anche se 4.0 e con le slide.
La nostra storia nessuna la cancellerà
Fraterni saluti


                                                                                     Max

giovedì 24 novembre 2016

RENZI COME MUSSOLINI......

                                                                                  


Mentre i Padri Costituenti vietavano al Governo la possibilità di legiferare, oggi il Governo scrive la riforma Costituzionale e la impone alle Camere, quelle Camere che esercitano, come certificato dalla Corte di Cassazione, in grave alterazione dei principi di rappresentanza democratica, in quanto formate in forza di un premio di maggioranza dichiarato incostituzionale e composte da nominati che rispondono al partito.
Con l’eliminazione del Senato rimarrà una sola Camera che sarà, sotto il totale controllo, di chi vincerà le elezioni godendo del premio di maggioranza. Chi, di volta in volta, sarà al potere, avrà l’assoluto controllo delle Istituzioni potendo anche decidere, in ogni momento di tenerselo, cancellando la democrazia. Oppure di cedere il Paese all’UE in ossequio al disegno dichiarato di superare le sovranità nazionali.
Il Governo diverrà l’unico organo legislativo con un Parlamento che via via sarà un mero ratificatore delle scelte dell’esecutivo.
L’ultima volta che questo accadde, c’era Mussolini al potere. (Avv. Marco Mori – estratto dall’articolo completo sul sito dello studio legale dello stesso avvocato.)
http://www.studiolegalemarcomori.it/con-italicum-e.../
IMPORTANTE RICORDARE CHE NON VALE IL QUORUM, DUNQUE come osserva Perrone Francesco:
Noi che votiamo NO:
1) non dobbiamo cullarci sui sondaggi;
2) dobbiamo coinvolgere amici e parenti perché quelli del fronte del si, imbroglieranno di sicuro sulle schede dall'estero e se possibile anche su quelle italiane;
3) le lettere mandate fuori dai confini dal PD e quelle che si apprestano a mandare in Italia, sposteranno molteplici voti sfruttando l'ingenuità, delle persone (come già accade con le tv filo-governative). Quindi affinché il NO abbia speranza di farcela, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi, consapevoli che in un giorno solo si decide un capitolo importante che riguarda la nostra costituzione. Abbiamo solo un giorno per difenderla da queste riforme inique che la vogliono deturpare nelle fondamenta democratiche. Abbiamo solo il 4 dicembre per salvare il futuro dei nostri figli dai poteri sommersi dell'alta finanza che vuole, con la spudoratezza degli arroganti e dei potenti privarci dei nostri diritti, come eleggere i nostri rappresentanti. È per questo che dobbiamo puntare sulle nostre coscienze affinché il popolo rimanga sovrano e quindi responsabile delle proprie decisioni in Italia ed in Europa. Il nostro dovrà essere un voto partigiano che onori la memoria dei nostri nonni, che hanno dato la vita affinché oggi godessimo di una democrazia che questo governo senza scrupoli vuole rubarci. La nostra costituzione non ha niente che non va, semmai e' la nostra classe politica, che ci sta portando sul baratro economico a dover essere cambiata. 

                                                                                                                      Max





domenica 20 novembre 2016

LA VERITA' DELL'INPS


                                                                   



I dati diffusi dall'INPS e relativi al periodo gennaio-settembre dell'anno in corso fotografano, per l'ennesima volta, il drastico calo delle assunzioni a tempo indeterminato, l'aumento dei licenziamenti e dei voucher. La tendenza evidenziata è la preoccupante precarizzazione del lavoro. Questi risultati sono frutto di una politica dissennata che lascia volutamente ai margini del sistema produttivo lo Stato e favorisce a dismisura il settore privato. Una politica che si fonda sulle decontribuzioni ma non incide minimamente sulla necessità di fermare il declino industriale che il nostro paese sta inseguendo da tempo. Lo Stato viene considerato una entità che elargisce finanziamenti e benefici ai privati abdicando al ruolo costituzionale di garante del diritto a un lavoro sicuro e giustamente retribuito. I dati INPS dimostrano inequivocabilmente il fallimento delle “riforme” dei governi iperliberisti (e, proprio per questo, reazionari) che si sono succeduti nel nostro paese om questi ultimi anni, da Berlusconi a Renzi. Riforme che hanno favorito la crescita di un lavoro sempre più precario e incerto con un conseguente aumento della povertà.
Le decontribuzioni hanno portato solo a un aumento “fasullo” di occupazione, frutto di regali alle imprese e non di una politica industriale che consideri prioritari i bisogni di chi vive del proprio lavoro rispetto al profitto d'impresa. La cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che favorisce il licenziamento senza possibilità, di fatto, di reintegro e l'avvento del contratto “a tutele crescenti” hanno determinato lo stato di estrema precarietà oggi caratteristico del mondo del lavoro. Insistere nelle decontribuzioni, come ha annunciato in questi giorni Renzi per il sud del nostro paese, ha solo un significato propagandistico in vista del prossimo referendum costituzionale. Consente di spostare in avanti di qualche mese il problema occupazionale e di far credere che esista una imminente “crescita” per raccattare qualche voto.


Rapporti di lavoro a tempo indeterminato
ITALIA
Cessazioni
Nuove assunzioni (A)
Trasferimenti da contratti a termine (B)
Trasferimenti da apprendistato (C)
A+B+C
2014
1.202.815
990.376
265.056
51.952
1.307.384
2015
1.256.048
1.368.405
344.051
63.282
1.775.738
2016
1.165.879
925.825
225.608
61.901
1.213.334
2016-2015
-90.169
-442.580
-118.443
-1.381
-562.404
2016-2014
-36.936
-64.551
-39.448
9.949
-94.050
2016-2015 %
-7,18
-32,34
-34,43
-2,18
-31,67
2016-2014 %
-3,07
-6,52
-14,88
19,15
-7,19

VENETO
Cessazioni
Nuove assunzioni (A)
Trasferimenti da contratti a termine (B)
Trasferimenti da apprendistato (C)
A+B+C
2014
98.910
65.484
27.839
7.061
100.384
2015
105.150
98.778
34.960
9.065
142.803
2016
98.589
65.536
23.470
8.289
97.295
2016-2015
-6.561
-33.242
-11.490
-776
-45.508
2016-2014
-321
52
-4.369
1.228
-3.089
2016-2015 %
-6,24
-33,65
-32,87
-8,56
-31,87
2016-2014 %
-0,32
0,08
-15,69
17,39
-3,08

Assunzioni a tempo indeterminato (tipologia)
ITALIA
Full time
Part-time orizzontale
Part-time verticale
Part-time misto
2014
572.641
373.132
18.015
26.588
2015
810.350
501.918
21.114
35.023
2016
531.664
355.621
14.154
24.386
2016-2015
-278.686
-146.297
-6.960
-10.637
2016-2014
-40.977
-17.511
-3.861
-2.202
2016-2015 %
-34,39
-29,15
-32,96
-30,37
2016-2014 %
-7,16
-4,69
-21,43
-8,28

Licenziamenti
ITALIA
Causa oggettiva, licenziamento collettivo o altro
Giusta causa o motivo soggettivo
Esodo incentivato
Totale
2014
352.325
40.586
59.806
452.717
2015
334.069
41.783
55.042
430.894
2016
353.902
53.636
41.006
448.544
2016-2015
19.833
11.853
-14.036
17.650
2016-2014
1.577
13.050
-18.800
-4.173
2016-2015 %
5,94
28,37
-25,50
4,10
2016-2014 %
0,45
32,15
-31,43
-0,92

Voucher
 
Italia
Veneto
2014
48.064.395
6.764.073
2015
81.369.566
10.690.795
2016
109.553.754
13.876.670
2016-2015
28.184.188
3.185.875
2016-2014
61.489.359
7.112.597
2016-2015 %
34,64
29,80
2016-2014 %
127,93
105,15

In queste tabelle ci sono alcune cose che meritano di essere evidenziate. Innanzitutto le assunzioni a tempo indeterminato sono quelle con contratto “a tutele crescenti” che, con l'abolizione dell'articolo 18, non garantiscono affatto un posto di lavoro stabile nel tempo. Sono, infatti, posti di lavoro che possono essere cancellati in qualsiasi momento, senza possibilità di reintegro.

Il totale dei “nuovi” contratti a tempo indeterminato (compresi le nuove assunzioni e i trasferimenti da contratti a termi e da apprendistato) in tutto il territorio nazionale diminuisce del 31,67% rispetto al 2015 (anno nel quale c'era la “piena decontribuzione”) e, cosa più emblematica, del 7,19% rispetto al 2014. In Veneto il calo è comparabile rispetto al 2015 (31,87%) e comunque del 3,08% rispetto al 2014. Un altro dato da tenere in considerazione è che il calo maggiore si ha nelle assunzioni “full time” rispetto al part-time. Le cessazioni sono in lieve calo, comunque non tale da compensare la diminuzione delle assunzioni. La libertà di licenziare concessa alle imprese viene evidenziata dall'aumento delle cessazioni per “giusta causa o motivo soggettivo” che risulta essere del 28,37% rispetto al 2015 e del 32,15% rispetto al 2014.

Al di là delle promesse e degli annunci governativi improntati a un colpevole ottimismo, quella evidenziata nelle statistiche INPS è la drammatica realtà del nostro paese. Un paese sempre più precario, senza prospettive reali se non quelle di un progressivo impoverimento di chi vive (o vorrebbe vivere) del proprio lavoro. Uno Stato diretto da politicanti incompetenti o in malafede che stanno regalando risorse e beni collettivi alle imprese private. A quella vera e propria casta che è responsabile della situazione drammatica che stiamo vivendo.
Perchè tutte queste bugie? 

                                                                                                 Max